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De: primula46 (Mensaje original) |
Enviado: 01/05/2011 19:26 |
Alle radici del nudo
Un tema affascinante, quello del nudo, che nasce praticamente con la storia dell'uomo e il suo narcisistico desiderio di autorappresentarsi. Numerose e diverse tra loro le soluzioni elaborate dagli artisti in ogni epoca ...
Michelangelo, particolare dell'affresco con la Cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre nella volta della Cappella Sistina, Città del Vaticano.
Marcel Duchamp, Nudo che scende una scala, Museum of Art, Filadelfia.
Le due celebri opere d'arte, eseguite a distanza di quattro secoli l'una dall'altra, offrono due visioni del corpo nudo completamente diverse. L’ essere umano è spasmodicamente attratto da se stesso e dal sogno di comprendere tutti gli aspetti che lo riguardano, e fra questi, uno importante è quello della rappresentazione della sua immagine. La singolarità della questione, però, risiede nel fatto che, a dispetto dell'immutabilità del soggetto - giacché le caratteristiche fisiche sono ormai quelle dell'homo sapiens quando si manifesta la creatività umana -, i modi di raffigurazione sono sempre diversi. Così, l'immagine dell'uomo muta in funzione dei parametri storici, sociali, stilistici e culturali, che hanno contribuito a determinarne la rappresentazione in figura, In altre parole, se paragonassimo e avvicinassimo tra loro opere appartenenti a periodi storici differenti, faremmo fatica, in molti casi, a comprendere che il soggetto è sempre lo stesso, ossia l'uomo, Si pensi, per esempio, alle tante immagini del Basso Medioevo, che nulla hanno in comune con i celeberrimi nudi rinascimentali di Michelangelo per la Sistina o ancor più con quelli di artisti appartenenti alle correnti delle avanguardie storiche del Novecento, come Marcel Duchamp, che ha firmato il Nudo che scende una scala o l'altrettanto celebre futurista Boccioni, autore della scultura che risponde al titolo di Forme uniche nella continuità dello spazio (impressa sul verso delle monetine da 20 centesimi di euro).
Un giudizio sereno dovrebbe portarci a pensare che si tratta di soggetti diversi, Il fatto innegabile che gli artisti, invece, abbiano, in questi casi, scolpito uomini, si spiega soltanto con la constatazione che tali opere sono l'interpretazione della figura umana in quel particolare momento storico, secondo quei precisi parametri stilistici figli d'ispirazioni e aspirazioni sociali, economiche, artistiche e culturali in genere. In altri termini, la figura del nudo nell'arte è quella che, meglio d'ogni altro tema, costituisce la vera e propria sintesi di un'epoca. Lo scopo di questo articolo, allora, è quello di condurvi per mano alla scoperta delle ragioni che hanno portato a soluzioni iconografiche tanto diverse fra loro. Bisogna sapere, infatti, che il valore del nudo, nel corso dei secoli, non è sempre stato lo stesso e che il modo di considerarlo della nostra attuale civiltà è il risultato di sovrapposizioni culturali che si sono succedute nel corso del tempo. Se è vero che le parole portano nella storia del loro significato il segno della mentalità che le ha prodotte, non sarà difficile capire il motivo per cui il termine "ginnastica", che deriva dal verbo greco gymnàzein e vuoi dire per l'appunto "fare ginnastica", in realtà nella sua accezione primaria significava "essere nudi". È perfettamente noto, infatti, che gli antichi Greci gareggiavano in palestra svestiti o, al più, coperti da un perizoma, indumento che, come ricorda lo scrittore greco Pausania (metà II secolo d.C.), venne perso e poi gettato via dall'atleta Orsippo già nel corso di una delle prime Olimpiadi, quella del 720 a.C.
Statua lottatori greci V secolo
Questo semplice gesto modificò completamente l'approccio delle antiche civiltà nei confronti del nudo, attribuendo improvvisamente a questa condizione un valore inaspettatamente positivo. Fino ad allora, infatti, l'essere nudi, anche in Grecia, era sentito come una vera limitazione legata a una posizione sociale inferiore, tipica degli schiavi o degli sconfitti.
Due lottatori, rilievo del V secolo a.c., Museo Archeologico, Atene.
Pablo Picasso, Donna nuda sulla poltrona, particolare, collezione privata.
La figura nuda, in arte, esprime, più di ogni altro tema, l'humus culturale dell'epoca cui appartiene.
Ci sono per l'appunto diverse opere d'arte che riflettono con chiarezza questa posizione, figlia di consuetudini sociali consolidate. Basti pensare ad alcune creazioni dell'antica Grecia (come la Stele funeraria micenea, oggi al Museo Archeologico di Atene), nelle quali la figura nuda rappresentata corrisponde al nemico, fatto prigioniero o morto.
Coppo di Marcovaldo - Inferno - Firenze, Battistero
Quest'idea della nudità come sinonimo di perdita della dignità sociale, perché si è vinti o perché si è morti, la troviamo pure presso le prime grandi civiltà dell'Oriente antico, come quella assiro-babilonese. Si pensi che perfino il canone egizio di rappresentazione della figura umana non ammetteva la nudità e prevedeva la presenza del gonnellino. AI contrario, gli schiavi e gli sconfitti non potevano che essere rappresentati nudi, proprio come accade nella tavoletta di alabastro con l'immagine di Narmer, conservata al Museo Egizio del Cairo.
Periodo neo-assiro del regno di Ashurnasirpal II (r. 883–859 B.C.) - Mesopotamia; portato alla luce at Nimrud ( Kalhu), alabastro.
Narmer, è il primo faraone della dinastia pre-tinita (3100 a.C.) di cui si abbia notizia, il quale seppe unificare l'Alto e il Basso Egitto, ossia le terre che sconfinavano verso l'attuale Sudan e quelle che gravitavano intorno all'immenso delta del fiume. La tavoletta celebra questa memorabile impresa e presenta la figura gigantesca del faraone con ai suoi piedi i nemici, nudi, prostrati che hanno l'aspetto negroide dei Sudanesi. Dunque la nudità era riservata a coloro che non avevano più alcun diritto sociale e, di fatto, venivano considerati componenti estranei alla comunità che li utilizzava come pura manovalanza o altrimenti, addirittura, li eliminava.
Lottatori greci
Con il suo gesto plateale, Orsippo, cancellò d'un colpo questa situazione e, dal momento che vinse la sua sfida, consegnò la nudità alla gloria. Bisogna infatti sapere che l'atleta, per tutta la durata delle manifestazioni olimpiche dell'antichità - iniziate nel 776 a.C. e abolite dall'imperatore Teodosio nel 394 d.C., era considerato un vero eroe che godeva di un trattamento sociale privilegiato, a cominciare dal fatto che la sua impresa gli assicurava un vitalizio, i posti migliori a teatro e ogni sorta di riguardo che sfociava nella memoria imperitura. Si capirà bene, allora, che un individuo così amato dal mondo che lo aveva prodotto, non poteva che diventare un modello; lui e la condizione che lo caratterizzava: la nudità, immortalata da artisti sommi come per esempio Mirone, o da abilissimi ceramisti come quelli che, di volta in volta, dipingevano le anfore panatenaiche le quali costituivano il premio per i giochi ginnici in onore della dea Atena. Dopo il clamoroso gesto di Orsippo, allora, per i Greci, la nudità divenne uno stato di perfezione che permetteva di ammirare le proporzioni e la bellezza del corpo. Tuttavia, un'ammirazione così dichiarata per il nudo non sarà solo greca, ma caratterizzerà buona parte della storia dell'arte occidentale, fino a tutto il XX secolo, quando, paradossalmente, le soluzioni stilistiche adottate per esempio da Henri Matisse ne La danza, recupereranno forme ancestrali quali quelle elegantissime dei Giovani pugilatori di Thera. Come si vede, il cerchio si chiude e il percorso tematico si completa.
Giovani pugilatori, affresco proveniente da Thera, Museo Archeologico, Atene
Nell'antica Grecia, il corpo nudo, simbolo di forza e vigore, assume una connotazione positiva.
Henri Matisse, La danza, prima versione, particolare (1909 ca., olio su tela, 259,7 x 390,1 cm). MoMA, New York.
Il Novecento libera il corpo da ogni vincolo o canone imposto: la figura umana diviene elemento importante nella ricerca sul movimento, sulla forma e sul colore nella composizione artistica.
Fonte: I grandi temi della pittura Impaginazione e ricerche di Grazia
Continua…
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Il nudo nel MedioevoIn questo particolare della miniatura dei fratelli Lìmbourg, per il codice Les très riches heures del duca di Berry, conservato al Musée Condé di Chantilly,Adamo accoccolato in una posa decisamente osé. L’abolizione dei giochi olimpici nel 394 d.C. da parte di Teodosio il Grande, l'ultimo sovrano a riunire sotto un unico scettro i vasti territori dell'Impero non ancora spezzettati dalle varie realtà politiche locali di matrice barbarica, ha il sapore del suggello di un'epoca. Non solo, infatti, la pratica sportiva avrebbe preso quell'indirizzo circense di derivazione romana che ben presto si sarebbe trasformato nel gusto per il torneo medievale, il palio e la corsa con i carri, ma avrebbe contribuito a una riconsiderazione del ruolo della nudità nella struttura sociale. Già nell'ambito della stessa antichità, infatti, si deve rilevare una sostanziale differenza fra la posizione greca che, come si è visto, caricava il nudo di valori alti e positivi e quella romana. L'Inferno, particolare del mosaico nel Battistero di Firenze. In quest'opera, eseguita da mosaicisti su disegno di Coppo di Marcovaldo, si notano un forte risalto plastico impresso al corpo umano e un senso della monumentalità nelle composizioni dei gruppi. Lungi dall'essere proni sulle posizioni culturali greche, i Romani, non di rado, le osservavano con diffidenza, almeno per quanto riguarda gli usi e i costumi. Del resto, la mentalità dei padroni del mondo antico era legata alla frugalità di comportamenti e alla sobrietà dei costumi che, di fatto, contrastavano con l'esibizione del proprio corpo sia pure per motivi sportivi, "Combattimenti greci" li chiamavano i Romani, con un'aria di disprezzo, riferendosi all'agone olimpionico. Questo senso di pudicizia, però, non era così genuino come voleva apparire e, non di rado, coloro che di giorno sentenziavano negativamente sul costume deplorevole dei Greci di correre nudi, la notte, a teatro, chiedevano a gran voce il denudamento delle mime (le ballerine) che avveniva alla fine di alcuni spettacoli teatrali. In ogni caso, dopo il 394 e per il lungo periodo medievale, la posizione della società di allora nei confronti del nudo mutò radicalmente, anche se non nei termini voluti dai nostri luoghi comuni.
Il corpo tempio dell'anima
L'idea tutt'oggi diffusa che il Cristianesimo avversi la nudità è, infatti, tutt'altro che giusta. AI contrario, religione del corpo, il Cristianesimo lo considera tempio dell'anima e icona di Dio. Non è un caso che Gesù, come narrano i Vangeli di Giovanni e di Matteo, abbia asserito di “far risorgere” il tempio in tre giorni, alludendo, con questa metafora architettonica, al proprio corpo. Allo stesso modo, in due passi della Prima lettera ai Corinti, tradizionalmente attribuita a San Paolo, egli chiede con grande semplicità e chiarezza ai suoi fratelli in Cristo: “Non sapete che siete il tempio di Dio?” e ancora: “Ignorate che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che dimora in voi?”. Alla luce di tutto questo, è difficile attribuire al Cristianesimo una posizione contraria alla positiva concezione del corpo e del nudo in particolare, Molte opere potrebbero confermarci quest'idea che, generalmente, a una lettura superficiale di questa religione non viene colta.
Il peccato originale di Adamo ed Eva, miniatura tratta dalla Bibbia di Souvigny.
Il manoscritto latino del XII secolo rappresenta una fonte utile per comprendere la complessa visione che nel Medioevo si aveva dell'esistenza umana. Il corpo era considerato il tempio dell'anima e icona di Dio, e dunque la nudità, contrariamente a quanto si crede comunemente, non era valutata negativamente.
Spesso, infatti, l'attenzione viene monopolizzata dalla questione del peccato originale, non di rado considerato, a torto, carnale. Di tutte le possibili immagini, però, quella che appare come la più calzante, riguarda una miniatura che illustra una delle visioni della badessa Ildegarda di Bingen (1098-1179), la religiosa tedesca che raccolse le sue esperienze mistiche in diversi libri, pervenuti in suggestive versioni illustrate. Di queste, una è costituita da una miniatura a tutta pagina che presenta al centro dell'Universo, contenuto da un immenso uomo di fuoco, simbolo dell'energia cosmica, una figura nuda con le braccia allargate. L’ immagine dà corpo alla seguente riflessione d'lldegarda: “Con le braccia e le mani tese ai lati del torace, l'altezza della figura umana coincide con la sua larghezza, proprio come l'altezza del firmamento è uguale alla sua larghezza”. Pertanto, la visione che il Medioevo cristiano ha del corpo è quella di un piccolo cosmo che nelle sue proporzioni riflette la bellezza e l'armonia dell'Universo, a loro volta specchio di quelle di Dio.
L'uomo al centro dell'Universo, particolare dal Liber Divinorum operum di Ildegarda di Bingen.
La consapevolezza della nudità
Tutto questo, però, non vuoi dire che il mondo cristiano di allora non abbia sentito il problema del peccato e dell'attrazione fisica della carne, corollario nella riflessione sul corpo nudo. I due approcci, però, non sono in contraddizione, ma completano una posizione univoca che è quella che descrive l'allontanamento da Dio dopo il peccato e la presa di coscienza della pochezza della condizione umana, Questo allontanamento dipende appunto dal fatto che Adamo ed Eva, mangiando il frutto dell'albero della conoscenza, passarono dalla condizione di "sapienza" a quella di "conoscenza", che non sono la stessa cosa, Per capirlo bene, ricorreremo a un esempio. Ciascuno di noi sa digerire; è un'azione che si compie con assoluta naturalezza, ma pochi sono quelli che conoscono come si fa. Anzi, se dovessimo completare a mente tutte le operazioni chimiche che lo stomaco porta a termine per digerire lo spicchio di una mela, saremmo impegnati mezza giornata. Allo stesso modo, Adamo ed Eva nello stato di grazia "sapevano" Dio; mangiando il frutto dell'albero, invece, vollero conoscerlo, cosa di per sé impossibile perché Dio è inconoscibile.
Un particolare dei mosaici della cupoletta della Genesi nella basilica di San Marco a Venezia, con i Giorni della Creazione e le Storie di Adamo ed Eva, dove le figure dei due progenitori seguono l'iconografia dell'epoca.
La coscienza della nudità, allora, è la spia di questa pochezza e dell'incommensurabile distanza che separa il Creatore dalla sua creatura. La conseguenza fu la vergogna. La gran parte delle immagini che mostrano l'episodio biblico, infatti, s'incentrano proprio sul diverso atteggiamento dei nostri progenitori prima e dopo il peccato. Si prenda, per esempio, la scena scolpita da Wiligelmo sulla facciata della cattedrale di Modena verso il 1099. Qui è possibile cogliere l'intera sequenza. Quando Dio crea Adamo, questi è nudo e mostra la sua nudità (sia pure censurata dallo stesso scultore che non ne realizza i genitali) senza alcuna vergogna e così pure quando immerso nel sonno si lascia docilmente togliere la costola per la creazione di Eva. AI contrario, quando i nostri progenitori vengono rimproverati da Dio, si vergognano e si coprono con la tipica foglia di fico.
Due particolari del bassorilievo in marmo di Wiligelmo con le Storie della Genesi posto sulla facciata del duomo di Modena.
La gran parte delle immagini, che mostrano l'episodio biblico della creazione dell'uomo, s'incentrano sul diverso atteggiamento dei nostri pro genitori prima e dopo il peccato originale. Lo stesso meccanismo narrativo ritorna in altre opere monumentali come, per esempio, le scene relative all'episodio che compaiono nell'immenso mosaico della cupola del Battistero di Firenze (primo quarto XIII secolo- primi XIV secolo). Inutile dire che gli esempi possono moltiplicarsi, a cominciare dal registro più esterno del mosaico della cupoletta della Genesi di San Marco a Venezia (XIII secolo) per continuare con le miniature. Basterà ricordare quella, elegantissima, dipinta, verso il 1416, dai fratelli Limbourg, per le Les très riches heures del duca di Berry che rappresenta la Creazione di Adamo ed Eva, peccato originale e loro cacciata dal Paradiso, quando il Gotico dell'Europa del Nord indulge ormai alle dolcezze del Rinascimento italiano. Qui, addirittura, troviamo un Adamo accoccolato la cui posa è decisamente osé.
Giotto, particolare dell'affresco con il Giudizio universale, cappella degli Scrovegni, Padova.
Nell'Inferno, le anime dei dannati si mostrano in tutta la loro drammaticità.
Un corpo e due tipologie
Tuttavia, l'impiego del nudo nell'arte medievale non si limita soltanto a questi episodi della Genesi. Possiamo infatti considerare nudo sicuramente il Cristo in croce che, nella concezione cristiana dell'epoca, si presenta secondo due versioni diverse, quella denominata Christus triumphans (ossia Cristo trionfante) e quella nota come Christus patiens (vale a dire Cristo sofferente). La prima soluzione, che tenderà gradatamente a essere abbandonata, è caratterizzata dal Salvatore che si mostra eretto sulla croce, vigile e con gli occhi aperti, fissato allo strumento del suo martirio con quattro chiodi e, come nel caso della bella Croce astile (XIII secolo) conservata presso il tesoro della cattedrale di Veroli, addirittura incoronato. Il senso di questa scelta iconografica, che ha esempi d'eccellenza anche nella pittura, come il Crocifisso dipinto di Berlinghiero Berlinghieri (XIII secolo), della Pinacoteca di Lucca, vuole mettere l'accento sul trionfo di Cristo sulla morte e sulla sua condizione di sovrano dell'Universo. L'altra tipologia di Crocifisso, invece, presenta caratteristiche diverse, perché il Salvatore ha gli occhi chiusi, la testa reclinata da un lato e tre chiodi che tengono un corpo sinuosamente rilasciato. Il significato è chiaro: è il Cristo-uomo che accoglie su di sé tutta la sofferenza del mondo. Questa seconda soluzione, che divenne poi quella più diffusa, dovrebbe essere nata in ambito francescano, se, com'è probabile, il perduto Crocifisso dipinto da Giunta Pisano nel 1 236 per frate Elia, doveva somigliare alla croce dipinta dal medesimo maestro ventotto anni più tardi e conservata a Bologna.
Berlinghiero Berlinghieri , Crocofisso, particolare, Museo e e Pinacoteca Nazionale di Palazzo Masi, Lucca
L’opera presenta la figura del Cristo trionfante", proposto in posizione eretta e con gli occhi aperti a indicare la sua condizione di sovrano dell'Universo.
Ci sono poi altri due ambiti iconografici nei quali il nudo medievale fu ampiamente impiegato: quello relativo a opere di derivazione classica come, per esempio, lo splendido cofanetto bizantino detto di Veroli (Victoria and Albert Museum, Londra), con la storia di Bellerofonte (X secolo) e la rappresentazione delle anime nei Giudizi universali. In questo secondo caso il nudo sottolinea la condizione di verità dell'anima, che può essere sia positiva sia negativa, ma che è la sua caratteristica, come dimostrano opere note come il Giudizio universale di Giotto o i nudi che popolano i portali gotici delle cattedrali francesi. Qui le anime sono sempre nude perché, nel bene e nel male, non possono nascondere più nulla di se stesse.
Adamo ed Eva davanti al Creatore - 1347 - Cappella dei Carraresi, Padova
L'affresco fa parte del ciclo decorativo realizzato per la Loggia dei Carraresi, uno degli edifici che i Signori di Padova fecero costruire durante il XIV secolo e che oggi ospita l'Accademia Galileiana di Scienze, Lettere ed Arti.
L'ARTISTA tende a un'attenuazione dei caratteri sessuali primari e secondari dal momento che Adamo ed Eva erano considerati quasi asessuati prima del peccato originale, una sola carne e assolutamente perfetti.
DA NOTARE la posizione delle mani e delle braccia che, sebbene adagiate e incrociate sul corpo, non tradiscono alcun senso di vergogna, anzi lasciano naturalmente scoperto il sesso di entrambi i progenitori. Prima del peccato,infatti, non c'era alcun motivo di vergognarsi di quelle parti del corpo che poi diverranno oggetto di censura.
Fonte I grandi temi della pittura
Ricerche e impaginazione di Grazia
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