Ricordo quel pomeriggio: a tratti la pioggia si placava, per poi crescere nuovamente d’intensità con il vento. La stanza era buia, la mente incapace di lavorare. Presi uno strumento e incominciai a suonare la canzone della stagione delle piogge. Lei giunse dalla stanza vicina, sostò un istante sulla porta per poi ritirarsi nuovamente. Dopo riapparve, indugiò ancora sulla soglia, avanzò lentamente e sedette. Aveva un ricamo tra le mani, abbassò gli occhi e incominciò a lavorare. Dopo breve tempo smise il lavoro e rimase a guardare fuori, verso gli alberi velati dalla pioggia. Quando il temporale si placò, interruppi la musica. Lei si alzò e andò a pettinarsi. Solo questo, solo un pomeriggio di pioggia: musica, ozio e penombra. La storia riferisce sempre di guerre e di re. Questa piccola storia di un pomeriggio resta celata nella scatola del tempo, come una pietra rara. Soltanto due esseri la conoscono realmente. In questo luogo è ormai sceso il tramonto. O sole, in quale paese, su quale spiaggia stai ora sorgendo? Qui nella sera trema il fiore di rayanigandha, come una fanciulla velata dinanzi alla porta della camera nuziale. Dove si sta aprendo ora lo champaka, il giallo fiore del mattino? Chi si sta destando? Chi ha spento la lampada accesa al tramonto, gettando la ghirlanda di fiori di sheuti intrecciata nella notte. Qui a una a una le porte si chiudono, là si aprono le finestre. Le barche qui sono già state ancorate alla spiaggia e i marinai ormai dormono, là il vento gonfia le vele. Usciti dalle loro case quei marinai hanno già ultimato i preparativi per il viaggio e ora camminano verso occidente, con il sole del mattino in fronte: dalle finestre che si affacciano sulla strada li fissano sguardi accesi di desiderio.
La strada che si apre dinanzi a loro sembra dire che tutto è pronto: la speranza di successo pulsa in loro come il ritmo del sangue. Qui invece, nel tramonto ormai grigio, tutti stanno scendendo dall’ultimo traghetto del giorno. Il letto nel cortile della casa è pronto: qualcuno è solo, altri sono stanchi. La strada si perde nella notte, parlano sommessamente del lavoro svolto nel giorno; quando il colloquio si interrompe restano in silenzio e poi guardano in alto, sopra il cortile, verso la costellazione dell’Orsa che è già sorta nel cielo. O sole, alla tua sinistra è il tramonto, alla tua destra l’alba, fa’ che essi s’incontrino e che l’ombra dell’uno riceva la luce dell’altra! E che la canzone della sera possa benedire quella del mattino.