Le foglie ancora abbondanti nonostante la stagione raccoglievano la pioggerella fredda, facendola cadere in grosse gocce che, trapassato il maglione fradicio, sentivo poi scorrere sulla pelle, comunque oramai intorpidita.
Spostai delicatamente i rami di un cespuglio di rovi che coprivano un ciocco marcescente di robinia, che sapevo essere lì; il cespo era grosso, ed i funghi, che partendo dalla base si allargavano quasi come i petali di un grosso fiore, avevano il gambo carnoso e il piccolo cappello scuro, dalla superficie scivolosa, ed il piacevole profumo tipico della specie.
Le mani, oltre che ad essere intirizzite, erano provate da spine e ortiche, ma improvvisamente dolori, fastidi e freddo passarono, di fronte alla scarica di adrenalina causata dall’euforia.
La raccolta aumentò la collezione di tormenti che comunque erano mitigati da soddisfazione, freddo e acqua; la campagna era odorosa di muschio ed il pomeriggio piovoso , nel suo monotono grigiore, la rendeva pigra ed assonnata.
Era un buon bottino, ma la cosa migliore era il pomeriggio, pur simile a tanti altri, pur diverso da ogni altro.
La lampadina da 25 ‘candele’ riusciva a malapena a scalfire l’oscurità dello stanzone, diviso trasversalmente da una tenda, che separava il reparto notte dal reparto giorno.
L’arredamento del primo era un letto matrimoniale con materasso di piume ed un cassettone con specchio, quello del secondo era un lavandino, un tavolo e otto sedie, ed un armadio.
Stava riempiendo di cortecce secche la pancia della vecchia stufa vissuta a gramaglie, come la famiglia con la quale aveva condiviso miserie e poche fievoli speranze; alzò la testa e lo sguardo burbero e minaccioso mitigò subito in un leggero accenno di sorriso, alla vista della consistenza del sacco che tenevo in mano.
Accese un fiammifero e con esso un moccio di vecchia candela da cimitero, che illuminò l’angolo quasi dimenticato dalla lampadina; prese un foglio di giornale antico e lo passò sulla fiamma della candela, per poi infilarlo nella stufa.
Fumo e scoppiettii accompagnarono il risveglio della stessa; la voglia di calore mi accese in un brivido lungo, e cominciarono a bruciarmi le mani, gonfie e rigate da graffi.
Il ronfare ed il crescente tepore alzavano fili di vapore dai miei abiti che non avevo smesso e che avrei usato dopo che mi si sarebbero asciugati addosso.
Guardò compiaciuta il contenuto del sacco, pregustando sicuramente un pollastro in umido per il giorno dopo, e mi diede un asciugamani per i capelli; lo stanzone si stava riscaldando; non avevo pensieri ed il dormiveglia solleticava la fantasia a bussare alle porte del subconscio, lasciandomi il piacere di emozioni nascoste.
Il battito del coltello sull’asse per pestare il lardo per il soffritto fu l’ultimo saluto alla realtà.