Il vento di Dicembre scuote con mani di gelo le chiome degli alberi.Tra poco uscirò per andare alla cena della Vigilia. Il mio fiato arabesca il vetro di trine leggere. Lassù,tra i flutti grigi si è fatto largo uno spicchio argentato di stelle. Quante sono! Scintillano nel buio.
Le guardo e il mio pensiero scivola nei ricordi. Dove sei mia dolce cugina ? Le “omonime”, ti ricordi l’appellativo che ci affibbiò il Prof Pesciaroli,guardandoci malizioso da sopra gli occhialetti dorati? I nostri genitori ci consegnarono il nome della loro amatissima mamma;ci consegnarono pure tutte le complicazioni,buffe per fortuna,legate a questa scelta. Ora tu mi hai lasciato,mia dolce Lia,ti sei separata dalla tua “omonima! E il tuo spirito vede ciò che la mia limitatezza non riesce a scorgere. Una malinconia lieve e fragile mi avvolge, mentre lo sguardo si perde verso l’alto quasi a cercare una risposta al mistero.
Quanti Natali trascorsi assieme! Ricordi ad Agrigento,nel tepore siciliano che ci permetteva di non indossare cappotti e sciarpe?Tu,Mariella,Teresa e io nella veranda avvolta di rampicanti in quel nostro passato sospeso nell’incanto dell’infanzia. Ci piaceva tanto giocare al teatro e costringevamo i nostri genitori ad assistere alle nostre recite natalizie. Che nostalgia! Quell’atmosfera festosa, che aveva il profumo dolce delle arance e resinoso dell’albero di Natale, non sono più riuscita a ritrovarla.
Ricordi Bologna? La neve scendeva a falde silenziose e noi la guardavamo incollate al vetro. La città si rivestiva di un manto argentato. Bologna era bellissima con quei suoi portici pieni di luce le cui ombre arcuate si proiettavano sul candore di fuori. Eravamo già più grandicelle e ci raccontavamo piccoli segreti accoccolate sul divano dello studio. Com’era triste il momento della partenza! Inventavamo mille espedienti per farvi perdere il treno. Ora,mia dolce cugina, hai preso un treno per una destinazione misteriosa. Spero tu sia felice nel luogo dove ti trovi.Ma il mio sguardo smarrito ti cerca oltre la coltre di nubi, colmo di rimpianto.
A volte eravamo noi a venire nella vostra città,Roma. Lo zio Ciccio ci portava a San Pietro: ricordo a mezzanotte quando il suono solenne delle campane riempiva l’aria di poesia. Sempre assieme. A casa,sotto l’ingenuo albero carico di sfere luccicanti,ci aspettavano i doni.Com’era emozionante scartare i pacchi pieni di simboli natalizi! Una volta trovai un delizioso libro di recite teatrali. Su quei testi preparammo il nostro spettacolino. Eravamo delle piccole fate che parlavano in versi.
Quando venimmo ad abitare a Roma,gli incontri divennero più frequenti. Passavamo le sonnacchiose mattine domenicali a passeggiare lungo le sponde del laghetto dell’Eur e tutti assieme andavamo alla piccola Chiesa della metro. A casa ci aspettavano le lasagne di tuo padre:un gusto particolare che sapeva di famiglia. Tu questo sei nel mio ricordo,cara Lia: calore familiare. Mi manchi tantissimo;mi manca tantissimo Mariella,i genitori gli zii,i nonni. Invano scruto il cielo,solo il vento risponde alle mie domande con una nenia malinconica che si perde nel buio.
Lia