Nacque a Benevento il 25 luglio 1880 da un magistrato, Francesco, e da una nobildonna, Rosa De Luca dei Marchesi di Roseto, settimo di nove figli. Nel 1884 si trasferì con la famiglia a Napoli dove il padre era Consigliere della Corte d'Appello. Nel 1892 iniziò ad assistere il fratello Alberto infortunatosi seriamente per una caduta da cavallo durante il servizio militare: da questo episodio cominciò a maturare la sua passione per la medicina. Dopo gli studi liceali, si iscrisse, nel 1897 alla Facoltà di Medicina; nello stesso anno morì il padre, colpito da emorragia cerebrale. Il 4 agosto 1903 si laureò a pieni voti con una tesi sull'urogenesi epatica, lavoro che gli valse anche il diritto di stampa. Dopo pochi mesi si impiegò all'ospedale degli Incurabili dove rimase per 5 anni. La sua giornata fu sempre molto intensa: si alzava presto al mattino per recarsi a visitare gratuitamente gli indigenti dei quartieri spagnoli prima di prendere servizio in ospedale per il lavoro quotidiano, e di visitare al pomeriggio i malati nel suo studio privato. La dedizione per gli ammalati non sottrasse mai il tempo allo studio e alla ricerca medica che perseguì attuando un equilibrio fra scienza e fede. «Esercitiamoci quotidianamente nella carità. Dio è carità. Chi sta nella carità sta in Dio e Dio sta in lui. Non dimentichiamoci di fare ogni giorno, anzi in ogni momento, offerta delle nostre azioni a Dio compiendo tutto per amore». Moscati, alla madre che, conoscendone la sensibilità, era preoccupata che la sua scelta di iscriversi a medicina l'avrebbe messo a dura prova nel contatto continuo con il dolore, rispose che: "era disposto anche a coricarsi nel letto dell'ammalato". Con lui si manifestò appieno quella umanizzazione della medicina che, proprio negli anni in cui egli si trovò a operare, sembrava risentire invece di un'eccessiva scientificità, che comportava un certo distacco della figura del medico dal paziente. Moscati, invece, anticipò con il suo comportamento quello che è oggi considerata nell'esercizio della medicina la condizione necessaria ed essenziale per occuparsi del malato. Nell'aprile del 1906, mentre il Vesuvio iniziò ad eruttare ceneri e lapilli su Torre del Greco, mettendo in pericolo un piccolo ospedaletto, succursale degli Incurabili, si recò prontamente sul posto, contribuendo a mettere in salvo gli ammalati, poco prima del crollo della struttura. Nel 1908, dopo aver superato il concorso di assistente ordinario per la Cattedra di Chimica Fisiologica, iniziò a svolgere attività di laboratorio e di ricerca scientifica nell'Istituto di Fisiologia. Nel 1911 un'epidemia di colera funestò Napoli ed egli fu chiamato a svolgere la sua opera di ricerca dall'Ispettorato della Sanità Pubblica. Nello stesso anno, gli fu conferita la libera docenza in Chimica Fisiologica, su proposta del professor Antonio Cardarelli, da sempre ammirato per la preparazione del giovane medico. Sempre nel 1911 Moscati fu inviato dal Prof. Gaetano Rummo ad essere corrispondente per l'inglese e il tedesco di "La riforma Medica" da lui fondata prima come quotidiano, poi come settimanale e poi come quindicinale. Per vari anni fino al 1917 fu segretario di redazione della rivista Michele Landolfi. Fu anche socio della Reale Accademia Medico-chirurgica e direttore dell'Istituto di Anatomia Patologica. Era stimato dai giovani medici in tirocinio che lo seguivano durante le visite ai pazienti. Dopo la morte della madre per diabete, avvenuta nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale presentò domanda di arruolamento volontario, ma la domanda venne respinta in quanto la sua opera fu giudicata necessaria in corsia, agli Incurabili, per prestare soccorso e conforto spirituale ai soldati feriti di ritorno dal fronte. Nel 1917 rinunziò alla cattedra universitaria e all'insegnamento, per continuare il lavoro in ospedale e restare accanto agli infermi ai quali era molto legato. Il Consiglio d'Amministrazione dell'Ospedale Incurabili lo nominò primario nel 1919, e il 2 maggio 1921 il Prof. Giuseppe Moscati inviò al Ministero della Pubblica Istruzione la domanda per essere abilitato per titoli alla libera docenza in Clinica Medica Generale; il 6 giugno 1922 la Commissione nominata dal Ministero esaminò i titoli e lo ritenne idoneo a conseguire tale libera docenza. Numerose sue ricerche furono pubblicate su riviste italiane ed internazionali, tra le quali le ricerche pionieristiche sulle reazioni chimiche del glicogeno. Ebbe importanti successi come medico e ricercatore, dedicò la sua vita all'assistenza dei sofferenti, anche nei quartieri più poveri ed abbandonati della città, curandoli gratuitamente ed anche aiutandoli economicamente. Il 12 aprile 1927, dopo aver preso parte alla Messa, come ogni giorno, ed aver atteso ai suoi compiti in Ospedale e nel suo studio privato, si sentì male, e spirò sulla sua poltrona. Aveva solo 47 anni. La notizia della sua morte si diffuse rapidamente, riassunta nelle parole "è morto il medico santo". Alle esequie vi fu una notevole partecipazione popolare. Il 16 novembre 1930 i suoi resti mortali furono traslati dal Cimitero di Poggioreale alla Chiesa del Gesù Nuovo, racchiusi in un' urna bronzea, ad opera del Prof. Amedeo Garufi. Il pontefice Paolo VI lo proclamò Beato il 16 novembre 1975. Fu proclamato santo il 25 ottobre 1987 da Giovanni Paolo II. La sua festa liturgica si celebra il 16 novembre. Ai fini della canonizzazione, la Chiesa cattolica ritiene necessario un secondo miracolo, dopo quello richiesto per la beatificazione: nel caso di Giuseppe Moscati, ha ritenuto miracolosa la guarigione di Giuseppe Montefusco, ammalato di leucemia, avvenuta nel 1979.