Sette dormienti di Efeso
I sette dormienti di Efeso sono venerati come santi dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa.
Il Martirologio Romano riporta la loro festa al giorno 27 luglio; secondo la tradizione cattolica i loro nomi sono: Costantino, Dionisio, Giovanni, Massimiano, Malco, Marciano e Serapione. La Chiesa ortodossa li celebra il 4 agosto e il 22 ottobre. La vicenda leggendaria dei Sette dormienti è narrata principalmente nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, da Gregorio di Tours e da Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum. Si narra che durante la persecuzione cristiana dell'imperatore Decio (250 circa) sette giovani cristiani di Efeso furono chiamati davanti ad un tribunale a causa della loro fede. Essi, rifiutando di sacrificare agli idoli pagani, furono condannati ma momentaneamente rilasciati. Per evitare nuovamente l'arresto si nascosero in una grotta sul monte Celion, dalla quale uno di essi, Malco, vestito da mendicante, andava e veniva per procurare il cibo. Scoperti, vennero murati vivi nella grotta stessa. I sette giovani si addormentarono nella loro prigione nell'attesa della morte. Furono risvegliati da un gruppo di muratori che, sfondata la parete, volevano costruire un ovile. Erano passati duecento anni: Malco, tornato ad Efeso, scoprì con stupore che il Cristianesimo non solo era ormai tollerato, ma era divenuto persino la religione dell'Impero. Il giovane, scambiato dapprima per pazzo, venne poi creduto quando il vescovo e i cittadini salirono alla grotta avvalorando il racconto. I sette giovani costituirono viva testimonianza della resurrezione dei corpi; perirono lo stesso giorno del loro risveglio e furono in seguito sepolti, per ordine dell'imperatore Teodosio II, in una tomba ricoperta di pietre dorate (secondo la Legenda Aurea essi apparvero in sogno all'imperatore chiedendo di restare nella caverna sino alla resurrezione finale). La tradizione dei dormienti non è esclusiva del mondo cristiano. Anche nell'Islam essa ha un ruolo centrale, essendo il racconto che dà il titolo ad una sura del Corano, la diciottesima, detta per l'appunto "sura della caverna". La sura è cioè un forte elemento connettore tra tradizioni del libro e miti europei, mediterranei ed asiatici.
« E li avresti creduti svegli, mentre invece dormivano, e li voltavamo sul lato destro e sul sinistro, mentre il loro cane era accucciato con le zampe distese, sulla soglia. [...] Rimasero dunque nella loro caverna trecento anni, ai quali ne aggiunsero nove »
(Corano, XVIII. 18, 25)
In epoche recenti, è da segnalare un dramma in quattro atti dello scrittore egiziano Tawfiq al-Hakim (composto nel 1933), in cui si immaginano i personaggi (in numero di tre: Mishilinia, Marnush e Iamlikha) al risveglio, alle prese con una realtà che non è più quella in cui si erano addormentati. A livello popolare, un racconto in berbero della Cabilia è contenuto in una raccolta di Auguste Mouliéras, e in questa versione, ambientata in una località della regione, i dormienti (il cui sonno sarebbe durato "solo" 40 anni) sono sette: "I sette dormienti della caverna di Azeffoun". In Italia un riferimento alla leggenda è richiamato nella trama del romanzo di Andrea Camilleri Il cane di terracotta (1996). Una riscrittura della leggenda è anche nel racconto dello scrittore jugoslavo Danilo Kiš, intitolata La leggenda dei dormienti e contenuta nella raccolta Enciclopedia dei morti. I sette dormienti di Efeso, ed in particolare la moneta antica che uno di loro avrebbe offerto come prova del tempo trascorso, sono citati nel racconto di Jorge Luis Borges Lo Zahir. Sono pure nominati dallo storico inglese Arnold J. Toynbee, nel suo saggio "Civiltà al paragone" del 1947, in cui accosta la vicenda del risveglio dei sette dormienti al panislamismo militante. I Sette Dormienti sono citati anche nel racconto di A.K.Tolstòj del 1847 "I Vurdalak"