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General: Benedetto XVI
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Resposta  Mensagem 1 de 5 no assunto 
De: rom*  (Mensagem original) Enviado: 27/02/2013 23:19

Quando, il 19 aprile di quasi otto anni fa, ho accettato di assumere il ministero petrino, ho avuto la ferma certezza che mi ha sempre accompagnato: questa certezza della vita della Chiesa dalla Parola di Dio. In quel momento, come ho già espresso più volte, le parole che sono risuonate nel mio cuore sono state: Signore, perché mi chiedi questo e che cosa mi chiedi? E’ un peso grande quello che mi poni sulle spalle, ma se Tu me lo chiedi, sulla tua parola getterò le reti, sicuro che Tu mi guiderai, anche con tutte le mie debolezze. E otto anni dopo posso dire che il Signore mi ha guidato, mi è stato vicino, ho potuto percepire quotidianamente la sua presenza. E’ stato un tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia e di luce, ma anche momenti non facili; mi sono sentito come san Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare. Ed è per questo che oggi il mio cuore è colmo di ringraziamento a Dio perché non ha fatto mai mancare a tutta la Chiesa e anche a me la sua consolazione, la sua luce, il suo amore.

 

 

 

liberamente tratto dalla Ultima UDIENZA GENERALE – Piazza San Pietro – Mercoledì, 27 febbraio 2013 di Sua Santità BENEDETTO XVI

     
 


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Resposta  Mensagem 2 de 5 no assunto 
De: Gemmaverde Enviado: 28/02/2013 00:00
La decisione del Papa che entro il 28 febbraio, alle ore 20, smetterà le sue funzioni, ha sorpreso tutti i fedeli. La notizia è stata accolta in tutto il globo e alla fine noi rispetteremo la sua decisione.
Perché? Il Papa ci ha dettato una grande lezione di umiltà: nessuno di noi, forse sarebbe stato capace di una simile scelta. Parlo al plurale scrivendo “noi”, perché noi siamo esseri umani, perché noi dovremmo essere convinti di vivere in un Paese dove le libertà costituzionali sono garantite. Dico, sono garantite.
Noi, che attacchiamo con parole aggressive, chi vuole cambiare in modo positivo il nostro modo di fare; noi che siamo ironici con chi soffre; noi, che non ascoltiamo cosa succede ogni giorno. Noi, che fra qualche giorno, siamo chiamati a creare il nuovo parlamento. Il Papa con la sua rinuncia, ha espresso un messaggio innovativo: la Chiesa si deve rinnovare e ritrovare l’anima cristiana.
I veleni nella Chiesa sono tanti: i casi di pedofilia, le trame del corvo o dei corvi, la sete di potere di alcuni vescovi…Camus scriveva che “l’abisso è nella certezza della nostra esistenza” e noi fedeli e non, avremo il tempo di accogliere il Papa che verrà.

Resposta  Mensagem 3 de 5 no assunto 
De: Lelina Enviado: 01/03/2013 23:23
L’addio ai fedeli: “Grazie
del vostro amore, buonanotte” 
 
 
 Città del vaticano

Ore 17.40 di una stupenda giornata di sole, primo timido preannuncio di primavera: a Castel Gandolfo il Papa volge lo sguardo per l’ultima volta alla folla dei pellegrini che lo invocano e lo applaudono. E dopo aver detto loro «Grazie a tutti, buona notte!», con passo incerto rientra nel palazzo, mentre la brezza che sale dal lago di Albano fa sbandierare il pesante drappo rosso con le insegne pontificie, che si avvolge su se stesso nascondendo lo stemma. Quasi un simbolo di quell’essere «nascosto al mondo», la nuova condizione di Joseph Ratzinger, Papa dal 19 aprile 2005 al 28 febbraio 2013. Ultime immagini di un Pontefice dimissionario, dalle 20.00 di ieri sera «emerito» e finalmente sollevato dal peso delle responsabilità di pastore della Chiesa. Non era mai accaduto in duemila anni che un successore di Pietro rinunciasse per vecchiaia. Non era mai accaduto che gli ultimi atti del suo pontificato fossero programmati con largo anticipo e venissero seguiti istante dopo istante dalle telecamere, trasmessi in mondovisione.
 
 
 
Ore 1105, Sala Clementina 
 
Con qualche minuto di ritardo, Benedetto XVI ha raggiunto i cardinali che lo attendevano per l’ultimo saluto. Sono 144, molti dei quali elettori, chiamati a scegliere il successore. Ratzinger veste la mozzetta rossa di velluto ornata di ermellino e si siede sul trono. Ha il volto stanco, segnato. Appare fragile come non mai. Il cardinale Angelo Sodano, decano del collegio, ringrazia il Papa per l’esempio di questi otto anni di pontificato e parafrasando il Vangelo dei discepoli di Emmaus gli dice: «Sappia che ardeva anche il nostro cuore quando camminavamo con lei in questi ultimi otto anni». Non era previsto discorso del Papa, soltanto un saluto personale a ciascuno dei porporati. Invece Benedetto vuole lasciare un ultimo messaggio, vuole spiegare ancora una volta che cosa sia e che cosa non sia la Chiesa, vuole invitare alla concordia, vuole assicurare che da «Papa emerito» obbedirà incondizionatamente all’unico Pontefice, quello che con ogni probabilità lo sta ascoltando in quel momento, seduto in mezzo agli altri. «La Chiesa non è un’istituzione escogitata e costruita a tavolino…, ma una realtà vivente… Essa vive lungo il corso del tempo, in divenire, come ogni essere vivente, trasformandosi… Eppure nella sua natura rimane sempre la stessa, e il suo cuore è Cristo». E ancora: «La Chiesa vive, cresce e si risveglia nelle anime». Non esiste per se stessa, non deve essere ripiegata su se stessa, sui giochi di potere, divisa da cordate, ammalata di carrierismo. C’è ancora l’accenno a «qualche nube che si è addensata nel cielo» lungo gli otto anni di pontificato. C’è l’invito al collegio cardinalizio, affinché sia «come un’orchestra, dove le diversità – espressione della Chiesa universale – concorrano sempre alla superiore e concorde armonia».
 
Poi inizia il lungo baciamano dei cardinali. L’ultima grande fatica fisica di Ratzinger Papa. Per più di un’ora, interrompendosi soltanto due volte per sorseggiare dell’acqua che gli porge l’aiutante di camera Sandro Mariotti, resta in piedi. Saluta uno ad uno i porporati. C’è chi si inginocchia commosso, chi gli stringe la mano, chi gli sussurra qualche parola all’orecchio, come il «papabile» filippino Luis Antonio Tagle, provocando il sorriso del Papa. 
 
Il cardinale austriaco Cristoph Schönborn regala al Pontefice un paio di libri, l’americano Sean O’Malley gli stringe la mano con forza e a lungo, l’argentino Jorge Mario Bergoglio e l’italiano Angelo Scola si trattengono qualche istante in più. Quando è il turno del «papabile» brasiliano Odilo Pedro Scherer il Papa ascolta in silenzio le sue parole. Al presidente della Cei Angelo Bagnasco batte affettuosamente il braccio. Tra i più emozionati, il «papabile» canadese Marc Ouellet: saluta brevemente e velocemente, sotto lo sguardo attendo di don Georg Gänswein, il segretario-arcivescovo che continua a guardare l’orologio preoccupato per il prolungarsi dei saluti.
 
 
 
Ore 13,00, palazzo apostolico 
 
Benedetto XVI consuma il suo ultimo pasto nell’appartamento papale. A tavola con lui i due segretari e le quattro «memores Domini», le laiche consacrate di Comunione e Liberazione che lo seguiranno a Castel Gandolfo e quindi, fra un paio di mesi, nel monastero in Vaticano. C’è commozione, ma anche serenità. L’abitazione del Pontefice è ormai in disarmo. Sono stati scelti i documenti e le carte personali, non legate all’ufficio papale, che Ratzinger porterà con sé. Tutto il resto è destinato all’archivio segreto, nella sezione dedicata al pontificato di Benedetto XVI ormai concluso. Altri scatoloni e altre carte devono essere passate davanti agli occhi e tornare alla memoria della famiglia pontificia: quelle dello scandalo vatileaks, quelle sequestrate in casa del maggiordomo Paolo Gabriele, quelle trafugate e fotocopiate dall’aiutante di camera. Il tempo per il risposo pomeridiano è breve. L’ora della partenza arriva presto.
 
 
 
Ore 16,56, cortile di San Damaso 
 
Con il bastone nero nella mano, a piccoli passi, il Papa esce dal palazzo apostolico per l’ultima volta. Lo attendono i superiori della Segreteria di Stato. Ci sono le guardie svizzere in alta uniforme, schierate al gran completo. Eravamo abituati a vedere queste partenze dal Quirinale, alla fine del settennato dei presidenti della Repubblica. Ma si erano viste di un Papa, che si accommiata dalla sua curia. C’è una piccola folla di cittadini vaticani, tenuti a distanza, che applaude e grida «Viva il Papa». Ratzinger saluta da lontano, sorride, poi s’infila nella berlina nera con le bandierine dello Stato pontificio. Don Georg siede al suo fianco sul sedile posteriore. L’autista che lo accompagna all’eliporto è in lacrime. Lì lo attendono il cardinale Sodano, e il cardinale Giovanni Lajolo, presidente emerito del Governatorato. Il Papa sale nell’elicottero dell’aeronautica militare italiana.
 
 
 
Ore 17,08, eliporto del Vaticano 
 
Don Georg sistema la cintura di sicurezza al Papa, un istante dopo il decollo. Con Ratzinger, in volo, ci sono anche il secondo segretario, il maltese Alfred Xuereb; il medico personale Patrizio Polisca, il reggente della Casa Pontificia, monsignor Leonardo Sapienza. Il tragitto sui cieli di Roma è breve, immortalato istante dopo istante. Vengono alla memoria le immagini di un altro ultimo viaggio, quello che Giovanni Paolo II fece uscendo dal Gemelli, sotto l’occhio impietoso della telecamera che riprese ogni momentoa. Ma quello era un Pontefice malato, ormai al termine della sua vita, non il primo Papa dimissionario dopo sei secoli. L’elicottero si staglia dietro al Cupolone, sorvola il Tevere, passa sopra al Colosseo, il luogo della Via Crucis di ogni Venerdì Santo, un simbolo anche per il pontificato ratzingeriano perché proprio da quel luogo, nelle meditazioni della Via Crucis del marzo 2005, l’allora Prefetto della dottrina della fede parlò di quella «sporcizia nella Chiesa» contro la quale avrebbe molto combattuto senza riuscire sempre a debellarla.
 
 
 
Ore 17,24, Castel Gandolfo 
 
L’elicottero tocca terra. Il Papa è salutato dal presidente del Governatorato Bertello e dal segretario, il vescovo Sciacca. Ci sono anche il vescovo di Albano, Marcello Semeraro, il sindaco e il parroco. Poi l’ultimo affaccio, l’ultimo saluto alla folla che lo applaude. «Grazie a voi! Cari amici, sono felice di essere con voi, circondato dalla bellezza del creato e dalla vostra simpatia che mi fa molto bene. Grazie per la vostra amicizia, il vostro affetto. Voi sapete che questo mio giorno è diverso da quelli precedenti; non sono più Sommo Pontefice della Chiesa cattolica: fino alle otto di sera lo sarò ancora, poi non più. Sono semplicemente un pellegrino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio in questa terra. Ma vorrei ancora, con il mio cuore, con il mio amore, con la mia preghiera, con la mia riflessione, con tutte le mie forze interiori, lavorare per il bene della Chiesa e dell’umanità. E mi sento molto appoggiato dalla vostra simpatia». Al momento della benedizione, l’emozione tradisce il Papa, che sbaglia la formula. Poi quel «grazie, buonanotte!». E l’ex Papa, anziano «pellegrino», volge le spalle al mondo per essere inghiottito dal silenzio.
 
 
 
Ore 20,00 
 
Il Portone della villa di Castel Gandolfo si chiude. La bandiera papale bianca e gialla viene ammainata. Le guardie svizzere lasciano il palazzo. Da quel momento, all’interno, non c’è più il Papa, ma soltanto Joseph Ratzinger «nascosto al mondo», il vecchio teologo bavarese che si è tolto dalle spalle il giogo del pontificato.
 
 

Resposta  Mensagem 4 de 5 no assunto 
De: Gemmaverde Enviado: 02/03/2013 07:26
Benedetto XVI continuerà a chiamarsi Sua Santità
ma dalle ore 20 di venerdì 28 febbraio
non e' più un pontefice governante ma Papa emerito.
 


Resposta  Mensagem 5 de 5 no assunto 
De: Ver@ Enviado: 02/03/2013 08:02
Sede vacante, un tempo d'attesa
Conclave, al via le convocazioni
Sono in arrivo ai cardinali le lettere di convocazione inviate dal cardinale decano Angelo Sodano per le congregazioni generali pre-Conclave. Le Congregazioni sono convocate con inizio lunedì prossimo, 4 marzo, alle 9.30 nell'Aula Nuova del Sinodo.

Rivolgendosi ai cardinali, la lettera spiega poi che dopo la prima Congregazione generale "continueranno regolarmente dette Congregazioni generali, fino a quando non si raggiunga il numero completo dei cardinali elettori ed il collegio cardinalizio decida poi la data dell'ingresso in Conclave dei cardinali elettori in base a quanto descritto dal recente Motu Propri del 22 febbraio scorso circa alcune modifiche delle norme relative all'elezione del Romano Pontefice".

è molto difficile che lunedì, quando si riunirà la prima Congregazione dei cardinali, uscirà la data del conclave. La previsione di Padre Federico Lombardi è che dopo aver sentito il cardinale decano Angelo Sodano dice: "Lunedì è difficile che uscirà una data per il conclave. Del resto potrebbero non essere arrivati ancora tutti gli elettori". Quanto al fatto che la prima Congregazione si riunirà sia di mattina che di pomeriggio, Lombardi precisa che "è un modo per avviare in maniera più consistente le riunioni. Poi saranno i cardinali a decidere se riunirsi due volte al giorno o solo il mattino".

SEDE VACANTE, TEMPO D'ATTESA
Dal 28 febbraio alle 20 la Chiesa è entrata nel periodo della cosiddetta Sede vacante. Per spiegare le caratteristiche di questo particolarissimo periodo della vita della comunità cattolica, Avvenire ha interpellato il cardinale Francesco Coccopalmerio, 74 anni, presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi. Incontriamo il porporato, lombardo ma con radici abruzzesi per via paterna, poco dopo che ha salutato Benedetto XVI, insieme agli altri membri del Collegio cardinalizio, nella Sala Clementina. «Era sereno – racconta – con occhi luminosi che lasciavano trasparire il suo amore per il Signore e quindi la sua delicatezza per le persone che incontra». Ecco l’intervista.

Eminenza, quando si verifica la cosiddetta Sede vacante?
Quando il Papa non c’è più: il che si verifica o nel momento della morte oppure nel momento stabilito dal Papa stesso nel caso in cui egli abbia dato le dimissioni.

In questo periodo cosa cambia per la vita delle diocesi e delle parrocchie?
Nella vita delle diocesi e delle parrocchie non cambia nulla: i vescovi diocesani e i parroci continuano nel loro ministero, le celebrazioni liturgiche continuano come sempre, con il solo particolare che nella preghiera eucaristica della Messa non si nomina il Papa per il semplice motivo che il nuovo Papa non c’è ancora. Pertanto viene ricordato solo il nome del vescovo della diocesi.

E nel governo della Chiesa universale?
Come stabilisce l’articolo 14 della Costituzione apostolica Universi Dominici gregis emanata da Giovanni Paolo II il 22 febbraio 1996, cioè la legge canonica per il periodo di Sede vacante «alla morte del Pontefice», oggi diciamo anche: nel momento delle dimissioni del Pontefice, «tutti i capi dei dicasteri della Curia Romana … come anche i membri dei medesimi dicasteri cessano dall’esercizio del loro ufficio. Viene fatta eccezione per il Camerlengo di Santa Romana Chiesa e il Penitenziere Maggiore…».

Qual è la ratio di questa norma?
Motivo di questa norma è che i capi o i membri dei dicasteri della Curia Romana agiscono per mandato del Papa per cui, se il Papa non c’è, non possono continuare ad agire. Il Camerlengo (incarico attualmente ricoperto dal cardinale Tarcisio Bertone, ndr), però, è colui che compie gli adempimenti necessari in periodo di Sede vacante, mentre il Penitenziere Maggiore deve provvedere ai casi di coscienza anche gravi e a volte urgenti. Come stabilito dallo stesso articolo 14 e dai seguenti, non cessa neppure il cardinale vicario per la città di Roma né i cardinali che governano la Basilica di San Pietro e la Città del Vaticano.

Chi presiede al governo della Curia in questo periodo?
Come già detto, è l’ufficio del Camerlengo, cioè di quel cardinale che dal Papa precedente è stato nominato a questo importante ministero, evidentemente con l’assistenza del Collegio dei cardinali.

Cosa è che si può decidere in questo periodo?
Diciamo in genere: le questioni ordinarie, che non rivestano particolare importanza, salvo i casi di urgenza, come previsto dagli articoli dal 24 al 26 della Costituzione apostolica sopra citata. Per esempio nei dicasteri prosegue lo studio delle varie questioni la cui decisione, se si stratta di temi importanti, sarà sottoposta al futuro Pontefice.

E cosa no?
Per esempio la nomina dei vescovi.

Quando finisce la Sede vacante?
Quando c’è il nuovo Papa, e cioè nel momento in cui il cardinale validamente eletto ha espresso la sua accettazione.

Ma può essere eletto Papa un non cardinale?
Certamente: basta leggere il primo paragrafo del canone 332 del Codice di diritto canonico. Qualsiasi battezzato cattolico, di sesso maschile, può essere eletto Papa; nel caso non sia ancora vescovo deve ricevere subito la consacrazione.

Come ipotesi di scuola, che tutti non ci auguriamo: quali sono i problemi che possono sorgere se il Conclave e così anche la Sede vacante durasse troppo a lungo?
Si rischierebbe di limitare o, eventualmente, di bloccare la vita della Chiesa a livello di governo della Chiesa universale. Per esempio, richiamandoci a quanto detto sopra, si rischierebbe di avere diocesi senza vescovo per un tempo eccessivamente lungo.

Vista l’esperienza che stiamo vivendo, prevede che in futuro ci possano essere ritocchi legislativi per meglio definire la figura del Papa emerito?
Credo che qualche precisazione sarà utile e necessaria.​

Gianni Cardinale


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