Divenuto professionista nel 1912, ottenne un nono posto al Giro di Lombardia. Già l'anno successivo conquistò il primo dei nove titoli italiani per professionisti su strada che avrebbe vinto nel corso della sua carriera. In quell'anno vinse anche una tappa del Giro d'Italia e concluse al sesto posto della classifica finale. Ottenne inoltre la vittoria nella Roma-Napoli-Roma, granfondo di 610 chilometri.Nel 1914, oltre ad un secondo titolo italiano per professionisti, si aggiudicò la tappa più lunga mai disputata al Giro: la Lucca-Roma di 430 km. Interrotta l'attività a causa dello scoppio della Prima guerra mondiale, tornò a gareggiare nel 1917 piazzandosi secondo alla Milano-Sanremo e vincendo l'anno successivo. Alla fine della carriera le sue vittorie nella "Classicissima" furono sei, un record battuto solamente cinquanta anni dopo da Eddy Merckx. Il 1919 vide Girardengo aggiudicarsi il terzo titolo italiano. Al Giro d'Italia conservò la maglia rosa dalla prima all'ultima tappa, vincendone sette. In autunno, conquistò la vittoria nel Giro di Lombardia. Pur avendo conseguito il titolo italiano fino al 1925 e la vittoria di alcune importanti classiche, nei tre anni successivi, non riuscì a ripetere il successo al Giro d'Italia, costretto ogni volta al ritiro. Da notare tuttavia che, nel 1921, vinse le prime quattro tappe della Corsa Rosa. Proprio in seguito a queste sue vittorie fu, per la prima volta, usato in suo onore il termine "Campionissimo", lo stesso che poi verrà attribuito anche a Fausto Coppi. Nel 1923 si aggiudicò la Milano-Sanremo per la terza volta e ravvivò i fasti del 1919 vincendo, oltre alla classifica finale, ben otto tappe al Giro. Dopo un anno non degno di particolari menzioni, il 1925 vide la stella di Girardengo risplendere ancora: vinse per la nona volta il titolo italiano, primeggiò per la quarta volta alla Milano-Sanremo e giunse al secondo posto, dietro l'astro nascente Alfredo Binda, al Giro con sei vittorie di tappa all'attivo, dimostrando di essere in grado di compiere grandi imprese anche all'età di trentadue anni. Nel 1926 giunse la svolta: dopo la quinta vittoria alla Milano-Sanremo, dovette cedere il titolo italiano per professionisti su strada ad Alfredo Binda. L'era di Girardengo si avviava verso la fine. Nel 1927, nella prima edizione dei campionati mondiali che si svolsero in Germania al Nürburgring, dovette arrendersi ancora una volta di fronte a Binda. In quell'anno ottenne una sola vittoria, alla Sei Giorni di Milano. All'età di 35 anni, il Campionissimo non poteva più competere con i giovani assi emergenti del ciclismo mondiale. Si ritirò dall'attività professionistiche nel 1936. In carriera vinse 94 corse su strada e 165 su pista. Abbandonata la carriera, diede il proprio nome ad una marca di biciclette, che sostenne anche una squadra professionista, in cui Girardengo svolse il ruolo guida. Fu Commissario Tecnico della nazionale di ciclismo ed in questa veste guidò Bartali al successo nel Tour de France 1938. Si spense il 9 febbraio 1978. Le sue spoglie riposano nel cimitero di Cassano Spinola. Oltre che della bicicletta, Girardengo fu protagonista anche di una storia connessa con la sua presunta amicizia con un noto bandito italiano del tempo: Sante Pollastri, novese, che era anche un grande tifoso del campione. Il colloquio tra Pollastri e Girardengo fu anche oggetto di una testimonianza che il Campionissimo rilasciò al processo al bandito dopo la sua cattura ed estradizione. L'episodio ispirò anche una canzone, Il bandito e il campione, testo e musica di Luigi Grechi, portata al successo dal fratello Francesco De Gregori, la fiction RAI La leggenda del bandito e del campione ed il libro di Marco Ventura "il Campione e il bandito" ed Il Saggiatore 2006.