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General: un fascino strano
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De: Claretta (Mensaje original) |
Enviado: 11/05/2011 01:00 |
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bene, vedo che nessuno ha fatto commenti e allora penso che qui nessuno si ricaorda
di Walter Valdi, nemmeno la milanese sonja (ma è poi davvero milanese?)
eppure Valdi ha fatto teatro, televisione e cinema, ed è stato il maestro di scena di Gaber,
Jannacci, Pozzetto e molti altri che si sono esibiti al Derby
figlio di un avvocato, abitava in Viale Monza e quando divenne avvocato aprì lo studio
in via Pdgora, ma già durante l'università frequentava la scuola di mimo del Piccolo Teatro
e ben presto gli furono assegnati dei ruoli in palcoscenico
non dimentichiamo che il Piccolo Teatro divenne subito famoso nel mondo per l'Arlecchino
servitore di due padroni, interpretatto da quel grandissimo attore, ma soprattutto mimo, che
fu Marcello Moretti, e anche Dario Fo frequentava la scuola di mimo del Piccolo
il primo ruolo importante Valdi lo ebbe interpretando il sagrestano nella Tosca, all'Arena di
Verona, poi Giorgio Strehler lo scritturò per fare l'oste muto nel Falstaff alla Scala
nel cinema ebbe ruoli in film molto importanti di registi come Lizzani e Olmi
ma la notorietà presso il grande pubblico gli arrivò dalla televisione nel 1963 con La Fiera dei Sogni
condotta da Mike Bongiorno
Valdi era anche musicista, scrittore, commediografo e poeta, ha scritto canzoni che vennero
interpretate da Jannacci, Gaber, Lauzi e Cochi e Renato
tutto questo e molto altro potete trovarlo anche su wiki
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però Valdi era soprattutto il contore di Milano, ne coglieva tutti gli aspetti che rendono Milano unica
al mondo, nel suo essere tanto avveniristica quanto tradizionale e sapeva interpretarla con uno stile
autenticamente milanese di surreale e ironico umorismo
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Be', però 'Faccia de cul de un can de caccia' è un'espressione, come dire, molto... produttiva. |
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e una espressione prettamente meneghina, ma l'ho sentita anche
nel novarese
non l'ha inventata lui, è proprio antichissima, nasce dal fatto che
il cane da caccia esibisce il culo alzando la coda, quando è sulla
pista, e in quel modo si fà seguire
"andà adrè a una tusa" a Milano significa fare la corte a una ragazza,
stare sulla sua pista
"perdess adrè a una donna che la gh'ha una faccia de cul de can de
caccia" significa il massimo della idiozia
a dire la verità mio marito non usa quella espressione, dice "faccia
da paracarro", ma lui non è milanese, è lomdardoveneto
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Non lo conoscevo. Peccato. |
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Claretta, ma il buon Carlo Porta quando parlava dei "paracarr che scappèe de Lombardia" a chi diavolo si rivolgeva? |
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ai francesi battuti dagli austriaci
Milano sotto l'occupazione dei francesi era stata completamente
dissanguata, rapinata e violentata
anche i milanesi, come Beethoven, avevano avuto modo di
ricredersi e passare dall'entusiasmo per l'eroica epopea napoleonica
alla disperazione per quella che era divenuta la peggiore delle
dominazioni straniere
appunto dei paracarri che occupavano il suolo, arroganti e spietati,
altezzosi e sprezzanti, ingordi vampiri di ogni risorsa e di ogni bene
dei cittadini
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Paracar che scappee de Lombardia se ve dan quaj moment de vardà indree dee on'oggiada e fee a ment con che legria se festeggia sto voster sant Michee.
E sì che tutt el mond sa che vee via per lassà el post a di olter forastee che per quant fussen pien de cortesia voraran anca lor robba e danee.
Ma n'avii faa mò tant violter balloss col ladrann e coppann gent sora gent, col pelann, tribolann, cagann adoss,
che infin n'avii redutt al punt puttanna de podè nanca vess indiferent sulla scerna del boja che ne scanna.
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Paracarri che scappate dalla Lombardia
se vi danno qualche momento per guardare indietro
date un'occhiata e fate mente con quale allegria
si festeggia questo vostro San Michele
E sì che tutto il mondo sa che andate via
per lasciare il posto a degli altri forestieri
che per quanto fossero pieni di cortesia
vorranno anche loro roba e soldi
Ma ne aveta talmente tante voialtri delinquenti
con derubare e accoppare gente su gente
col pelarla, tribolarla, cagarle addosso
che infine l'avete ridotta al punto di sputtanamento
di non potere neanche essere indifferente
sulla scelta del boia che la scanna |
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Ministro delle Finanze del napoleonico Regno d'Italia era il conte
Giuseppe Prina che risanò le finanze a suon di tasse, che pesarono
soprattutto sui cittadini milanesi
i quali dopo l'allontanamento dei francesi lo cercarono e lo linciarono
nella attuale via Manzoni a forza di ombrellate
fu una feroce vendetta, ma nella poesia del Porta se ne ritrovano le
motivazioni
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De: sonja |
Enviado: 12/05/2011 17:45 |
Amica e compaesana Cla', ti tolgo il dubbio.
Sono milanese da almeno tre generazioni. Ma mentre per mio nonno materno e mia nonna paterna anche scavando non si va mai oltre i bastioni, mio nonno paterno pare abbia ascendenti vicino a mortara, mentre mia nonna materna, l'unica che mi ha insegnato a vivere e anche a morire, aveva i nonni di sant'angelo, nel lodigiano.
Già, i sant'angiolini, ladri e assassini secondo un detto, secondo un altro una stirpe di commercianti. "Vott'etti a tutti, nov'etti a un quei vun, un chilo a nisciun", insomma vendevano formaggi, e per un chilo, otto etti lo davano a tutti, nove etti a qualche cliente affezionato, ma un chilo a nessuno.
Il padre di mia nonna era gelataio, quando però non esistevano non dico i freezer, ma neppure i frigoriferi. Mia madre non ha mai saputo - voluto - tramandare la ricetta del gelato che mia nonna faceva in casa, con un frigo basso senza congelatore e senza galatiera. In compenso mia nonna mi istruiva sul mondo: "stai lontana dalla polizia", e lei lo sapeva, visto che i fascisti, no, la polizia dei fascisti, l'ha portata in caserma un paio di volte perché parlava troppo. Del governo. E' rimasta vedova giovane. Quest'anno ne avrebbe compiuti 103.
L'ho vista morire, e per una ragazza di vent'anni è un'esperienza strana. Poi si elabora. Poi si capisce. No, non si può capire, semplicemente si accetta.
Mia nonna era un genio, e solo col senno del poi ho capito quello che faceva e diceva.
Ci sono persone che piantano i datteri, e sanno che non li mangeranno.
Mia nonna aveva piantato una palma da datteri. Mio figlio li assaggierà. |
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in realtà solo per la famiglia di mia madre c'è una documentata e plurisecolare
certezza di meneghinità
il cognome di mio padre arriva da un tedesco del Volga, venuto in Italia ai tempi
della guerra di Crimea, in compagnia dei figli della moglie uzbeka
comprò un terreno a San Colombano al Lambro e si dedicò alla viticoltura,
uno dei figli invece venne a Milano e andò a lavorare alla Breda dove costruivano
i primi treni italiani
inutile dilungarsi con l'albero genealogico, ma in pratica fino ai sette anni io crebbi
in casa di un nonno di Sabbioneta e di una nonna mantovana
insomma la famiglia di mio padre era una famiglia operaia e contadina, socialista e
niente affatto milanese
debbo dire però che la milanesità consiste proprio nel fare diventare milanesi tutti
quelli che arrivano
ed è così fin dalla notte dei tempi
Valdi del resto era nato in Brianza da famiglia brianzola
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De: skikko |
Enviado: 12/05/2011 19:43 |
un brianzolo.....
razza infame! |
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E' bello sapere da dove si viene; al limite, si dirà, non serve a nulla... ma invece serve.
Io so che la famiglia di mia madre è radicata nel vicentino, provincia e altipiani di Asiago compresi. Ma si mormora anche di Alto Adige passando per Verona, anche se non è cosa certa: insomma, notizie di lungo raggio non ne ho, arrivo ai bisnonni. Per risalire il mio albero genealogico paterno, poi, dovrei interpellare qualche odvetnìk (avvocato) di Rijeka ossia Fiume; un giorno lo farò.
Stasera m'è toccato spiegare a Pico perché si chiama Giuliano, a scuola hanno assegnato un compito sulla famiglia e relative origini. Ho cercato di semplificare ma la storia è lunga e ancora, temo, al di sopra delle sua capacità di assimilazione. Forse gli sarà rimasto impresso il fatto che mio nonno Enrico, sofferente d'asma per la quale morì all'età che ho io adesso, durante i bombardamenti sopra Fiume, a causa del suo malanno, non poteva entrare nei rifugi e si metteva sul balcone a godersi la scena...
PS: Non posso dire di conoscere a fondo Carlo Porta, ma non lo avevo mai letto così incazzato. Ottimo sonetto-invettiva! |
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