Il nazionalismo, almeno quello italiano, a me sembra un concetto superato da due lati.
Da un lato, superato da un concetto di Europa, per quel che vale e per quel che ciascuno lo sente dentro di sé. E comunque mi rimane qualche dubbio: cosa può fregare a un Olandese di sentirsi mio concittadino? O a un Tedesco? O a un Inglese, meglio ancora? Però mi sembra contraddittorio sventolare la bandiera dei ventisette e intanto fare della propaganda italiota.
Dall'altro lato, superato dai campanilismi padanismi meridionalismi.
Insomma, un concetto un po' vago e soggetto alle mode del momento. Fermo restando che G. B. Shaw diede una definizione del nazionalismo che ho fatta mia: è il sostenere che il nostro paese è il migliore semplicemente perché vi siamo nati noi. E, aggiungo, per mostrarci noi migliori di quel che siamo, avendo poco o niente di nostro, vantiamo all'eccesso il nostro paese come fa quel deficiente che conosciamo. Non è la prima volta che cito il commediografo (e il deficiente): quanto dice secondo me è troppo reale.
O Claretta, dalla tua interessante disquisizione si comprende anzi conferma quanto tutto sommato si sa: nella storia, caduta Roma, l'Italia e relativi regni non 'si sono fatti', ma 'sono stati fatti' da altri. A conferma della seconda strofa dell'Inno di Mameli...
Fini non sta nel brodo primordiale: galleggia nel brodo stantio e proclama la canzone di Modugno 'Siamo rimasti in tre' inno di FLI. Poi, vabbe', un posto da deputato per lui e accoliti non mancherà mai, l'importante è candidarsi in collegi sicuri. Andare ad Arcore facendo finta che sia Canossa? Improponibile, sia per lui che per Berluzzo; o almeno credo, chissà, la politica è l'arte del possibile.
Quello che mi lascia come sempre senza parole è lo slogan con il quale FLI si differenzierebbe (il condizionale è d'obbligo) dal PDL: noi siamo buoni, bravi e onesti. Solita musica per più orchestre, lo dicono tutti. Ma si può fare propaganda in questi termini? O l'elettorato è talmente imbecille da dar retta a questi autoproclami di verginità, e allora fa bene chi lo fa a dire di essere onesto e bello e buono? Qui come al solito si finirà col votare a simpatia, ecco, uno voterà Fini perché è onesto, un altro magari Bersani perché è più onesto ancora... ma i programmi? Le leggi? Ossia, ciò che servirebbe in un sistema perché chi onesto non fosse, chi non dovesse lavorare per il bene del paese, se ne tornasse donde era venuto?
Che senso ha votare un gruppo perché questo si definisce 'onesto'? Primo: come controllare la veridicità di questa affermazione? Secondo, se una volta al potere questo gruppo si mette a pappare, ovvero se il nuovo capobastone è un ladrone, cosa rimane dello slogan, della fama di quel gruppo, sia pure essa un tempo meritata?
Oltre alla semplice considerazione per la quale un qualsiasi forza politica dovrebbe essere 'onesta' prima di tutto, insomma, che questa caratteristica dovrebbe essere implicita, che non andrebbe nemmeno citata essendo automatica, propedeutica, necessaria eccetera, è questa 'onestà' un programma elettorale? Cosa dovrebbe garantire all'alettorato sul piano della funzionalità, del dinamismo, della risoluzione dei problemi sia quotidiani che di maggior respiro?
...Però, ripeto, se all'elettorato basta sentirsi dire questo, chino la fronte.