Sonetto dedicato a uno de li mejo dell'urtimi de Roma. ossia, a Maccarello.
Tipico personaggio romano conduttore di una trasmissione radiofonica intitolata appunto: “l’urtimi de Roma”
dove venivano ospitati e si esibivano con grande successo d’ascolto:
cantanti, musichi e poeti. Tutti obbligatoriamente, in lingua romanesca.
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A un personaggio come Maccarello,
ribbardo, schietto, burbero e a la mano,
ognun de noi, romano o nun romano,
dovrebbe faje tanto de cappello!
Tu senteje er parlà da popolano,
vardeje er grugno, allegro o da cortello,
arguto o da bugiardo e ner cervello,
t’affiora no scenario ormai lontano.
Titta, Pasquino, er Conte Tacchia, er Belli,
Nino de Ponte, Straccaletto, er Sòla!
tu guardi Lui e te sembra de vedelli.
E Roma? Roma se lo culla e gode!
Pe avé tra li su fij sto caposcola,
degno tutt’ora a faje da custode.
Tebro.
grande Maccarello, purtroppo non più tra noi.