".. Da mio padre ho preso la rettitudine, ma anche la sobrietà dei sentimenti. Ricordo che i miei erano misurati anche quando succedeva qualcosa di cui gioire. Dicevano : "Pari bruttu", sembra brutto gioire eccessivamente, faremmo un torto a chi sta peggio di noi e non ha motivo di rallegrarsi."
"..era taciturno... la cosa che ricordo di più è la sua generosità. Aveva un appezzamento di terreno dove coltivava di tutto. E ogni anno ammazzava due maiali, uno per la famiglia e un altro per i poveri. Era una festa, c'era il senso della comunità. Quando poi acquistò un negozio di generi alimentari diventò ancora più triste. Odiava stare fermo dietro un bancone. A Gerace quasi tutti acquistavano con la "libretta", a credito. Pagavano una volta all'anno con i soldi ricavati dalle vendite delle bestie alla fiera della Madonna del Carmine, nella seconda metà di luglio. "Poveretti, devono mangiare pure loro" diceva per giustificare i continui ritardi nei pagamenti."
Lo stile letterario, per quello che è dato immaginare da questi brevi brani, ricorda un po' Autori come Verga, ma anche Sciascia: insomma, stile meridionale. Quel dolce rassegnato tragico malinconico dal quale trasudano odori e sapori fermi nel tempo, sospesi in un'afa cantata dalle cicale.
Il libro è un ennesimo dossier sulla mafia, stavolta su quella calabrese. Nessun male a scriverne, per carità. La domanda è un'altra: questo tipo di letteratura serve a qualcosa?