(Dove tutto cominciava.)
Arrivava, scorrendo nel fosso nascosto da due filari di robinie che la stagione rendeva malinconiche, nostalgiche di altri tempi che le avevano viste meravigliose di fiori e profumo.
Arrivava, da sotto il ponticello fatto di involto di mattoni, e brillava di stelle rubate al sole, luci che il fogliame di platani burberi lasciava passare con sempre più frequenza.
Portava i segni dell’incanutirsi della natura, accentuando la freschezza dell’aria che le brume dipingevano d’opale all’orizzonte, e odorosa d’aroma di muschio.
Nelle piccole anse, trascurate dalla corrente e regno di idrometre che nell’estate vi danzavano irridenti, si soffermavano le foglie ovali, non secche né appassite: colorate dall’autunno, di giallo e di rosso.
Parlava, con tono tranquillo e mai noioso, finendo nel guado dove si abbeverava giornalmente il bestiame, e dove su di un lato c’era il lavacro in pietra. Il sole era caldo e luminoso, ma l’ombra era fresca, e una brezza tiepida trasformava in piacere un brivido; l’acqua limpida lasciava intravedere sul fondo le sottili alghe allungate nel senso della corrente lieve, che le ondulava.
Parlava nel silenzio del cielo orfano di rondini.
- Arrivò col cesto di vimini sottobraccio ricolmo di biancheria ed un sapone bruno, tagliato rozzamente; entrò nell’acqua che le arrivava quasi al ginocchio e rovesciò sulla pietra i panni; poco dopo, più avanti, una nuvola di sapone intorbidì il flusso di cristallo, prima di essere dissolta.
Persi il filo delle parole.
Uno schiocco secco, poco lontano, nel trèpol, dimora del maestoso noce, scosse dal sonno Poki, accovacciatovi sotto, sull’erba verde, spessa e soffice, ed attirò la mia attenzione.
Presi un sasso da fosso e corsi verso l’albero profumato di tannino; cercai e trovai il piccolo frutto che ruppi subito; Poki si rassicurò e tornò a dormire. Nell’ancora giovane pomeriggio le ombre erano lunghe.
Altre nuvole scorrevano nel fosso.
Finiva dove il filare di gelsi segnava l’inizio della montàsela.
(Dove tutto finiva.)