Un bellissimo originale articolo di Lella Costa in difesa della libertà e dignità della donna…
che sfata con splendida amara ironia… i ridicoli luoghi comuni assolutori…
Sembrano cose scontate ma ahimé ancor oggi sotto la vernice perbenista della nostra Società
si nasconde di tutto… e di più… perfino donne che sono contro le donne.
Penso proprio che sull’argomento tutti noi potremmo e dovremmo dire la nostra…
SMETTETELA! E PER SEMPRE!
La prima volta che per la strada, tornando da scuola, un tale ti si è avvicinato e ha cominciato a dirti cose, e tu non le capivi nemmeno, ma hai intuito lo schifo prima ancora del pericolo, e sei scappata via, e la notte non riuscivi a dormire, ma neanche a dirlo.
Come se un po’, almeno un po’, te la fossi andata a cercare.
La manomorta sull’autobus, e se provi a reagire intorno c’è solo scherno, e donne più grandi che stringono le labbra contrariate – da che mondo e mondo – son cose che succedono, non sei nè la prima nè l’ultima, fai finta di niente che è meglio, e poi a vestirti in quella maniera un pò, almeno un pò, te la sei andata a cercare.
(Quale maniera, di che cosa state parlando, avevo i jeans, faceva freddo, non si vedeva niente.)
Le facce delle madri degli imputati nei processi per stupro.
Ti aspetteresti che maledicessero i figli, che li disconoscessero, bibliche, inesorabili, che stringessero tra le braccia la vittima, e la consolassero, e le chiedessero scusa e avessero cura di lei.
E invece la guardano con odio e disprezzo lei, la rovina dei loro bravissimi ragazzi, lei che ci stava, altroché se ci stava, lei che li ha provocati, lei che se l’è andata a cercare.
Le donne, le bambine violentate dai padri, dai mariti, dai fratelli, dagli amici di famiglia, che preferiscono tacere, subire, sperare che la smettano da soli, perché mai, mai potrebbero sopportare che si sapesse, che se ne parlasse.
Troppa vergogna. Le vittime che si vergognano al posto dei loro carnefici.
Niente da dire, è il crimine perfetto. Complimenti.
E poi, si fa presto a dire violenza, a dire stupro, ma insomma si sa che a volte si trascende, ma il desiderio acceca, travolge e poi che diamine, alle donne piace…
è sempre stato così. Vis grata puellae, no?
No. Che siate stramaledetti, no.
Non provate a spacciare per complicità il sopruso, per gioco la brutalità.
E soprattutto smettetela di tirare in ballo l’istinto, la provocazione, il desiderio irrefrenabile. Balle. Non c’è desiderio in uno stupro, mai.
Non c’è nemmeno sguardo. Una donna vale l’altra, con buona pace dei moralisti e dei prefetti. Non c’entra l’abbigliamento, l’ora, il posto, l’incoscienza, neppure l’età – andate a chiederlo a chi lavora nei centri di soccorso – alle donne stuprate.
Andate a leggere i resoconti di donne più che adulte, più che modeste, a volte precocemente piegate da una vita di torti e miseria. Andate a dirlo a loro, che se la sono andata a cercare.
Andate a dirlo alla ragazza omosessuale che è stata violentata perché “imparasse la lezione”, che si è trattato di attrazione fatale e incontrollabile.
Andate a dirlo alle donne vittime di quelli che chiamiamo stupri etnici, e neanche ci rendiamo conto dell’abominio, dell’orrore assoluto che evochiamo.
E poi smettetela, per sempre.
Lella Costa (E polis Milano)
Ciao da Tony Kospan
|