l Duomo di Cosenza è tra i più noti e particolari edifici sacri dell’Italia Meridionale, dal 12 ottobre 2011 è diventato “Patrimonio testimone di una cultura di pace dell’UNESCO”. L’edificio è situato in Piazza Duomo, la vecchia Piazza Grande, un tempo baricentro della Cosenza ottocentesca testimone di ogni sorta di avvenimento di primo piano che caratterizzava la vita della città.
Le sue origini sono ignote, ma secondo gli studi architettonici ed i numerosi saggi effettuati alla fine degli anni ’40 del Novecento, si può ritenere opera della metà dell’XI secolo. Il 9 giugno 1184 un disastroso terremoto che sconvolse Cosenza e la sua provincia, provocò il crollo della chiesa sotto le cui macerie finirono l’arcivescovo Ruffo ed il popolo dei fedeli.
La ricostruzione fu lenta e nel 1222, alla presenza dell’imperatore Federico II, il Duomo venne solennemente consacrato; in quell’occasione, secondo la tradizione, il sovrano fece omaggio alla chiesa cosentina di una preziosa croce reliquiario meglio nota come Stauroteca.
Nel corso della sua lunga storia il sacro tempio subì numerose manomissioni, a volte per necessità, spesso solo per aderire a mode o gusti del tempo. Sarà necessario giungere alla fine del XIX secolo per avere una fase di rinascita per il Duomo, quando furono portate alla luce le strutture della primitiva chiesa e tutte le altre linee originarie. La facciata presenta una divisione in tre parti nello sviluppo trasversale della zona basamentale corrispondente alla divisione interna in tre navate, ed è dominata da un antico rosone inizialmente polilobato con due rosoni più piccoli che sovrastano i portali. Il tutto in stile gotico cistercense ravvisabile anche nell’Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore.
All’interno, la cappella della Madonna del Pilerio, dove è custodito l’omonimo dipinto su tavola. L’opera rappresenta uno dei prodotti artistici più rilevanti di un vasto movimento artistico-culturale che ebbe a subire sia gli influssi del bizantinismo aulico delle opere messinesi del secolo XIII, sia le affinità delle ricerche plastiche perseguite dai maestri toscani pre-cimabueschi fino ad inserirsi in una linea che unisce Monreale, Messina e la Campania.
L’immagine che viene adoperata per la Madonna del Pilerio, è quella della Galaktotrophusa, cioè allattante. In questo caso, l’area di pertinenza dell’opera appare impregnata dell’ondata di cultura costantinopolitana importata in Campania. La cappella dell’arciconfraternita Orazione e Morte dove furono poste le spoglie dei Fratelli Bandiera e quelle dei loro compagni. Nel 1867 furono traslate a Venezia e sepolte nella Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo. Tuttavia quelle degli altri martiri cosentini, riposano ancora nella cripta della cappella. Nel transetto, è posta una scultura che è sui libri di storia dell’arte come uno dei primi esempi di gotico francese in Italia: il monumento funebre di Isabella d’Aragona, moglie di Filippo l’Ardito re di Francia. Dell’opera, di artista francese, si era persa ogni traccia, perché murata durante il rifacimento settecentesco della chiesa. Fu ritrovata casualmente nel 1891 mentre si effettuavano dei lavori nei pressi della parete sinistra del transetto.
Sulla navata destra è posto il sarcofago di Meleagro di epoca tardo antica, ma anche probabile rifacimento medievale su uno schema frequente, contenente delle ossa che potrebbero appartenere ad Enrico lo Sciancato, figlio di Federico II, secondo alcuni morto suicida, secondo altri per mano dello stesso imperatore. Da osservare ancora un crocifisso ligneo del ‘400 che mostra un’evidente espressività tardo gotica, visibile in alto, nel tresetto, e proveniente dalla cappella della famiglia Telesio, oggi non pià esistente, che probabilmente, conteneva anche la tomba del filosofo Bernardino improvvisamente dimenticata e dispersa sia dalle autorità ecclesiastiche che da quelle municipali.
Nei pilastri di fronte al sarcofago, resti di affreschi del XIV secolo raffiguranti l’Annunciata e l’Angelo annunciante. Accanto frammenti del primitivo pavimento di epoca sveva rivenuto in un’antica cappella che ci fa ritenere che al tempo della sua fondazione il Duomo, oltre ad essere interamente affrescato, fosse pavimentato a mosaico a somiglianza del Patirion di Rossano e della chiesa di Sant’Adriano a San Demetrio in Corone.
Luigi Bilotto