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De: Gemmaverde (Mensaje original) |
Enviado: 04/10/2012 07:31 |
San Francesco d'Assisi fu il predicatore e mistico italiano che visse tra il XII e il XIII secolo e fondò l'ordine francescano. Ancora oggi l'ordine da lui creato si basa sulle stesse ragioni di vita e sugli stessi ritmi da lui iniziati.
Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione. Ad te solo, Altissimo, se konfano, et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual'è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de te, Altissimo, porta significatione.
(Dal "Cantico delle Creature")
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IL CANTICO DELLE CREATURE
Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so` le laude, la gloria e l`honore et onne benedictione. Ad te solo, Altissimo, se konfano, et nullu homo ène dignu te mentovare. Laudato sie, mi` Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual`è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de te, Altissimo, porta significatione. Laudato si`, mi` Signore, per sora luna e le stelle: in celu l`ài formate clarite et pretiose et belle. Laudato si`, mi` Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento. Laudato si`, mi` Signore, per sor`aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. Laudato si`, mi` Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte: ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte. Laudato si`, mi` Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba. Laudato si`, mi` Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore et sostengo infirmitate et tribulatione. Beati quelli ke `l sosterrano in pace, ka da te, Altissimo, sirano incoronati. Laudato si`, mi` Signore, per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda no `l farrà male. Laudate e benedicete mi` Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate. |
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Cari amici, per capire meglio quello che vi dirò vi prego di rileggere con molta attenzione la poesia di San Francesco “Il cantico delle creature”. E’ scritta in volgare umbro del 1200, ma si capisce senza molta difficoltà. Avrei potuto presentarla in lingua moderna, ma sarebbe stato un oltraggio per la poesia. Tutti sanno che il poverello d’Assisi, vissuto a cavallo fra il 1100 e il 1200, è stato un grande santo, ma pochi sanno che ha scritto questa stupenda poesia. In realtà egli aveva pensato soltanto di comporre una preghiera per i suoi confratelli, invece ha dato al mondo un’opera di grande significato e di rara bellezza. In essa San Francesco leva al Signore un canto di lode insieme a tutte le altre creature, che in uno slancio di amore universale chiama sorelle e fratelli e per ognuna ha parole molto belle: “messere lo frate sole… bellu e radiante con grande splendore”; “sora luna e le stelle… colorite e preziose e belle”; “sora acqua umile ed utile e preziosa e casta”, “frate focu… bello e jocundo e robustoso e forte”, “nostra madre terra” che “produce diversi frutti con coloriti fiori et herba”. Infine loda il Signore anche per “sora nostra morte corporale”. Può sembrare assurda questa lode , ma per San Francesco, spirito profondamente religioso, la morte fisica è un bene perché ci avvicina a Dio. Fa paura, invece, la morte dell’anima, cioè la dannazione eterna, perché fa perdere Dio per sempre. Per questo il Santo avverte alla fine del Cantico: “Guai a quelli che moriranno ne le peccata mortali”. Dopo qualche decennio incontriamo, sempre in Umbria, un altro autore di poesie religiose, Jacopo de’ Benedetti, avvocato di Todi. Egli da giovane amò la vita sfrenata e le feste e fu proprio durante una festa che sua moglie morì per il crollo d’un soffitto. Addosso le trovarono un cilicio, uno strumento di sofferenza usato nel Medio Evo per mortificare il corpo. Di solito era una cintura che aveva dei chiodi con la punta rivolta verso l’interno. La moglie di Iacopo probabilmente lo portava per i peccati del marito. A quella vista, oltre che per la disgrazia, Jacopo ebbe un forte trauma e cominciò a fare vita di penitenza disprezzando tutto ciò che è terreno,perfino se stesso e il suo nome, che cambiò in un dispregiativo Jacopone. Entrato in un convento di francescani, condusse vita ascetica e scrisse delle poesie chiamate “Laude”. San Francesco e Jacopone hanno in comune: l’origine umbra, l’iniziale vita peccaminosa, la conversione dopo una crisi spirituale, l’amore grande per Dio. C’è, tuttavia, fra i due una sostanziale differenza: San Francesco arriva a Dio attraverso l’amore per tutto ciò che egli ha creato, invece Jacopone arriva a Dio attraverso il disprezzo per tutto ciò che è terreno, perché considerato da lui causa di tentazione e di peccato. |
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Tanti auguri di buon onomastico
a tutti i Francesco e Francesca
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