Febbraio, il mese “con la febbre”!
Infatti la terra, che sembrava addormentata nel letargo invernale, comincia a risvegliarsi: “Favrêr, la tëra in caldêr”, “febbraio, la terra in calore”, sostiene un proverbio romagnolo, al quale fa eco un altro calabrese ancora più difficile da pronunciare: “Frivaru, la frevi ‘nta la terra”, “febbraio, la febbre dentro la terra”.
E’ come se si accendesse un fuoco “ctonio”, un fuoco nelle interiora della terra: quel fuoco che, alludendo al risvegliarsi della vita nelle erbe e nelle piante, simboleggiano molto bene le candele accese della festa della Candelora del 2 febbraio.
Quando vien la Candelora
dall’inverno semo fora,
ma se piove o tira vento,
nell’inverno semo dentro.
Il mondo agreste, ormai lontano dalla nostra vita cittadina, concentrava in questo mese i riti di purificazione: si accendevano e benedivano i ceri che tenuti nelle case si riteneva tenessero lontano gli spiriti maligni, con quella scintilla di luce che ricordava il Sole, l’Essere Superiore. E maligno poteva davvero essere l’Inverno se decideva che Febbraio, come qualcuno lo definisce, dovesse essere mese “corto e amaro”.
I Romani
Ma Febbraio era pure l’ultimo mese che chiude ritualmente il vecchio anno, in quanto al tempo dei Romani il nuovo anno iniziava a Marzo, quando all’Equinozio di Primavera, tutto il Mondo pareva ridestarsi. Dunque era nel mese precedente che andavano effettuati i riti di espiazione e purificazione per propiziare la fertilità che si sperava seguisse e che era indispensabile a tutti gli esseri viventi!
Le donne, durante il rito della februatio (festeggiamenti in onore del dio Februo, protettore contro pestilenze e demoni) scendevano in strada con dei ceri accesi, inoltre a febbraio si svolgeva una delle feste religiose più importanti, quella dei Lupercalia, in onore del dio della fertilità Lupercus, protettore del bestiame e delle messi.
I Lupercalia venivano celebrati nella grotta detta Lupercale, sul colle Palatino, dove secondo la leggenda, erano stati allattati da una lupa Romolo e Remo. Qui due ragazzi, segnati sulla fronte con sangue di capra sacrificata, asciugato poi con della lana intinta nel latte sempre di capra, indossavano le pelli degli animali immolati e parte di esse, fatte a strisce, le usavano come fruste, correndo intorno al colle in senso antiorario (lo stesso della fondazione della città) per colpire tutti coloro che incontravano, in particolare le donne che volontariamente si offrivano per purificarsi ed ottenere la fecondità.
Con i rituali del mese di febbraio, tutto era pronto per affrontare il nuovo anno: la città e i suoi abitanti erano stati purificati, il cibo quotidiano era pronto (c’era la messa a consumo del farro), era stata invocata la protezione degli antenati per controllare le forze malefiche.
I Celti
Grandi amanti della Natura, a febbraio, i Celti festeggiano Imbolc, che significa “in grembo”, riferito alla gravidanza delle pecore; tale festa è uno dei sabbat, una delle otto tappe significative lungo il corso dell’anno. Originariamente era una festività irlandese che si celebrava il primo di febbraio, data spostata al due di febbraio forse per contaminazione con la Candelora. E’ la festa della luce, che si manifesta con l’allungamento della durata del giorno e la speranza dell’arrivo della primavera e della fertilità. Anche presso i Celti c’era l’usanza di accendere molte luci all’interno della casa.
I Cristiani
I riti agresti del bacino del Mediterraneo furono assorbiti da quello ebraico-cristiano di purificazione, infatti il due di febbraio si celebra la Presentazione al Tempio di Cristo (definito “luce per illuminare le genti” dal vecchio sacerdote Simeone). La festa è anche detta della Purificazione di Maria, in quanto, secondo la legge giudaica, la donna era ritenuta impura dopo il parto di un maschio e doveva recarsi al Tempio per purificarsi al quarantesimo giorno dalla nascita del figlio. Dunque, se si sommano 40 giorni a partire dal 25 di dicembre, si arriva al 2 di febbraio.
Infine è con papa Gelasio (492 – 496) che furono abolite le feste dei Lupercalia e la Februatio e fu inserita la Candelora.
A Roma, durante questa festa, nel Medioevo, si compiva una lunghissima processione, che partiva dalla chiesa di Sant’Adriano (l’antica e successivamente ripristinata Curia, dove si riuniva il Senato dell’antica Roma) per arrivare fino alla basilica di Santa Maria Maggiore, mentre all’interno di San Pietro il Papa benediceva le candele, fine e lunghe, poste sull’altare.
Curiosità
La Candelora in alcuni luoghi viene chiamata “Giorno dell’Orso”, in quanto in questo particolare giorno l’orso si sveglierebbe dal letargo e uscirebbe fuori dalla sua tana per annaspare con il muso in aria com’è il tempo e valutare se sia il caso di uscire fuori!
Per gli Americani, invece, il due febbraio è il “Giorno della Marmotta”, che esce o meno dalla tana, per sentire se sta arrivando la primavera, a seconda dell’andamento della stagione metereologica.
In Francia la Candelora è conosciuta per essere il giorno delle crepes.
Sembra che stiamo narrando favole lontane anni luce da noi!
Eppure il Pascoli agli inizi del novecento, in una gelida giornata invernale notava: “C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico, io vivo altrove, e sento che sono intorno nate le viole…” Sentire il profumo del primo fiore, in un’ agghiacciante giornata, forse quando stiamo nel buio della nostra esistenza, è già sintomatico della voglia di vivere. Allora le antiche tradizioni, fatte di quei riti di cui l’intelligente uomo moderno non sa cosa farsene, non sono poi così lontane dal mondo del terzo millennio, anche oggi il gelo della natura e le difficoltà del vivere fanno tremare.
Buon febbraio
Grazia