Scandalo Lega, tripudio ingiustificato
Fermo restando tutto quello che giustamente si può dire, c’è qualcosa di sospetto nel personale tripudio con cui sulla massima parte dei giornali nonché dei radio e telegiornali i cronisti e i commentatori di politica interna si accaniscono nella descrizione dello scandalo che sta squassando la Lega Nord. Si sente venire da questo mondo, ovviamente per lo più romano, come un grande sospiro di sollievo.
E’ istruttivo confrontare il modo con cui viene trattato tale scandalo con quello con cui poche settimane or sono gli stessi cronisti e commentatori trattarono un caso analogo e di analoghe dimensioni, quello relativo alla Margherita e al suo tesoriere.
Qui ogni esecrazione venne concentrata sul tesoriere, nessuno ne dedusse che lo scandalo sarebbe stato fatale per il partito in quanto tale (ora confluito nel PD), nessuno osò domandarsi e domandare come mai né Rutelli né altri maggiori leader del partito non si fossero mai accorti di nulla, e restò inteso che il tesoriere infedele fosse l’unico beneficiario dei fondi scomparsi.
Perché tanta disparità di trattamento?
La risposta possibile è evidentemente una sola: malgrado tutto la Lega Nord ha dato rappresentanza politica a qualcosa di cui, al di là di ogni altra differenza, l’intero “Palazzo” romano ha sommo timore.
Questo qualcosa è un progetto politico che rimette radicalmente in discussione il vigente modello istituzionale dello Stato italiano che in estrema sintesi si basa sulla raccolta centralizzata delle imposte e poi sulla loro ridistribuzione governata dal centro: un meccanismo che ha creato al centro un coacervo di organismi statali, para-statali e anche non statali (si pensi ad esempio alla Rai o all’Alitalia), e di associazioni nazionali di rappresentanza di ogni genere che vivono di rendita politica.
Per debolezza culturale e anche a causa di molte sue fragilità interne la Lega Nord ha poi largamente mancato l’obiettivo che si prefiggeva, e negli ultimi anni è sempre più sprofondata nelle sabbie mobili romane, ma evidentemente continuava ciononostante a far paura.
Di qui il tripudio di cui si diceva, che ad ogni modo riteniamo sia un po’ frettoloso.
La base elettorale della Lega Nord non è un’invenzione di Umberto Bossi. E’ un segmento ormai emerso della società italiana che se la Lega dovesse svanire ben difficilmente si volgerebbe verso altri partiti già presenti sulla scena.
Molto probabilmente non andrebbe più a votare o verrebbe captato da nuove formazioni politiche tali da farcela rimpiangere.
Dunque a nostro avviso ci si deve augurare che riesca a sopravvivere all’attuale crisi.
Ciò detto resta un problema di fondo che c’era anche prima dello scandalo scoppiato in questi giorni.
Per evidenti motivi la Lega Nord non è in grado di raccogliere il voto di tutta quella parte della società italiana che domanda federalismo e autonomia.
Quel blocco sociale maggioritario nel Nord, ma presente anche in tutto il resto del Paese, che vede nel federalismo e nell’autonomia la strada maestra percorrendo la quale giungere al più presto:
1) a una spesa pubblica ridotta all’indispensabile;
2) a una pubblica amministrazione e a dei pubblici servizi finalmente pensati non innanzitutto come “ammortizzatori sociali” o come riserve di caccia di vecchi sindacati oggi trasformatisi in corporazioni, bensì come strumenti tali da consentire al nostro Paese di diventare competitivo nel mondo globalizzato in cui viviamo.
Ampi settori di quest’area non voteranno mai la Lega Nord.
Pur senza fare concorrenza alla Lega negli ambienti che sono suoi, occorrerebbe perciò che comparissero in scena altre forze politiche e altre personalità in grado di raccogliere il consenso in particolare delle componenti cattoliche e delle componenti metropolitane di tale area.
Se questo non avviene l’Italia che vuol vivere di lavoro produttivo continuerà a essere tenuta in scacco da quella che spera malgrado tutto di poter vivere di assistenza e di rendita parassitaria.
E così andremo a fondo tutti quanti.