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De: primula46 (Mensaje original) |
Enviado: 17/05/2011 08:32 |
IL NUDO NEL RINASCIMENTO la stagione rinascimentale, che dal punto di vista cronologico ha esordi diversi in Europa, vive l'impiego del nudo alla luce del recupero della bellezza classica, ma con un diverso approccio e con diversi risultati stilistici enucleabili in due distinti periodi storici.
Giambologna, Mercurio, Museo azionale del Bargello, Firenze.
La scultura esprime chiaramente il nuovo spirito del tardo Rinascimento, quando, alla linearità e all'equilibrio compositivo, si sostituisce una elaborazione dinamica e tormentata della figura. Il primo, quello più propriamente rinascimentale, che giunge fino al momento della morte di Raffaello (1520), è caratterizzato dalla ricerca dell'equilibrio e della compostezza della figura, che porta all'idealizzazione della forma, come accade, per esempio, nelle opere di Piero della Francesca o di Antonello da Messina. Il secondo, quello di un Rinascimento più tardo, che poi volge al Manierismo, abbandona l'idea iniziale dell'equilibrio, per realizzare una figura tormentata, costruita sullo schema della spirale e sulla pluralità dei punti di vista.
Piero della Francesca, Il Battesimo di Cristo, National Gallery, Londra,
Antonello da Messina, San Sebastiano, Gemialdegalerie, Dresda.
Quelle sopra sono due opere emblematiche del primo Rinascimento, nelle quali le figure sono costruite con l'estremo rigore della stesura prospettica. I corpi, quasi dei solidi geometrici, sono caratterizzati da un senso profondo dell'equilibrio.
Un diverso punto di vista Se, infatti, in molte sculture del primo Rinascimento, vengono privilegiati due punti di vista: il frontale e il posteriore, sicché la figura è idealmente inserita in un perfetto parallelepipedo, in opere successive, come, per esempio, il celeberrimo Mercurio di Giambologna (1564), la figura costituisce il punto centrale intorno a cui si può girare apprezzando l'immagine da un'infinità di punti di vista. La struttura visiva del Mercurio, infatti, potrebbe definirsi "stellare" o, per prendere a prestito un termine efficace dalla biologia, "raggiata", visto che il parallelepipedo non esiste più e l'artista, infrangendo tutte quelle regole che avevano mosso le scelte del primo Rinascimento, ha inventato un nuovo modo di collocare il nudo nello spazio.
Raffaello, Trionfo di Galatea, Villa Farnesina, Roma.è
In questo affresco di soggetto mitologico del 1512 ca. l'artista si svincola dai principi del primo Rinascimento e sperimenta nuovi canoni estetici.
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La capacità di stupire
Per comprendere il perché di questi nuovi canoni estetici, nati nel secondo quarto del Cinquecento, non si deve dimenticare che l'Europa stava attraversando un momento storico particolare di incertezza religiosa e politica, segnato dalla Riforma e dalla Controriforma, dalla forte conflittualità fra Impero e Papato e da atroci eventi come quello del sacco di Roma nel 1527. Naturalmente, in questo percorso complesso, non si devono leggere soltanto le ombre. La rivisitazione delle norme e dei precetti che regolavano la figura nel Quattrocento, portarono a nuove conquiste espressive e alla capacità di stupire come mai prima sarebbe stato pensabile. Si pensi a un'opera come il Perseo di Benvenuto Cellini o al Trionfo di Galatea di Raffaello per avere ben chiaro quel che si vuole intendere. Il punto di partenza per giungere fino a questa libertà era stato il celebre concorso del 1401 , punto d'origine del Rinascimento italiano, quando la Repubblica fiorentina decise di rinnovare le porte del Battistero della città sull'Arno. Le due formelle con il Sacrificio d'Isacco, prodotte da altrettanti insigni artisti, ossia Brunelleschi e Ghiberti, mostrano un approccio vitale rispetto ai modelli dell'antichità. In particolare, Ghiberti, che si assicurò il confronto, realizzò il suo Isacco nudo come se si trattasse di un torso classico e, probabilmente, proprio a un simile esempio dovette ispirarsi, individuato ipoteticamente dagli studiosi nel Torso di fauno degli Uffizi.
Michelangelo, Bacca, Museo Nazionale del Bargello, Firenze.
Un'opera che esprime una visione classica del nudo: fare rivivere Atene sulle rive dell'Arno era, infatti, l'intenzione del grande artista toscano.
D'altra parte, gli artisti dell'epoca amavano documentarsi, come testimonia, per esempio, l'elegante disegno a punta d'argento, penna e pennello su fondo blu, realizzato da Filippo Lippi verso il 1440 che rappresenta un Giovane che doma un cavallo (British Museum, Londra). In realtà si tratta di una copia dai Dioscuri di Montecavallo, come allora si usava chiamare a Roma il colle del Quirinale, dove, ancora oggi, possono ammirarsi i medesimi gruppi marmorei. Nel solco di quest'indirizzo culturale e programmatico che vuole far rivivere Atene sulle sponde del Tevere o su quelle dell'Arno, per fermarci ai principali fenomeni del Rinascimento, si pone anche il genio di Michelangelo.
Michelangelo - Davide, Accademia, Firenze. In questa scultura l'eroe biblico, scolpito senza vestiti, incarna i valori universali della forza e del coraggio spirituali.
Intenzionato a rivaleggiare con gli antichi, come dimostra fin dagli esordi con la realizzazione di quel capolavoro che è il Bacco del Museo del Bargello, il Buonarroti s'ispirò per questo soggetto direttamente alla statuaria classica, tanto che vi si è voluto vedere un riferimento all'Antinoo come Bacco del Museo Nazionale di Napoli. L'opera del maestro parte dalla posizione ancata del Doriforo di Policleto, che costruisce un'architettura di equilibri fra gli arti flessi e quelli in tensione. È la cosiddetta ponderatio per cui al braccio flesso corrisponde la gamba tesa e a quella flessa il braccio teso, ma, nel Bacco, l'ammorbidisce una fisicità molle e ambigua che pare l'immagine stessa dell'ebbrezza.
Michelangelo, il particolare del Tondo Doni, Uffizi, Firenze.
Il gruppo di figure nude è collocato nello sfondo del quadro, lontano dalla Sacra Famiglia, e potrebbe rappresentare l'umanità prima della rivelazione di Cristo.
Michelangelo reinventa l'antico, non lo copia, come del resto faranno più tardi Canova e tutti quelli che aggiungono del loro alla tradizione senza accodarvisi. Così aveva fatto Dante con Virgilio e così farà Jamès Joyce con Omero: così fanno i grandi e Michelangelo è fra i più alti di questi. Allora nelle sue mani e nella sua mente il Torso del Belvedere dello scultore ateniese Apollonio di Nestore (I secolo a.C.), che l'erudito Oriaco d'Ancona aveva veduto disteso per terra fra i tanti reperti e frammenti antichi conservati nei Musei Vaticani, prenderà di nuovo vita. Diverrà così il modello per quegli Ignudi che, sulla volta della Cappella Sistina a Roma, rappresenteranno l'agitarsi dell'umanità ante Legem, prima della rivelazione di Cristo. È questo un concetto che Michelangelo già aveva espresso compiutamente nel Tondo Doni, tornato a rivelare i suoi colori smaltati dopo il restauro degli anni Ottanta. C'è una soglia, segnata dal San Giovannino, che divide la Sacra Famiglia dalle figure dello sfondo ed è la soglia della "porta" di Cristo, attraverso la quale è entrata la luce della Salvezza. Attenzione, però, questo non vuoi dire che la condizione di nudità si colori negativamente. AI contrario, l'essere nudi rivela una purezza di fondo completata dal rispetto per l'antico e per la sua genuinità che pervade tutta la stagione del Rinascimento.
Van Eyck - Adamo ed Eva, particolare del Polittico dell’Agnello mistico – 1427-1432 – Cattedrale di San Bavone, Gand
Realizzato con la collaborazione del fratello Hubert che poi non ebbe i tempo di finirlo, il Polittico di Gand, come viene anche definito, deve considerarsi uno dei capolavori dell'arte fiamminga del Quattrocento. IL GESTO di pudicizia con il quale Adamo si presenta conferma la sua condizione umana dopo il peccato originale. Con una mano, infatti, si copre il petto e con l'altra tiene la caratteristica foglia di fico per nascondere il pube.
LA RESA ANATOMICA della figura è volutamente priva d'ogni idealizzazione e l'attenzione puntuale a particolari apparentemente secondari, come il sistema pilifero del corpo, sottolinea la capacità di osservazione della realtà di Van Eyck che qui si applica nella rappresentazione dei progenitori dopo il peccato. EVA è rappresentata, come Adamo, dopo il peccato. Non è difficile constatare, infatti, che la prima donna dell'umanità è in stato interessante. Per questo non ha in mano la classica mela, ma un altro frutto.
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Le chiavi del nuovo mondo
L’obiettivo dei grandi pensatori dell'epoca, come Marsilio Ficino, era quello di recuperare le radici del credo cristiano che s'individuavano nelle antiche filosofie degli Egizi e di Ermete Trismegisto, il leggendario autore considerato contemporaneo di Mosè e come lui depositario della parola e della sapienza divina. Degli scritti attribuiti al Trismegisto, il filosofo approntò la traduzione che, a tutt'oggi, va sotto il nome di Corpus Hermeticum. A chiedergliela fu Cosimo de' Medici che aveva acquistato a Bisanzio i testi greci. Nasceva, così, nella visione di Ficino, quella religione che portava in sé la genuinità delle origini, recuperata nel verbo di Mosè e di Ermete Trismegisto. L’immagine allegorica di questo recupero dottrinale, può ben essere individuata negli Ignudi michelangioleschi e nelle figurette che fanno da sfondo all'ideale sfera del Tondo Doni. Più tardi, a questa visione del mondo, che vedeva nelle tradizioni dimenticate una fonte a cui attingere, se ne sovrappose un'altra derivata da un avvenimento epocale: la scoperta dell'America. Il nuovo continente, tutto da scoprire e conoscere, costituiva per i pensatori di allora una prova tangibile sulla quale riversare aspirazioni e sogni. Si spiega così la rapidità, per l'epoca, con la quale si diffusero le notizie negli ambienti colti europei e nella curia romana, fin dal 1493. A fungere da cronista a distanza fu un uomo che non aveva mai viaggiato, ma che possedeva le chiavi giuste per offrire l'immagine intellettuale del nuovo mondo: Pietro Martire d'Angheria (1457 -1526). Nato a Novara e morto a Granada, amico e sodale degli umanisti dell'epoca, da Giovanni Arcimboldi, vescovo di Novara e legato pontificio in Ungheria, a Pomponio Leto, Pietro prese a scrivere lettere aperte agli intellettuali dell'epoca per descrivere le meraviglie della scoperta. Botticelli – Nascita di Venere- 1482 ca. – Uffizi , FirenzeLa tela, appartenuta a Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, costituisce una delle icone del Rinascimento che, come altre opere coeve, ha continuato a essere considerata, anche in tempi moderni, modello di bellezza muliebre. NON CI SONO PROVE per affermare che il pittore fiorentino si sia ispirato alla bellezza di Simonetta Vespucci, la donna amata da Giuliano de' Medici, celebrata da tutta Firenze per la sua bellezza. I confronti con presunti ritratti parrebbero però positivi. L'ELEGANZA DELLA FIGURA concepita da Botticelli incarna magistralmente l'ideale della bellezza femminile che Venere rappresenta. La dea dell'amore, infatti, era nata dalla spuma del mare sollevata dalla caduta del fallo di Saturno evirato da Giove. LA NUDITÀ di Venere vuole essere un'esaltazione della bellezza classica e, nello stesso tempo, della purezza dell'anima. Le forme precise e ben delineate sono messe in risalto dai colori chiari dell'Incarnato, e offrono della dea un'immagine statuaria e pura. La Grecia classica e la spiritualità cristiana Attraverso le sue parole, perciò, si costruì un'immagine del nuovo mondo più vera del vero, corrispondente a quello che si sperava di trovare, più che a quanto si era trovato. Emergeva allora, già a un anno dalla scoperta, l'immagine di terre rigogliose, ricche di oro e di bellezze naturali, abitate da uomini che Pietro così descrive in una lettera al cardinale Ascanio Sforza: « ... docili, semplici, ospitali ... nudi, senza misure né pesi, senza il letale denaro, senza leggi, senza-giudici calunniatori, senza libri». Nasce da qui l'aspirazione alla condizione di "buon selvaggio" che poi vedrà una sistematizzazione filosofica e pedagogica con Jean-Jacques Rousseau. Durer - Adamo ed Eva – 1507 - MUSEO DEL PRADO, MADRIDQuando Durer dipinse queste due tavole aveva ancora negli occhi le bellezze del nostro Paese, reduce com’era dal suo secondo viaggio, soprattutto, aveva nella mente le proporzioni delle figure disegnate “all’italiana”. L'ARMONIA, E LE PROPORZIONI del corpo nudo di Adamo esprimono la perfezione della bellezza umana prima del peccato originale. Adamo è infatti immortalato prima di mangiare il frutto proibito. LA PRESENZA DEL SERPENTE e la mela appena colta da Eva ci fanno capire che, anche in questo caso, il peccato non è stato ancora compiuto. Un ulteriore riscontro lo cogliamo nel fatto che nessuno dei due progenitori si copre per pudicizia. LA BELLEZZA MULIEBRE di Eva, oltre a essere esaltata dalla sua espressione innocente, si manifesta nell'equilibrio della posa e nella perfezione delle proporzioni del suo corpo. In tutto questo non è difficile scorgere il ruolo centrale della nudità che diviene quindi segno e simbolo di purezza e d'antichità ancestrale Allora si capisce bene perché i protagonisti del mito rinascimentale vengano rappresentati nudi: non soltanto perché il modello di riferimento era quello della Grecia classica, ma anche perché l'esperienza contemporanea portava a confermare questa scelta. Una conferma? Le Scritture non dicono affatto che Davide era nudo quando affrontò Golia (Samuele, XVII), anzi spiegano che l'eroe biblico aveva indossato un'armatura, ma che per il troppo peso se ne era liberato. Ora, l'armatura non s'indossa sul corpo nudo e la riprova sta nel fatto che Davide s'infila ciottoli di fiume in una tasca. Nonostante queste chiare indicazioni, Michelangelo scolpisce il suo Davide senza ombra di vestito, ma così facendo gli conferisce una grandezza che sarebbe altrimenti impensabile e che, per esempio, è sconosciuta alla prima statua che Donatello dedicò a questo soggetto. La nudità del gigante michelangiolesco, infatti, volutamente rimanda ai modelli classici dell'Ercole che è l'altro eroe, patrono di Firenze. In questa maniera si confondono i piani e la figura assume connotazioni più ampie, condivise dai contemporanei e tali da sbalzare l'intera città sul piano del mito. Così, i valori di cui s'è arricchito il Davide nudo, sono quelli universali della forza e del coraggio spirituali. Tiziano – Venere d’Urbino – 1538 - Uffizi, FirenzeL'opera fu commissionata dal duca Guidobaldo Della Rovere per ragioni politiche e patrimoniali. Egli, infatti, nel 1534, aveva sposato Giuliana Varano, di soli dieci anni, che gli aveva portato in dote il educato di Camerino. OGNI DETTAGLIO risulta significativo al fine dell'istruzione della giovanissima donna, che all'epoca aveva 14 anni. Così, la presenza delle rose rimanda ai piaceri e alle pene dell’amore (non c'è rosa senza spina). LA POSIZIONE della mano sul pube indica pudicizia e individua l'amore matrimoniale come il naturale coronamento di un rapporto legittimo. Ciò è avvalorato dal fatto che la mano è ornata dall'anello nuziale. LA FANCIULLA distesa nuda sul letto con un atteggiamento di grande sensualità, vuole essere di insegnamento, alla giovane sposa, sull'importante ruolo dell'amore nell'ambito del matrimonio. LA SCELTA del tipo fisico, poi, è particolarmente calzante, dal momento che questa Venere è bella per il gusto dell'epoca, ma non appariscente, così come si conviene a una moglie devota. Simbolo di fedeltà è il cagnolino. Fonte: I grandi tema della pittura – Ed. De Agostini Ricerche e impaginazione di Grazia continua...
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