Correo electrónico:

Contraseña:

Registrarse ahora!

¿Has olvidado tu contraseña?

UN SORRISO PER TUTTI
 
Novedades
  Únete ahora
  Panel de mensajes 
  Galería de imágenes 
 Archivos y documentos 
 Encuestas y Test 
  Lista de Participantes
  
 ◄ ISCRIZIONE AL GRUPPO 
 ___CHAT___ 
 INDICE BACHECHE 
 ◄ BENVENUTO/A 
 GENERALE 
 " TUTTI I MESSAGGI " 
 ۞۞۞۞۞۞۞۞۞۞۞۞۞ 
  
 ◄◄◄ CHAT 
 ◄ ACCADDE OGGI 
 ◄ OROSCOPO DEL GIORNO 
 ◄ MESSAGGIAMOCI 
 ◄ AIUTO PC 
 ◄ AMORE 
 ◄ AUGURI 
 ◄ CONSIGLI & CURIOSITA´ 
 ◄ ATTUALITA´ 
 ◄ ARTE DI RAIOLUAR 
 ◄ GRAFICA DI ROM* 
 ◄ IL LOTTO DI NANDO 
 ◄ INDIANI D´ AMERICA 
 ◄ RICORDI & FOTO DI GIANPI 
 ◄ UMORISMO 
 ◄ MUSICA ANNI 60 / 70 ♫♪♫ 
 ◄GRUPPI MINORI ANNI 60-70 
  
 ◄ POESIE ISCRITTI 
 ◄ POESIE CLELIA ( Lelina ) 
 ◄ Clelia ♦ RACCONTI ♦ 
 ◄ POESIE & ALTRO NADIA 
 ◄POESIE DI NIKI 
 ◄ POESIE PREDILETTA 
 ◄ POESIE QUATTROMORI 
 ◄ POESIE TONY KOSPAN 
 ◄ ROBYLORD ♥ 
  
 OMAGGIO A KAROL 
 ◄ RICORDANDO EL CID 
 ◄ LEZIONI DI POESIA 
 ◄ SEZIONE SVAGO 
 ◄MATERIALI DA USARE► 
 ◄ CUCINA ITALIANA 
 __________________________ 
 Home Home 
  
 
 
  Herramientas
 
General: BELLE STORIE...♥
Elegir otro panel de mensajes
Tema anterior  Tema siguiente
Respuesta  Mensaje 1 de 6 en el tema 
De: Lelina  (Mensaje original) Enviado: 21/04/2011 18:55
 

IL BAMBINO CHE SCRIVEVA SULLA SABBIA

bambino

 

Un bambino tutti i giorni si recava in spiaggia e scriveva sulla spiaggia: "Mamma ti amo!"; poi guardava il mare cancellare la scritta e correva via sorridendo.

Un vecchio triste passeggiava tutti i giorni su quel litorale, e lo vedeva giorno dopo giorno scrivere la stessa frase, e guardare felice il mare portargliela via. Fra sé e sé pensava: "Questi bambini, sono così stupidi ed effimeri."

Un giorno si decise ad avvicinare il bambino, non avrà avuto più di dieci anni, e gli chiese: "Ma che senso ha che tu scriva "Mamma ti amo!" sulla sabbia che poi il mare te la porta via. Diglielo tu che le vuoi bene."

Il bambino si alzò, e guardando l'ennesima scritta cancellata dall'acqua salata disse al vecchio: "Io non ce l'ho la mamma! Me l'ha portata via Dio, come fa il mare con le mie scritte. Eppure torno qui ogni giorni a ricordare alla mamma e a Dio che non si può cancellare l'amore di un figlio per la propria madre."

Il vecchio si inginocchiò, e con le lacrime agli occhi scrisse: "Nora. Ti amo!"; era il nome della moglie appena morta. Poi prese il bimbo per mano e assieme guardarono la scritta sparire.  



Primer  Anterior  2 a 6 de 6  Siguiente   Último  
Respuesta  Mensaje 2 de 6 en el tema 
De: Lelina Enviado: 21/04/2011 21:27

          I L  SORRISO

Un  sorriso  non  costa  nulla  e  produce  molto,
arricchisce  chi  lo  riceve 
senza  impoverire  chi  lo  dona.


Non  dura  che  un  istante
ma  nei  ricordi  piu'  profondi
puo'  durare  un'eternita'.


Nessuno  e'  cosi'  ricco  da  poterne  fare  a  meno
e  nessuno  e'  cosi'  povero  da  non  meritarlo.


Creatore  di  felicita'  in  casa  e  negli  affari
e'  il  segno  sensibile  dell'amicizia.


Un  sorriso  da'  riposo  alla  stanchezza
allo  scoraggiamento  rinnova  il  coraggio
nella  tristezza  e'  consolazione
ma  e'  un  bene  che  non  si  puo'  comprare,
ne'  prestare,  ne'  rubare,
perche'  ha  solo  valore  nel  momenti  in  cui  si  dona.


E  se  incontrerete  coloro
che  l'aspettato  sorriso  a  voi  non  dona...
siate  generosi  e  donategli  il  vostro
perche'  nessuno  ha  tanto  bisogno  di  un  sorriso
come  colui  che  ad  altri  non  sa  donarlo
.

 


Respuesta  Mensaje 3 de 6 en el tema 
De: Nando1 Enviado: 23/04/2011 05:16

Quando il Signore fece la donna…

…era il suo sesto giorno di lavoro, facendo straordinari.

Apparve un angelo e disse: "Perché impieghi tanto tempo nel fare questo?" ed il Signore rispose: "Hai visto il formulario delle specifiche che possiede?" "Deve essere completamente lavabile ma non di plastica, ha 200 parti mobili e tutte sostituibili, funziona a caffè e resti di pranzo, ha un grembo nel quale stanno due bambini allo stesso tempo, possiede un bacio che può curare qualsiasi cosa, da un ginocchio sbucciato ad un cuore rotto, ha sei paia di mani" L’Angelo era sorpreso da tutti i requisiti che la donna possedeva "Sei paia di mani! Non è possibile!" "Il problema non sono le mani, sono i tre paia d’occhi che le madri devono avere" rispose il Signore "Tutto questo nel modello standard?" chiese l’Angelo … Il Signore assentì con il capo "Sì, un paio di occhi servono affinché possa vedere attraverso una porta chiusa chiedendo ai figli cosa stanno facendo, nonostante lo sappia. Un altro paio sono nella parte posteriore della testa per vedere cose che ha bisogno di conoscere nonostante nessuno pensi che sia necessario. Il terzo paio sono nella parte anteriore della testa. Questi cercano i figli smarriti e dice loro che li capisce e li ama comunque senza bisogno di dire una parola. L’Angelo cercò di fermare il Signore "Questo è un carico di lavoro troppo grande per la donna!" "Ascolta il resto delle specifiche!", protestò il Signore "Si cura da sola quando è ammalata, può alimentare una famiglia con qualsiasi cosa e può far sì che un bambino di nove anni resti sotto la doccia" L’Angelo si avvicinò e toccò la donna "Però l’hai fatta tanto morbida, Signore" "Lei è morbida e dolce, disse il Signore, però allo stesso tempo l’ho fatta forte. Non hai alcuna idea di quanto possa essere resistente e di quanto possa sopportare" "Potrà pensare?" chiese l’Angelo Il Signore rispose: "non solo sarà capace di pensare ma anche di ragionare e di negoziare" L’Angelo notò qualcosa, si stirò e toccò la guancia della donna "Oh, sembra che questo modello abbia una perdita. Glielo ho detto che stava cercando di metterci troppe cose!" Questa non è una perdita, obiettò il Signore, questa è una lacrima!" "E a cosa servono le lacrime?" chiese l’Angelo Il Signore disse "Le lacrime sono la forma nella quale esprime la sua allegria, il suo dolore, il disincanto, la solarità, il suo orgoglio" L’Angelo era impressionato. "Sei un genio Signore. Hai davvero pensato a tutto, visto che le donne sono veramente meravigliose!" Ed aggiunse: "Le donne hanno una forza che meraviglia gli uomini. Crescono i figli, sopportano le difficoltà, portano carichi pesanti, tacciono quando vorrebbero gridare. Cantano quando vorrebbero piangere. Piangono quando sono felici e ridono quando sono nervose. Litigano per ciò in cui credono. Si sollevano contro le ingiustizie. Non accettano un NO come risposta quando credono che esista una soluzione migliore. Se sono in ristrettezze comprano le scarpe nuove per figli e non per se stesse. Accompagnano dal medico un amico spaventato. Amano incondizionatamente. Trionfano. Hanno il cuore rotto quando muore un amico. Soffrono quando perdono un membro della famiglia ma riescono ad essere forti quando non c’è più nulla da cui trarre energia. Sanno che un abbraccio ed un bacio possono aggiustare un cuore rotto. Le donne sono fatte di tutte le misure, le forme ed i colori. Amministrano, volano, camminano o ti mandano e-mail per dirti quanto ti amano. Le donne fanno più che trasmettere luce, portano allegria e speranza, compassione ed ideali. Le donne hanno infinite cose da dire e da dare.

Si, il cuore delle donne è meraviglioso".

Respuesta  Mensaje 4 de 6 en el tema 
De: Ver@ Enviado: 23/04/2011 07:14

La leggenda del Pettirosso

 

Pettirosso.jpg

Era in quel tempo, quando Nostro Signore creò il mondo, quando creò non soltanto il cielo e la terra, ma anche tutti gli animali e le piante, e in pari tempo distribuì i nomi. Esistono molte storie di quel tempo, e  se  si  sapessero tutte avremmo anche la spiegazione di tutte le cose del mondo che ora non si possono comprendere.

Fu allora che un giorno, mentre Nostro Signore stava a sedere in Paradiso a dipingere gli uccelli, venne a mancare il colore sulla tavolozza, così che il picchio sarebbe rimasto senza colore se Egli non avesse ri­pulito tutti i pennelli sulle sue penne.

E fu allora che l'asino acquistò le sue orecchie lunghe, perché non si ricordava il nome che aveva ricevuto. Lo dimen­ticò appena ebbe fatto alcuni passi sui prati del Paradiso e tornò  indietro tre volte a domandare come si chiamava, finché Nostro Signore s'impazientì un pochino e prendendolo per le orecchie disse: « Il tuo nome è asino, asino, asino ».

E nel dirlo gli allungò le orecchie perché gli venisse l'udito migliore e ricordasse quello che gli si diceva.

Fu nello stesso giorno che l'ape fu punita. Perché appena fu creata incominciò a raccogliere miele, e gli animali e gli uomini, che si accorsero del dolce profumo del miele, vennero ad assaggiarlo. Ma l'ape voleva conservare tutto per sé e con le sue punture velenose scacciava tutti quelli che si avvicina­vano all'alveare. Nostro Signore vide e chiamò a sé l'ape e la punì.

« Io ti ho dato la facoltà di raccogliere il miele che è ciò che la creazione ha di più dolce, » disse Nostro Signore « ma non per questo ti ho dato il diritto d'essere cattiva col tuo prossimo.

 E ora ricordati: ogni volta che pungerai qualcuno che vorrà assaggiare il tuo miele, tu morrai! »

Già, fu allora che il grillo divenne cieco e la formica perse le sue ali; accaddero tante cose straordinarie in quel giorno. 

Nostro Signore, grande e mite, era seduto tutto il giorno a creare e a formare, e verso sera gli venne in mente di creare un piccolo uccello grigio.

« Ricordati che il tuo nome è pettirosso! » disse Nostro Signore all'uccello quando fu pronto. Lo depose sulla palma della sua mano e lo fece volare.

Ma dopo che l'uccello ebbe fatto un piccolo volo ed ebbe ammirato la bella terra sulla quale doveva vivere, gli venne voglia di mirarsi. Allora vide che era tutto grigio, il petto come tutto il resto. Il pettirosso si voltò e rivoltò rispecchiandosi nell'acqua, ma non poté scoprire nep­pure una penna rossa.

E così l' uccello rivolò da Nostro Signore.

Egli, grande e mite, era a sedere, e dalle sue mani uscivano farfalle che svolazzavano intorno alla sua testa, piccioni garrivano sulle sue spalle, e dalla terra intorno a lui sorgevano rose, gigli e pratoline.

Il cuore dell'uccellino batteva per il timore, ma descri­vendo leggeri giri volava sempre più vicino a Nostro Signore e finalmente si lasciò cadere sulla sua mano.

Così Nostro Signore gli domandò quello che desiderava.

 « Io voglio soltanto chiederti una cosa » disse l'uccellino.

 « Cos'è che desideri sapere? » disse , Nostro Signore.

« Perché debbo chiamarmi pettirosso, mentre son tutto grigio dalla punta del becco sino alla coda? Perché mi chiamo pettirosso quando non posseggo neppure una penna rossa? »

E l'uccello con i suoi occhiettini neri lo guardò implorando e voltò la testolina. Da per tutto, attorno, vide fagiani tutti rossi sotto un leggero pulviscolo d'oro, pappagalli con ricchi collari rossi, galli con creste rosse, senza parlare delle farfalle, dei pesciolini rossi e delle rose. E naturalmente pensò che occorreva così poco, una sola goccia di colore rosso sul suo petto, per farlo diventare un bell'uccello, a cui il suo nome sarebbe stato adatto.

« Perché debbo chiamarmi pettirosso, se son tutto grigio? » domandò di nuovo l'uccello, e aspettò che Nostro Signore gli dicesse:

 "Ah, amico mio, vedo che ho dimenticato di dipingere in rosso le penne del tuo petto, ma aspetta solamente un momento e sarà fatto".

 Ma Egli sorrise soltanto e disse: « Ti ho chiamato pettirosso, e pettirosso ti chiamerai, ma cercati da te il mezzo di meritarti le tue penne rosse ».

E così Nostro Signore alzò la mano e lasciò che l'uccello rivolasse per il mondo.

L'uccello volò in Paradiso con molti pensieri. Che cosa poteva fare un uccellino come lui per procurarsi delle penne rosse? 

L'unica cosa che gli venisse in mente fu di fabbricarsi il nido in mezzo ai prunai. Egli s'annidò fra le spine nel folto della macchia. Pareva stesse aspettando che una foglia di rosa gli si attaccasse al petto e gli desse il suo colore.

Un numero infinito d'anni erano trascorsi da quel giorno che fu il più bello sulla terra. D'allora in poi gli animali e gli uomini avevano abbandonato il Paradiso e si erano sparsi sulla terra. E gli uomini erano giunti al punto d'imparare a lavorare la terra e a navigare sul mare, si erano fatti abiti e utensili; da molto tempo avevano già imparato a fabbricare grandi templi e città potenti, come Tebe, Roma e Gerusalemme.

Spuntò un giorno nuovo  che non doveva esser mai più dimenticato nella storia del mondo e all'alba di quel giorno il pettirosso era posato su un piccolo colle nudo fuori le mura di Gerusalemme e cantava per i suoi piccini che si trovavano nel piccolo nido in mezzo ai bassi cespugli di spine.

 L'uccello raccontava ai suoi nati il giorno me­raviglioso della creazione e la distribuzione dei nomi: così aveva raccontato ogni pettirosso dal primo in poi, che aveva udito la parola di Dio ed era uscito dalla Sua mano.

« E ora vedete, » concluse tristemente il pettirosso « tanti anni sono passati, tante rose sono sbocciate, tanti piccoli uccelli sono sgusciati dalle uova dal giorno della creazione in poi, che non c'è nessuno capace di contarli, ma il pettirosso è ancora un uccellino grigio. Ancora non è riuscito a conquistarsi le penne rosse. ». I piccini spalancarono i piccoli becchi e domandarono se gli antenati non avevano cercato di compiere qual­che grande opera per conquistare il prezioso colore.

« Abbiamo fatto tutto quello che abbiamo potuto, » disse l'uccellino « ma siamo stati tutti sfortunati. Già il primo petti­rosso, una volta, incontrò un altro uccello che gli rassomigliava completamente, e subito si mise ad amarlo con un amore così violento da sentirsi arroventare il petto. Ah, pensò allora, adesso comprendo. Nostro Signore vuole che io ami con tale ardore, che le penne del mio petto abbiano a tingersi di rosso per il caldo d'amore che ho nel cuore. Ma egli s'ingannava, così come si sono ingannati tutti gli altri dopo di lui e come c'inganneremo anche noi. »

I piccini cinguettarono tristemente, incominciavano già ad affliggersi perché la tinta rossa non avrebbe adornato i loro piccoli petti coperti di peluria.

« Abbiamo anche sperato nel nostro canto » disse l'uccello vecchio parlando con toni prolungati. « Già il primo pettirosso cantava così; il petto dall'entusiasmo gli si gonfiava, ed egli ritornava a sperare. Ah, pensava, la fiamma del canto che ho nell'anima, tingerà di rosso le penne del mio petto. Ma s’in­gannava, come si sono ingannati tutti gli altri dopo di lui, come c'inganneremo anche noi. »

Si sentì di nuovo un triste cinguettio uscir dalle gole mezze nude dei piccini.

« Abbiamo anche sperato nel nostro coraggio e valore » disse l'uccello.

« Già il primo pettirosso si batté valorosamente con gli altri uccelli e il suo petto s'infiammò dal piacere di combattere. Ah, pensò, le penne del mio petto si tingeranno di rosso per la gioia della lotta che arde nel mio cuore. Ma s'ingannò, come si sono ingannati dopo di lui tutti gli altri, come c'inganneremo anche noi. »

I piccini cinguettarono coraggiosamente che volevano an­cora tentare di conquistare il premio tanto ambito,   ma l'uccello rispose tristemente che era impossibile. Che cosa potevano sperare quando tanti antenati così bravi non erano riusciti a raggiungere la mèta? Potevano fare di più che amare, cantare e lottare? Che cosa potevano...

L'uccello si fermò in mezzo alla frase, perché da una delle porte di Gerusalemme usciva una gran quantità di gente e tutta la folla si dirigeva verso il colle dove l'uccello aveva il suo nido.

C'erano dei cavalieri su destrieri superbi, servi con lunghe lance, assistenti del boia  con chiodi e martelli, v’erano sacerdoti dall’incedere dignitoso, e giudici, donne piangenti, e davanti a tutti  una massa di popolo che correva selvaggiamente, un accompagnamento orrendo, ululante di vagabondi. L'uccellino tremando stava sull'orlo del suo nido. Temeva ad ogni istante che il piccolo cespuglio di spine venisse calpestato e i suoi piccini rimanessero uccisi.

« State in guardia, » gridò ai piccini inermi « state tutti vicini e state zitti! Ecco un cavallo che viene proprio su di noi! Ecco un guerriero coi sandali ferrati!  Ecco tutta la folla selvaggia! »

Ad un tratto l'uccello smise di gettare i suoi gridi d'allarme e tacque. Dimenticò quasi il pericolo sovrastante.

Improvvisamente saltò giù nel nido, e allargò le ali sopra ai piccini.

« No, è troppo tremendo » disse. « Io non voglio che voi vediate. Sono tre malfattori che vengono crocifissi. »

E allargò le ali affinché i piccini nulla potessero vedere. Udirono soltanto dei colpi di martello rimbombanti, grida di dolore e gli urli selvaggi della folla.

Il pettirosso seguì tutto lo spettacolo con gli occhi che si dilatavano dal terrore. Non poteva allontanare gli sguardi dai tre infelici.

« Come gli uomini sono crudeli! » disse l'uccello dopo un momento « non si accontentano d'inchiodare quei poveretti sulle croci, no, sulla testa di uno hanno anche posto una corona di spine. Io vedo che le spine hanno ferito la sua fronte così da fare scorrere il sangue » continuò. « E quell'uomo è così bello e si guarda attorno con sguardi così dolci che ognu­no deve sentire d'amarlo. Mi pare che una freccia mi stia tra­figgendo il cuore nel vederlo soffrire. »

Il piccolo uccello sen­tiva crescere la sua compassione per l'incoronato di spine.

« Se io fossi mia sorella l'aquila, » pensò « strapperei i chiodi dalle sue mani e con i miei forti artigli scaccerei tutti coloro che lo fanno soffrire.»

    Egli vide il sangue gocciolare sulla fronte del Crocifisso e non poté stare fermo nel suo nido.

    « Benché non sia che piccolo e debole, pure debbo poter fare qualche cosa per questo povero martoriato » pensò l’uccello: e allargò le ali e volò via per l’aria, descrivendo larghi giri intorno al Crocifisso.

    Gli volò intorno parecchie volte senza ardire d’avvicinarsi, perché era un uccellino timido, che non aveva mai osato avvicinarsi ad un uomo. Ma un po’ per volta si fece coraggio, volò molto vicino e col becco tolse una spina che si era piantata nella fronte del Crocifisso.

    In quel momento una goccia di sangue del Crocifisso cadde sul petto dell’uccello. Si allargò rapidamente, colò giù e tinse tutte le pennine delicate del petto. Ma il Crocifisso aperse le labbra e sussurrò all’uccello:     « Per la tua pietà ora avrai quello che la tua razza ha desiderato sempre da quando fu creato il mondo ».

    Poco dopo, quando l’uccello ritornò al suo nido, i piccini gridarono: « Il tuo petto è rosso, le penne del tuo petto sono più  rosse delle rose! » 

« Non è che una goccia di sangue della fronte di quel pover’uomo » disse l’uccello. «Scomparirà, appena farò il bagno in un ruscello o in una limpida sorgente. »

Ma quando l’uccellino fece il bagno la macchia rossa non scomparve dal suo petto, e quando i suoi piccini divennero grandi, la tinta rossa splendeva anche sulle penne dei loro petti, come d’allora in poi splende sul petto e sulla gola di ogni pettirosso.

Selma Lagerlof


Respuesta  Mensaje 5 de 6 en el tema 
De: Ver@ Enviado: 23/04/2011 07:16

LA COMPASSIONE HA TOCCATO IL CUORE DI GESU' PER L'UCCELLINO  ED EGLI HA ESAUDITO  COSI'IL DESIDERIO DI UN INTERA RAZZA...

 Se l'uomo si comporterà con la stessa compassione del pettirosso per gli uomini con un piccolo cuore = immaturità evolutiva , allora la COMPASSIONE... CHE E' IL DIO IN NOI, POTRA' SALVARE  L'INTERA RAZZA UMANA.... PERCHE' PER ORA....ANCORA POCO UMANA VERSO IL PROSSIMO  E'... ( SPEREM)

Vera CIAO {#emotions_dlg.thumbup}


Respuesta  Mensaje 6 de 6 en el tema 
De: Gemmaverde Enviado: 04/05/2011 21:09
UNA MONTAGNA DI ROSE
 
 
C'era una volta un re che abitava su una montagna dove migliaia di rose di tutti i colori crescevano rigogliose per tutto l'anno. In quel Regno uomini, donne e bambini vivevano in pace tra loro e con i paesi confinanti. Un giorno arrivarono nel Regno delle rose dei messaggeri che portavano cattive notizie.
Il re di un paese lontano aveva cominciato un lungo e terribile viaggio con i suoi eserciti, alla conquista di tutti i regni che incontrava sul suo cammnino. Gli uomini del re conquistatore proposero al re delle rose di arrendersi. "Mai, rispose lui, il mio regno dovrà restare libero da ogni schiavitù o imperialismo". Purtroppo pochi giorni dopo arrivarono i cavalieri stranieri che iniziarono a distruggere i roseti e le case che incontravano sulla via per la fortezza. Il re che voleva difendere il suo regno, fu fatto prigioniero e portato in un paese lontano. Riuscito a fuggire, tornò al suo regno. Sulla strada del ritorno, da lontano, riusciva a vedere la montagna, ma niente altro. Infatti il re conquistatore aveva distrutto tutte le piante delle rose. Ci fu una grande battaglia e il re del regno delle rose sconfisse l'usurpatore e decise che avrebbe ricostruito tutto come era prima. Ora che aveva sconfitto il potente re nemico e aveva scatenato contro di lui i popoli conquistati, non rimaneva che ricominciare. Il re ripenso' allo splendore del suo giardino di rose sotto il sole e comprese che cosa aveva attirato gli stranieri nel suo regno. Erano state la serenita' e la gioia di un paese bello e semplice come un fiore. Ma invece di arrendersi al grigio di una natura nascosta, il re volle acccrescere l'abbondanza di colori e di vita del suo giardino. All'arrivo della bella stagione, la montagna era tornata la patria della felicita'. Ormai i roseti arrivavano fino ai piedi dell'altura, non si fermavano come prima della guerra, intorno al castello. E da allora in poi, quella montagna, venne chiamata la "Montagna di rose" da tutti i popoli confinanti.



Primer  Anterior  2 a 6 de 6  Siguiente   Último  
Tema anterior  Tema siguiente
 
©2024 - Gabitos - Todos los derechos reservados