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General: Via Bossi
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Respuesta  Mensaje 1 de 3 en el tema 
De: Merendina  (Mensaje original) Enviado: 09/04/2012 07:01

Ma non placherà la Liga

Giovedì si è sgretolato il mito della diversità leghista. Una fine suggellata dalla potenza dell’inaudito: le dimissioni di Umberto Bossi, l’uomoche nemmeno la più subdola delle malattie era riuscita a relegare in un angolo, il Capo che, nell’iconografia pacificamente riconosciuta fino all’altro ieri da qualsiasi buon militante, soltanto la fine biologica avrebbe potuto separare del suo partito. Suo nel senso più pieno e letterale dell’aggettivo possessivo. Invece, Bossi ha rimesso il mandato di monarca a vita della Lega Nord come il segretario di un partito qualsiasi, coinvolto per responsabilità oggettiva in una mesta vicenda di soldi pubblici amministrati, secondo quanto si legge negli atti d’inchiesta, con la spregiudicatezza del peggior partito qualsiasi. E l’ideale della purezza padana si è mestamente infranto, accompagnato da un senso di sgomento e di tradimento personale che sale da quella moltitudine di leghisti d’ogni rango che, loro sì, hanno incarnato (e praticato) la possibilità di un impegno politico disinteressato. Forse la Lega saprà rigenerarsi, rivelando anche in questo frangente le straordinarie doti di vitalità e di radicamento autenticamente popolare che - piaccia o non piaccia ai suoi molti detrattori - ne hanno fatto un unicum nel panorama politico italiano. Ma il rischio della disillusione è altissimo.

Lo hanno intuito per primi quegli stessi leghisti che, ben prima dello scandalo suscitato dalle gesta di un oscuro dirigente (dirigente?) a nome Belsito, avevano compreso l’ineluttabilità del cambiamento. E non è un caso che certi fermenti siano maturati soprattutto nel Veneto, la «nazione » padana che vanta diritto di primogenitura nella famiglia delle varie Leghe e che, forse proprio per questo, ha ciclicamente mostrato segni di insofferenza verso la leadership assoluta che Bossi e i lombardi hanno esercitato sulla federazione del Nord. In passato furono epurazioni (i nomi di Rocchetta e Marin vi dicono niente?) e scissioni (l’esodo di Fabrizio Comencini, all’epoca segretario nazionale veneto, e di un buon pezzo della classe dirigente del movimento). Poi seguì la pax gobbiana, garantita con assoluta ortodossia rispetto alla linea del Capo dai lunghi anni del governo di Gian Paolo Gobbo sulla Liga Veneta, in rigida applicazione del motto «da soli non si va da nessuna parte». Ma ora, da almeno un anno a questa parte, il Veneto è tornato a ribollire, offrendo scenari di pensiero critico e di azione autonoma del tutto inediti per quanti si erano assuefatti all’apparente monolitismo del Carroccio bossiano. Anzi, si può tranquillamente affermare che la progressiva debolezza della segreteria Bossi abbia conosciuto proprio nel Veneto alcuni dei suoi momenti cruciali: quante volte si è sentito dire, tra gli stessi militanti, che soltanto un anno fa le posizioni «eretiche» sostenute pubblicamente dal sindaco di Verona, Flavio Tosi, sarebbero state messe a tacere con un’espulsione e via? E quanti avrebbero scommesso sul fatto che lo stesso Tosi, nel lungo braccio di ferro con i vertici del movimento, alla fine avrebbe spuntato un compromesso vincente sulla possibilità di presentarsi alle elezioni di Verona con il sostegno di una sua lista «personalizzata»?

E quando mai si erano visti, nell’era bossiana, due leghisti di nome e di vaglia come i trevigiani Bepi Covre e Marzio Favero, sottoscrivere e lanciare pubblicamente, senza essere inceneriti sul posto da una folgore scagliata dal Capo, un manifesto per una nuova Lega? Adesso che il vecchio leone è ferito, anche qualche asino dell’ultima ora gli ha mollato un calcione, chiedendogli di farsi da parte. Ma la china discendente era cominciata ben prima, quando a molti leghisti era apparso fin troppo chiaro che Umberto Bossi non aveva più nelle sue mani il controllo del partito, ed era stato pian piano esautorato dalla cerchia di consiglieri che lui stesso si era scelto. Adesso la Lega riparte da un gruppo dirigente dove il Veneto è rappresentato dalla vecchia guardia: Manuela Dal Lago, già presidente della Provincia di Vicenza e «pasionaria» con un’anima liberale, è entrata a far parte del triumvirato che reggerà il movimento probabilmente fino a un nuovo congresso; Stefano Stefani, parlamentare di lungo corso con una profonda conoscenza delle finanze leghiste, è il nuovo tesoriere del partito. è un segnale, ma c’è da scommettere che non basterà a placare l’ansia di rinnovamento che sale impetuosamente da Nordest.

Alessandro Zuin
06 aprile 2012

TIRA E TASI 



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Respuesta  Mensaje 2 de 3 en el tema 
De: Peterpan® Enviado: 09/04/2012 08:02
...aaah, pensavo volessero dedicare una via al mio amico dal dito medio duro...
Però ci starebbe, come anche una Via Tebro al posto di Via del Corso...

Respuesta  Mensaje 3 de 3 en el tema 
De: Claretta Enviado: 09/04/2012 14:13
mi sembra un articolo più ragionato e più informato di tanti che ci
refilano i pennivendoli paludati
 
la Del Lago è una donna di acciaio
 
e Stefani è il presidente dei massmedia padani, Telepadania è una
sua creatura, sovvenzionata in primis da lui
 
inoltre è il presidente di Padani all'estero (ci sono più veneti in Brasile
che in Veneto)
 
Tosi ha parlato chiaro : "il Veneto ha la metà degli abitanti della Lombardia,
anche se la Lega in Veneto ha una maggiore percentuale di consenso, nel
complesso il numero di voti è minore, inoltre tutte le sinergie che fanno forte
la Lega hanno capo a Milano, non ha senso pretendere che il Segretario sia
veneto, io appoggerei Maroni"
 
tra l'altro Zaia si dice "non pronto a candidarsi come Segretario"
 
giusto che i veneti vogliano avere posti di controllo in Via Bellerio, giusto anche
perchè è tempo che Varese smetta di essere una parrocchia egemone
 
sempre sperando che Maroni sia capace di smontarne l'egemonia, visto che anche
lui appartiene a quella parrocchia
 
e non sto parlando di Umberto Bossi, sto parlando del clan, che non è solo la famiglia
Bossi
 
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
 
PS : la Rosi Mauro DEVE lasciare il Sinpa
 
chiunque può fare meglio di lei, facevano meglio anche quelli che c'erano prima e che
lei ha fatto scomparire
 
non sono più tempi di pagliacciate, non lo sono più da molti anni, non lo erano più
nemmeno quando si doveva lottare per l'occupazione a Legnano, mentre la Tosi e la
Cantoni stavano chiudendo
 
e sto parlando di oltre 10 anni fa



 
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