Napolitano che è napoletano potrebbe aver risposto “Ma stamm a pazzià…”. Di fronte allo stallo del Parlamento italiano e soprattutto del suo partito, il Pd, il presidente della Repubblica non può, però, restare sordo. E certamente al dimissionario Pierluigi Bersani, Napolitano non può non aver ricordato che affidandogli il primo incarico esplorativo, aveva sottolineato sulla base dei risultati delle elezioni politiche, aveva chiesto di stringere larghe alleanze. Fuor di metafore, Napolitano aveva chiesto a Bersani di guardare al centrodestra di Silvio Berlusconi. E Bersani è stato sordo fino a schiantarsi come è accaduto in due candidature che hanno provocato due omicidi (politici, va da se) – quello di Franco Marini e di Romano Prodi – e un suicidio, quello di un intero partito politico.

In questi minuti di crisi istituzionale, quindi, Napolitano risulta per molti ma non per tutti, il M5S in testa, l’ancora di salvataggio per portare fuori dallo stallo il Parlamento. Lo scenario dunque è il seguente: Napolitano accetterà di essere riconfermato – ma a larghissima maggioranza tanto che il Pd si è impegnato ad apporre sulla scheda con il voto a Napolitano anche un simbolo di riconoscimento – e dopo con in mano il programma di governo dei dieci saggi affiderà l’incarico di governo ad una personalità “condivisa” ma evidentemente sotto gestione diretta dello stesso Napolitano.

Sul nome: sono pochi i nomi del capo dell’esecutivo che il centrodestra di Berlusconi potrebbe accettare. Giuliano Amato, il dottor Sottile, che però ha sulle spalle un pedigree politico che difficilmente lo potrà far “dirigere” nella sua azione di governo. E così spunta fuori il nome del vicesegretario nazionale del Pd, Enrico Letta, il più liberista degli esponenti Democrat, nipote di Gianni Letta, uomo di fiducia di Berlusconi che avrebbe l’incarico di riformare alcune leggi chiave: quella elettorale in primis se non l’unica. Per tornare cioè al voto entro un anno o due al massimo consentendo così allo stesso Napolitano di andare in pensione in tempi ragionevoli. Non è un caso infatti che alla riunione di questa mattina fra Napolitano e Bersani fosse presente il “giovane” Letta. Sulla composizione dell’esecutivo è evidente ci sarà un abile contrappeso di personalità provenienti da entrambi gli schieramenti.

Nemmeno le proteste di piazza dei grillini dovrebbero modificare un assetto in qualche modo è già rodato. Ma di certo, il “merito” dei cinque Stelle è quello di aver definitivamente mostrato a tutti che il “re è nudo”. La seconda Repubblica è finita. La terza che nasce oggi è una Repubblica presidenziale che modifica de facto la forma costituzionale del governo: da Repubblica parlamentare a Repubblica presidenziale. Senza passare dalle Camere.