LA FIERA
Corrado Govoni
Non ricordi la turbinante fiera?
I pagliacci e la giostra coi lumini?
Tutto fu bello, musica e lustrini,
solo al ritorno nella buia sera.
Tu pedalavi vaporosa in avanti,
ed io a volo dietro il tuo cappello,
come in un delizioso carosello
mosso da Dio sol per noi amanti.
Sull’erba della darsena intrecciammo
le nostre impolverate biciclette
come in gelosa lotta due caprette.
Sul loro esempio, muti, ci avvinghiammo.
E quando entrammo a piedi dalla porta
tra gli sguardi dei pochi curiosi
composti e seri come vecchi sposi,
la città non mi parve più così morta.
I baci nella sera freddolina
riscaldato mi avevano d’amore,
dandomi dei sussulti dolci al cuore
come quei colpi, là, di carabina.
Ed io ti vedevo in un barbaglio,
per effetto dei tuoi baci brucianti,
sotto le stelle, strane e doloranti,
come le bianche pipe del bersaglio.
IN ME IL TUO RICORDO
Vittorio Sereni
In me il tuo ricordo è un fruscio
solo di velocipedi che vanno
quietamente là dove l'altezza
del meriggio discende
al più fiammante vespero
tra cancelli e case
e sospirosi declivi
di finestre riaperte sull'estate.
Solo, di me, distante
dura un lamento di treni,
d'anime che se ne vanno.
E là leggera te ne vai sul vento,
ti perdi nella sera.
QUASI UN MADRIGALE
Salvatore Quasimodo
Il girasole piega a occidente
e già precipita il giorno nel suo
occhio in rovina e l'aria dell'estate
s'addensa e già curva le foglie e il fumo
dei cantieri. S'allontana con scorrere
secco di nubi e stridere di fulmini
quest'ultimo gioco del cielo. Ancora,
e da anni, cara, ci ferma il mutarsi
degli alberi stretti dentro la cerchia
dei Navigli. Ma è sempre il nostro giorno
e sempre quel sole che se ne va
con il filo del suo raggio affettuoso.
Non ho più ricordi, non voglio ricordare;
la memoria risale dalla morte,
la vita è senza fine. Ogni giorno
è nostro. Uno si fermerà per sempre,
e tu con me, quando ci sembri tardi.
Qui sull'argine del canale, i piedi
in altalena, come di fanciulli,
guardiamo l'acqua, i primi rami dentro
il suo colore verde che s'oscura.
E l'uomo che in silenzio s'avvicina
non nasconde un coltello fra le mani,
ma un fiore di geranio.
LA FORNACE
Antonia Pozzi
Bambina, nelle sere di novembre
poi che sui monti c'era
la guerra
e la legna costava
assai - come il latte, come il pane -
e la nebbia pesava
gelida sulla terra,
la mamma mi portava
- per scaldarci -
alla fornace.
Riflessi di brace
tingevano l'androne nero:
rossa nel fondo
divampava
la cupola del forno.
Dall'alto un vecchio scagliava
fascine e fascine.
Giù i tegoli in cerchio
sembravano una ruota
immota
a cui fosse mozzo la fiamma.
Si arrossava
la creta al centro:
verde era ancora al margine
dove più lento
arrivava il calore.
Si sgranavano in uno stupore
d'incanto - le pupille bambine.
Il vecchio dall'alto scagliava
fascine e fascine -
Si ritornava
per l'androne nero
con un bruciore di vampa negli occhi.
Fuori, un'immensa fontana
nella nebbia lanciava
il suo getto bianco e faceva
rabbrividire -
La casa pareva
lontana,
la strada sembrava non finire
più. Era notte, era novembre,
sui monti c'era
la guerra -
COLLOQUIO SENTIMENTALE
Paul Verlaine
Nel vecchio parco gelido e deserto
sono appena passate due forme.
Hanno occhi morti, e labbra molli,
e le loro parole si odono a stento.
Nel vecchio parco gelido e deserto
due spettri hanno evocato il passato.
- Ricordi la nostra estasi d'allora?
- E perché vuoi che la ricordi?
- Batte ancora il tuo cuore solo a udire il mio nome?
Ancora vedi in sogno la mia anima? - No.
- Ah, i bei giorni d'indicibile felicità
quando univamo le nostre bocche! - Può darsi.
- Com'era azzurro il cielo, e grande la speranza!
- Vinta, fuggì la speranza, nel cielo nero.
Andavano così tra l'avena selvatica,
e le loro parole le udì solo la notte.
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DA TONY KOSPAN