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General: 21 APRILE ♦ NATALE DI ROMA ♦
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Respuesta  Mensaje 1 de 4 en el tema 
De: Marika  (Mensaje original) Enviado: 21/04/2012 09:38
 
Roma, Piazza del Campidoglio (incisione del 1568)
 
IL NATALE DI ROMA
 
Il 21 aprile ricorre il Natale di Roma.
 
LEGGENDA DELLA FONDAZIONE DI ROMA
 
Il mito racconta che la fondazione sia avvenuta ad opera di Romolo, discendente dalla stirpe reale di Alba Longa, che a sua volta discendeva da Silvio, figlio di Lavinia e di Enea, l’eroe troiano giunto nel Lazio dopo la caduta di Troia.

Come si racconta nell’Eneide, Enea, figlio della dea Venere, fugge da Troia, ormai presa dagli Achei, con il padre Anchise e il figlioletto Ascanio. Il viaggio che Enea percorre prima di raggiungere le coste del Latium vetus (antico Lazio) è lungo e pericoloso. Dopo varie peregrinazioni nel Mediterraneo, Enea approda finalmente nel Lazio.
Qui, Enea viene favorevolmente accolto dal re Latino e da sua figlia Lavinia. Enea, innamoratosi di lei deve però affrontare Turno, re dei Rutuli, a cui il padre l’aveva promessa in moglie. Al termine di una dura e sanguinosa lotta che vede i contendenti, Turno da una parte ed Enea dall’altra, allearsi il primo con il tiranno etrusco Mezenzio e la maggior parte delle popolazioni italiche, il secondo con alcune popolazioni greche stanziate nella città di Pallante sul Palatino. Le leggende narrano di una migrazione dalla città greca di Argo, guidata da Evandro e con gli Etruschi ostili a Mezenzio, la vittoria arrise ad Enea, che riuscì ad uccidere Turno in combattimento. Questo permise al termine della guerra di sposare Lavinia e fondare la città di Lavinio (l’odierna Pratica di Mare).
Trent’anni più tardi dalla fondazione di Lavinio, il figlio di Enea, Ascanio fonda una nuova città, Albalonga, sulla quale regnarono i suoi discendenti per numerose generazioni. Molto tempo dopo il figlio e legittimo erede del re Proca di Alba Longa, Numitore, viene spodestato dal fratello Amulio, che costringe la figlia Rea Silvia a diventare vestale e a fare quindi voto di castità. Tuttavia il dio Marte s’invaghisce della fanciulla e la rende madre di due gemelli, Romolo e Remo. Il re Amulio ordina l’uccisione dei gemelli, ma il servo incaricato di eseguire l’assassinio non ne trova il coraggio e li abbandona alla corrente del fiume Tevere. La cesta nella quale i gemelli sono stati adagiati si arena sulla riva, presso la palude del Velabro tra Palatino e Campidoglio in un luogo chiamato Cermalus, dove i due vengono trovati e allevati da una lupa che si era recata al fiume per abbeverarsi, e da un picchio (animale sacro per i Latini) che li protegge, entrambi animali sacri ad Ares.
Li trova poi il pastore Faustolo (porcaro di Amulio) che insieme alla moglie Acca Larenzia li cresce come suoi figli. Una volta divenuti adulti e conosciuta la propria origine, Romolo e Remo fanno ritorno ad Albalonga, uccidono Amulio, e rimettono sul trono il nonno Numitore. Romolo e Remo, non volendo abitare ad Alba senza potervi regnare almeno fino a quando era in vita il nonno materno, ottengono il permesso di andare a fondare una nuova città, nel luogo dove sono cresciuti. Romolo vuole chiamarla Roma ed edificarla sul Palatino, mentre Remo la vuole battezzare Remora e fondarla sull’Aventino.
Siccome erano gemelli e il rispetto per la primogenitura non poteva funzionare come criterio elettivo, toccava agli dei che proteggevano quei luoghi indicare, attraverso gli aruspici, chi avessero scelto per dare il nome alla nuova città e chi vi dovesse regnare dopo la fondazione. Così, per interpretare i segni augurali, Romolo scelse il Palatino e Remo l’Aventino. Il primo presagio, sei avvoltoi, si dice toccò a Remo. Dal momento che a Romolo ne erano apparsi il doppio quando ormai il presagio era stato annunciato, i rispettivi gruppi avevano proclamato re l’uno e l’altro contemporaneamente. Gli uni sostenevano di aver diritto al potere in base alla priorità nel tempo, gli altri in base al numero degli uccelli visti. Ne nacque una discussione e dal rabbioso scontro a parole si passò al sangue: Remo, colpito nella mischia, cadde a terra. è più nota la versione secondo la quale Remo, per prendere in giro il fratello, avrebbe scavalcato le mura appena erette [più probabilmente il pomerium, il solco sacro] e quindi Romolo, al colmo dell’ira, l’avrebbe ammazzato aggiungendo queste parole di sfida: «Così, d’ora in poi, possa morire chiunque osi scavalcare le mie mura». In questo modo Romolo s’impossessò da solo del potere e la città appena fondata prese il nome del suo fondatore.
Livio, I, 7
Secondo la leggenda, narrata anche da Varrone, Romolo avrebbe fondato la città di Roma il 21 aprile del 753 a.C. La fissazione di questo particolare giorno si deve ai calcoli astrologici del matematico e filosofo del I secolo a.C. Lucio Taruzio Firmano.
Da questa data è derivata la locuzione latina Ab Urbe condita, ovvero “dalla fondazione della Città”, che scandiva la cronologia romana prima dell’adozione del calendario gregoriano, a partire dal quale gli anni vengono tradizionalmente numerati a partire dalla nascita di Cristo (Anno Domini).
Le celebrazioni del Natale di Roma
Da festa locale, tipicamente romana (come lo era fino al 1870, con sfilate e spettacoli pirotecnici), il Natale di Roma divenne prima celebrazione nazionale della Roma Capitale (dal 1871 venne issata la bandiera italiana sulla torre del Campidoglio, nel 1875 sulla stessa torre fu “acceso”, a luce di magnesio, il disegno della Stella D’Italia, nel 1913 al sindaco Ernesto Nathan fu consegnata una targa commemorativa da parte di tutti i Comuni d’Italia), poi assurse a simbolo mitico di un’ideologia totalizzante, per tornare, poi, al suo nocciolo fondamentale di festa civica che mette in risalto la vocazione universale della città.
Ma scorrendo la storia è comunque possibile trovare nelle celebrazioni del Natale di Roma, dal 1870 ad oggi, un comune denominatore al di là del carattere popolare, nazionale o ideologico che gli fu dato di volta in volta: l’ambito artistico e culturale (il concerto di Pietro Mascagni nel 1909, la “prima” dell’Inno a Roma di Giacomo Puccini nel 1919, le prolusioni accademiche sulla storia di Roma o il concorso internazionale di poesia latina dal 1911), l’inaugurazione di monumenti (a Galileo Galilei nel 1887, a Carducci nel 1909) e l’apertura di opere pubbliche (come, solo restando ai primi anni del XX secolo, il Ponte Gianicolense nel 1908 e la Passeggiata Archeologica nel 1917).
Una sorta di filo conduttore che unisce la ricchissima storia di Roma, i suoi monumenti immortali, la sua indelebile cultura con i progetti e le nuove realizzazioni di una città che vuole essere sempre al passo con i tempi. Con lo scoppio e il proseguire della II Guerra Mondiale le celebrazioni divennero necessariamente più sobrie e sempre più sporadiche. E si indirizzarono esclusivamente sul carattere accademico e culturale.
Dopo la liberazione e la nascita della Repubblica Italiana, il Natale di Roma si liberò dalle scorie dell’esaltazione e della pomposa retorica che fecero, per oltre vent’anni, del 21 aprile il simbolo più evidente di «quell’Italia romana ed imperiale», vagheggiata dal fascismo. La commemorazione tornò al nucleo originale della festa: quella della fondazione della città, della ricorrenza senza ulteriori valenze o specifici significati politici, del momento da dedicare allo studio e approfondimento della ricchissima, a volte poco conosciuta, storia dell’Urbe.
Proprio per rimarcare la profonda diversità con i decenni precedenti, dalla fine degli anni ’40 al 1964, le celebrazioni per la Festa della Città si svolsero in un’unica cerimonia in Campidoglio, solitamente nella Sala Orazi e Curiazi dei Musei Capitolini, che prevedeva un discorso ufficiale, tenuto da un noto studioso di romanità, e vari premi legati alla città.
Dal 1964 riprese la tradizione dei festeggiamenti che, non più solo relegati al Campidoglio e a una platea selezionata, voleva coinvolgere l’intera cittadinanza. La volontà del Sindaco di allora, Amerigo Petrucci, era quella di «riavvicinare la cittadinanza all’amministrazione», riattivare una tradizione che, «consunta negli anni del fascismo dal logorio della retorica e della forzatura politica», è una caratteristica propria di Roma, «unica città antica che celebri il proprio anniversario di fondazione». Da allora, insieme al discorso ufficiale da parte del Sindaco e di un’autorità o di importanti personalità della cultura e della società, divengono parte insostituibile delle celebrazioni, riallacciandosi così alla tradizione iniziata anni prima, i riconoscimenti che la città attesta a quanti, studiosi, filologi e giornalisti, dedicano studi, riflessioni ed opere a Roma e alla sua storia.
Tra questi si impongono per importanza: la presentazione dell’annuale “Strenna dei Romanisti” (tradizione iniziata nel 1940), il premio “Cultori di Roma” (istituito dal Comune di Roma nel 1954) che viene assegnato alternativamente ad uno studioso italiano ed uno straniero che abbiano dedicato la propria esistenza, sia fisica che scientifica, alla conoscenza delle discipline relative alla civiltà e la cultura di Roma, il premio giornalistico internazionale “Città di Roma“, istituito dall’Associazione della Stampa romana nel 1959 e il concorso internazionale di prosa latina “Certamen capitolinum“, organizzato dall’Istituto di Studi Romani.
 
 

 

 



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Respuesta  Mensaje 2 de 4 en el tema 
De: Serenella Enviado: 21/04/2012 13:07
 
Buon Compleanno ROMA
 
Inizia il tuo 2.765°
anno di vita
 
Auguri alla città e ai Romani
Serenella

Respuesta  Mensaje 3 de 4 en el tema 
De: Serenella Enviado: 21/04/2012 13:09

Respuesta  Mensaje 4 de 4 en el tema 
De: Acquario Enviado: 21/04/2012 22:38
 
Buon Compleanno ROMA
 


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