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Respuesta  Mensaje 1 de 2 en el tema 
De: Futuro2012  (Mensaje original) Enviado: 28/01/2014 03:29
De: Futuro2012  (Mensaje original) Enviado: 28/01/2014 05:25


 

TOMMASO D'AQUINO


INTRODUZIONE : Tommaso fu forse il pensatore più importante del Medioevo e la sua influenza, nell’ambito della Chiesa cattolica, è tuttora fondamentale. Era un uomo grande e grosso, bruno, un po’ calvo ed aveva l’aria pacifica e mite dello studioso. Per il suo carattere silenzioso lo chiamarono "il bue muto". Tutta la sua vita fu spesa nell’attività intellettuale e la sua stessa vita mistica la sua ricerca instancabile di Dio. Fu canonizzato nel 1323 .

RAGIONE E FEDE : Per conoscere Dio, che supera la comprensione della ragione, non basta la sola ricerca filosofica, ma occorre che Dio stesso intervenga e si riveli in un linguaggio accessibile all’uomo. La Rivelazione – e dunque la fede cristiana – non annulla né rende inutile la ragione. Inoltre le verità scoperte dalla ragione non possono venire in contrasto con le verità rivelate giacché entrambe procedono da Dio, che è luce e verità somma. Qualora apparisse un contrasto, è solo perché si tratta di conclusioni false o non necessarie o non si è indagato a sufficienza. La ragione può essere d’aiuto alla fede in tre modi : 1) dimostrando i preamboli della fede cioè quelle verità la cui dimostrazione è necessaria alla fede stessa (non si può credere in Dio se non si sa se esiste, se è uno o molti ecc., il che può essere fatto dalla ragione); 2) chiarire mediante similitudini le verità della fede, ad es. illustrando in un linguaggio accettabile i misteri della Trinità e dell’Incarnazione; 3) controbattere alle obiezioni che si possono fare alla fede dimostrando che sono false.

ESSENZA ED ESISTENZA, ANALOGICITA’ E PARTECIPAZIONE : Nel De ente et essentia Tommaso stabilisce il principio che, riformando la metafisica aristotelica, la rende "adatta" al cristianesimo : la distinzione reale tra essenza ed esistenza. Per Aristotele, potenza e atto corrispondevano a materia e forma. Secondo Tommaso invece l’essenza e l’esistenza stanno tra loro rispettivamente nel rapporto di potenza e atto. L’essenza (chiamata anche quiddità o natura) comprende sia la materia che la forma perché comprende tutto ciò che è espresso nella definizione della cosa. Per es. l’essenza dell’uomo, definito "animal rationale", comprende sia la materia (animal) che la forma (rationale). Dall’essenza si deve distinguere l’esistenza perché si può comprendere che cosa sia un uomo o l’unicorno o l’araba fenice ma non è ancora detto che quegli esseri esistono nella realtà. Dunque l’essenza e l’esistenza sono distinte e stanno tra loro nel rapporto di potenza e atto. L’essenza è in potenza rispetto all’esistenza, mentre l’esistenza è l’atto dell’essenza. Ecco ora il punto fondamentale : l’unione dell’essenza con l’esistenza, ovvero il passaggio dalla potenza all’atto, ovvero l’individuo reale richiede per Tommaso l’intervento diretto e creativo di Dio. E’ solo Dio che può creare le cose facendole esistere; è solo Dio che può realizzare il passaggio dalla potenza all’atto, ossia dalla essenza all’esistenza, e dare così origine alle varie creature, siano angeli o uomini o animali o piante ecc. Vi sono perciò tre modi in cui l’essenza è nei vari esseri. In primo luogo, in Dio l’essenza è uguale all’esistenza. Solo in Dio essenza ed esistenza si identificano. In altre parole, l’essenza di Dio è di esistere : Egli esiste necessariamente, è eterno, è l’unico essere necessario cioè non può non esistere, mentre tutti gli altri esseri dipendono da lui. Negli angeli, che sono puri spiriti e quindi dotati di sola forma e non di materia, l’essenza è diversa dall’esistenza in quanto il loro essere è creato e finito e si identifica con la sola forma. Infine, negli uomini, negli animali ecc., cioè nelle creature composte di materia e di forma, l’essenza è comunque sempre distinta dall’esistenza ed esistono grazie all’intervento creativo di Dio. in sintesi, potremmo dire che Dio è l’essere, mentre le creature hanno l’essere. Dunque il termine "essere" non è lo stesso quando è riferito a Dio o alle creature. Tra l’essere di Dio e quello delle creature non vi è né identità né assoluta opposizione bensì analogia. Le creature, in quanto esistenti, sono simili a Dio ma Dio non è simile a loro : ecco il principio della analogicità dell’essere (analogo = simile ma di proporzioni diverse). In più, le creature hanno l’essere perché viene dato loro da Dio, il quale partecipa (=dona) loro l’esistenza. Così le creature hanno l’essere per partecipazione, mentre Dio è l’essere per essenza. La distinzione fra l’essere creato e l’essere eterno di Dio porta con sé due importanti conseguenze. In primo luogo permette a Tommaso di salvaguardare l’assoluta trascendenza (superiorità, diversità, alterità, soprannaturalità) di Dio nei confronti del creato e delle creature e di evitare ogni forma di panteismo (che identifica Dio col mondo). In secondo luogo, l’analogicità dell’essere rende impossibile un’unica scienza dell’essere : accanto alla filosofia vi è adesso la scienza che riguarda l’essere necessario e cioè la teologia, la quale è superiore in dignità a tutte le altre scienze, le quali, nei suoi confronti, diventano "ancelle della teologia". Questo concezione porterà, fra l’altro, ad una graduale svalutazione dello studio della natura, che verrà a fatica ripreso solo più tardi, nel Rinascimento e oltre.

LE PROVE DELL’ESISTENZA DI DIO O LE "CINQUE VIE" : Anche se Dio è il primo nell’ordine degli esseri, non è però primo nell’ordine delle conoscenze umane, le quali iniziano dai sensi, mentre Dio è invisibile. E’ dunque indispensabile dimostrare che Dio esiste pur essendo invisibile, partendo allora dagli effetti, dalle creature, dal mondo visibile e mostrando come essi non siano spiegabili se non rifacendosi a Dio. Le prove dell’esistenza di Dio devono essere perciò a posteriori cioè a partire dalla nostra esperienza del mondo e non a priori ( che parte dal concetto di Dio per dedurne l’esistenza, come l’argomento ontologico di S. Anselmo, che Tommaso rifiuta per motivi che vedremo più avanti). Tommaso elabora così "cinque vie" per giungere a dimostrare che Dio esiste. La prima via è quella del moto, ed è desunta da Aristotele. Essa parte dal principio che tutto ciò che si muove è mosso da altro. Ora, se tutto ciò che è mosso a sua volta si muove, bisogna che anch’esso sia mosso da un’altra cosa e questa da un’altra ancora. Ma non è possibile andare all’infinito altrimenti non vi sarebbe un primo motore e neppure gli altri muoverebbero : infatti il processo all’infinito sposta solo il problema e non trova la ragione ultima del mutamento (in altri termini, il processo all’infinito spiegherebbe la trasmissione del moto ma non la prima origine e causa del moto). E’ dunque necessario arrivare ad un primo motore non mosso da altro, e "tutti riconoscono che esso è Dio". Da notare che questo moto non è soltanto meccanico e fisico ma metafisico : dovunque c’è moto e quindi divenire che non basta a se stesso, c’è imperfezione che non ha in sé la sua spiegazione e richiede quindi l’intervento di Dio. La seconda via è quella causale. Nel mondo vi è un ordine tra le cause efficienti (causa efficiente è ciò che da origine a qualcosa) ma è impossibile che una cosa sia causa efficiente di se stessa, perché altrimenti sarebbe prima di se stessa, il che è assurdo. Anche in questo caso è impossibile un processo all’infinito, dunque bisogna ammettere una prima causa efficiente "che tutti chiamano Dio". Rispetto alla prima via, qui si tratta della causalità efficiente, da cui dipende non solo il divenire ma l’essere delle cose. Dunque Dio non è solo il principio del divenire ma anche la causa, l’origine suprema di tutto ciò che esiste, che è da Lui conservato e creato,pur senza eliminare l’azione delle cause secondarie. La terza via è basata sul rapporto tra il possibile e il necessario. Vi sono cose che possono essere e non essere : infatti alcune nascono e finiscono, il che vuol dire appunto che sono possibili, possono essere e non essere. Ora, è impossibile che tutte le cose di tal natura siano sempre state, perché ciò che può non essere un tempo non esisteva. Se dunque tutte le cose possono non essere, in un dato momento non ci fu nulla nella realtà. Però, se questo fosse vero, anche ora non esisterebbe nulla, perché ciò che non esiste non comincia ad esistere se non per qualcosa che già esiste. Dunque non è vero che tutti gli esseri sono possibili ma bisogna ammettere che nella realtà vi sia anche un essere necessario, "e questo tutti dicono Dio". La quarta via è quella dei gradi di perfezione. Si trova nelle cose il più e il meno di ogni perfezione, cioè di bene, vero, bello ecc. Vi sarà dunque anche il grado massimo di tali perfezioni e "questo chiamiamo Dio". In altri termini, se gli enti hanno gradi diversi di perfezione, vuol dire che questi gradi non derivano dalle loro essenze, e dunque significa che li hanno ricevuti da un essere che dà senza ricevere, perché è la fonte di ogni perfezione, e cioè Dio. La quinta via è quella desunta dal governo delle cose. I corpi fisici (pianeti, stelle ecc.) operano per un fine, come appare dal fatto che operano quasi sempre allo stesso modo per conseguire la perfezione; donde appare che non a caso, ma per una predisposizione, raggiungono il loro fine. Ora, ciò che è privo di intelligenza non tende al fine se non perché è diretto da un essere conoscitivo e intelligente, come la freccia viene scoccata dall’arciere. Vi è dunque un essere sommamente intelligente da cui tutte le cose naturali sono ordinate ad un fine, "e questo essere chiamiamo Dio".

LA TRINITA’, L’INCARNAZIONE E LA CREAZIONE DAL NULLA : Le verità fondamentali del cristianesimo – Trinità e Incarnazione – non sono dimostrabili con la semplice ragione però la ragione può cercare di chiarire in misura sufficiente il loro contenuto, mostrando che quello che rivela la fede non è impossibile. Per quanto riguarda il dogma della Trinità, la difficoltà è capire come l’unità della sostanza divina si possa conciliare con la trinità delle persone. Tommaso si serve a questo riguardo del concetto di relazione. Le persone divine sono costituite dalla loro relazione di origine : il Padre dalla paternità, cioè dalla relazione col Figlio; il Figlio dalla filiazione o generazione, cioè dal rapporto col Padre; lo Spirito dall’amore, cioè dalla relazione reciproca tra Padre e Figlio. Queste relazioni non sono accidentali in Dio (non vi può essere nulla di accidentale in Dio) ma reali : sussistono realmente nella essenza divina. Proprio l’essenza divina, dunque, nella sua unità, implicando le relazioni, implica la diversità delle tre Persone. Nell’Incarnazione, la difficoltà sta nel comprendere la presenza, nell’unica Persona di Cristo, delle due nature, divina ed umana. Ora, l’essenza o natura divina è identica con l’essere di Dio : Cristo ha natura divina ed è appunto Dio, sussiste come Dio, come persona divina. Egli è quindi una sola persona, quella divina. Data però la separabilità di essenza ed esistenza, Cristo, in quanto Dio, ha potuto benissimo assumere la natura umana (cioè l’anima razionale ed il corpo) senza essere "persona" umana. Si ricordi, a questo riguardo, il significato dei termini "persona" e "natura". La "persona" indica una realtà distinta, che sussiste di per sé; la "natura" o "sostanza" o "essenza" indica ciò che è in comune ad individui della stessa specie, che quindi non esiste in sé ma solo nelle "persone" a cui è comune. Riguardo poi il problema della creazione dal nulla, Tommaso ritiene che non si possa dimostrare né l’inizio nel tempo né l’eternità del mondo e perciò lascia via libera per credere alla creazione nel tempo. L’essere del mondo viene da Dio : il fiat divino ha dato origine alle cose ma non si inserisce in una successione temporale. E’ un atto creativo che chiama le cose all’essere o, meglio ancora, fa che l’essere sia.

 
 
Cari saluti a tutti

Futuro
 
 



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Respuesta  Mensaje 2 de 2 en el tema 
De: Lietta Enviado: 28/01/2014 03:59


Per oltre due millenni gran parte dei cristiani ha considerato, e considera tutt’ora, la figura di Tommaso come un discepolo piuttosto ottuso e di poca fede, diventato simbolo degli increduli. Quanti di voi hanno pronunciato o ascoltato la seguente esclamazione: “Io sono come San Tommaso, se non vedo non credo!” ? Tutto questo accade perché nel vangelo di Giovanni compare narrato il seguente episodio (Gv 20, 19 – 25):

“La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”. Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”. Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Poi disse a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!”. Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!”

Detto in termini moderni, Tommaso ha fatto la sua figura di m… , passando per il dubbioso, per l’apostolo che non capisce né chi è Gesù, né quello che dice, e non crede alla testimonianza dei compagni.
 Fin qui la bufala può anche reggere, ma iniziano a sorgere i primi dubbi, soprattutto per chi ha un po’ di conoscenza storico/cristiana: innanzitutto Tommaso non era uno qualunque, ma è uno dei dodici apostoli, il Gemello (Didimo), e nel cristianesimo delle origini molti lo veneravano come un apostolo straordinario, quello al quale Gesù aveva affidato le sue parole segrete e che Tommaso scrisse (o chi per lui) nel Vangelo di Tommaso; considerato un vangelo apocrifo dalle Chiese cristiane moderne, perchè non rispetta il canone (A tal proposito, consiglio la lettura del mio articolo: Chi Ha Scelto I 4 Vangeli Canonici ? E Perché?). Ora la bufala inizia già a trasformarsi in ‘puzza di bruciato’, anche perché i vangeli sinottici di Marco, Matteo e Luca, citano Tommaso soltanto come uno dei dodici e non come il ‘rimproverato’.
Luca (Lc 24,33-36) racconta così lo stesso episodio narrato da Giovanni:
“Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?».Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.”

E questo è il passo narrato da Matteo (Mt 28,16-20):
“Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».”

A questo punto bisogna anche precisare che i vangeli sinottici sono stati scritti prima di quello di Giovanni, infatti secondo gli storici Marco è stato scritto verso il 70 per i Romani, Matteo e Luca tra il 70 e il 100, rispettivamente per gli Ebrei e i Greci, e quello di Giovanni il 100 per tutti. Quindi Luca e Matteo, nel narrare gli episodi, non sono loro ad omettere ‘il rimprovero di Tommaso’, ma è Giovanni che compie una rielaborazione tarda e letteraria di materiale precedente più o meno storico, e vi include libere variazioni sui temi della vita di Gesù. La bufala creata da Giovanni sembra essersi bruciata del tutto, ma versiamoci sopra ancora dell’altra benzina.
 Se infatti Giovanni offre questo ritratto di Tommaso l’incredulo, è per motivi polemici e pratici, in poche parole, per screditare i seguaci e la predicazione del vangelo di Tommaso. Sempre nel vangelo di Giovanni (e solo nel suo!!), troviamo altri due passaggi che ‘inquinano’ la figura di Tommaso; il primo aneddoto riguarda la vicenda in cui Tommaso ascolta Gesù dire che tornerà di nuovo in Giudea (nonostante da poco avessero tentato proprio lì di lapidarlo) per svegliare Lazzaro dalla morte. Ed è a questo punto che secondo Giovanni, Tommaso non credendo ai poteri divini di Gesù, dice sarcasticamente:
“Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».” (Gv, 11,16)
 Il secondo episodio, racconta di un Gesù che con il presentimento dell’imminente arrivo della propria morte, esorta i discepoli ad avere fede in Dio e in lui, ma Tommaso sembra l’unico discepolo inconsapevole e poco perspicace:
“Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via.»
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».” (Gv 14,3-7)

Il povero Tommaso insomma, nel vangelo di Giovanni, svolge sempre la parte del dubbioso, dell’ottuso e dell’incredulo. Ma è la verità? Io direi che è molto improbabile e soprattutto l’episodio Gv 20, 19 – 25 che ho riportato all’inizio dell’articolo ma che cronologicamente è narrato come successivo a questi due ultimi episodi riportati, è la scena con cui Giovanni assesta il colpo di grazia a Tommaso, con la bufala del “se non vedo non credo”. Apro una breve parentesi per ricordare che “il termine bufala può indicare nella lingua italiana un’affermazione falsa o inverosimile. Può perciò essere volta a ingannare il pubblico, presentando deliberatamente per reale qualcosa di falso o artefatto.” (wikipedia).
 Il senso ‘nascosto’ del Tommaso ‘non presente’ (Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù) è che lui non è un eletto, non ha ricevuto lo Spirito Santo (Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi) e non ha il potere, a differenza di coloro che erano presenti, di assolvere i peccatori. E, come se non bastasse, gli fa dire a Tommaso le parole poi divenute proverbiali e che tutt’oggi i cristiani associano alla sua figura. Giovanni quindi, e lui soltanto, crea un ritratto polemico e non del tutto benevolo del discepolo Tommaso, per mettere in questo modo in ridicolo coloro che veneravano un maestro e una versione degli insegnamenti di Gesù che egli reputava infedele e falsa.

L’antagonismo tra i due nasce in quanto il messaggio evangelico di Giovanni è in forte contrasto con quello di Tommaso. Tommaso infatti, nel suo vangelo, raffigura un Gesù che esorta ogni discepolo a scoprire la luce nascosta nella propria interiorità e insegna a ripetere “siamo venuti dalla luce”, “Il Regno è dentro di voi”, mentre Giovanni riconosce Gesù come unico figlio di Dio, è cerca di imporre la sua certezza assoluta che solamente la fede in Gesù offre la salvezza (“Chi va oltre e non rimane nella dottrina di Cristo, non ha Dio. Chi rimane nella dottrina, ha il Padre e il Figlio.” 2 gv 9). Ed è così che il vangelo della ‘salvezza’ ha vinto sul vangelo che invita alla ‘conoscenza’. Il vangelo di Giovanni è rientrato tra i 4 canonici grazie ad Ireneo, quello di Tommaso invece, considerato apocrifo, eretico e fuorviante, è stato fatto bruciare e non viene riconosciuto come sacro dalla chiesa cattolica. Non solo, oltre al vangelo di Tommaso, tra gli antichi testi ritrovati a Nag Hammadi vi sono anche “gli Atti di Tommaso” e ‘il libro di Tommaso il Contendente’.

Una bufala pesante, che mette in cattiva luce e fuori gioco una figura straordinaria di quello che viene considerato lo gnosticismo cristiano e che ci rivela in realtà una spiritualità intrinseca e legata all’individuo, in una visione della realtà spirituale che non necessita di tramiti o oracoli della divinità, ma che scruta le profondità dell’uomo e lo porta a riscoprire la divinità che non è estranea, ma scintilla viva al nostro interno.
 Sta noi il compito di cercare in noi stessi la via della consapevolezza: il Risveglio.




 
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