Nacque in provincia di Bologna. Dopo alcune esperienze teatrali, esordì sul grande schermo con il film Freccia d'oro (1935). Si mise in evidenza quasi subito, interpretando numerosi film che le dettero visibilità e successo di pubblico. Fra il 1937 ed il 1938 costituì una coppia di successo con Amedeo Nazzari. Quando venne richiesta per il film Un'avventura di Salvator Rosa (1939), era già una giovane attrice conosciuta ed apprezzata. Il film la proiettò rapidamente verso un orizzonte divistico di rilievo, permettendole di mettere in evidenza il suo temperamento grintoso e la sua recitazione asciutta e nervosa. L'incontro con Osvaldo Valenti, cui si legò sentimentalmente, sul set di questo film coincise con il periodo di maggior successo della sua carriera. Negli ultimi anni della sua carriera, la Ferida venne valutata attrice di grande sensibilità interpretativa e di notevole maturità espressiva, come si notò durante la lavorazione del film "La locandiera" (1944)ì. Vanno ricordate le sue interpretazioni nei film La corona di ferro (1941)ì, Fedora (1942) , "Fari nella nebbia" (1942) , per il quale fu premiata come miglior attrice italiana del 1942, Gelosia (1942) e La bella addormentata (1942). Durante il regime fascista i due attori non si erano distinti per le loro posizioni politiche. Famosa era, negli ambienti mondani romani, l'imitazione che Valenti faceva del Duce, suscitando l'ilarità generale. A seguito dell'Armistizio, Ferida e Valenti furono tuttavia fra i pochi divi del cinema dei telefoni bianchi - come viene abitualmente chiamato il periodo della cinematografia fascista. Lasciarono Roma (e Cinecittà) per trasferirsi al Cinevillaggio, il neonato centro cinematografico della R.S.I. di Venezia, diventandone i più noti esponenti. Successivamente, nella primavera del 1944, Valenti entrò col grado di tenente nella Xª Flottiglia MAS comandata dal principe Junio Valerio Borghese e i due si spostarono a Milano. Nei giorni immediatamente successivi alla Liberazione di Milano i due attori pagarono con la vita la loro notorietà associata al regime fascista, l'appartenenza di Valenti alla Xª Flottiglia MAS. A 31 anni, incinta (Kim, l'unico figlio avuto da Valenti, era morto poco dopo la nascita), la Ferida fu fucilata dai partigiani in via Poliziano a Milano assieme a Valenti il 30 aprile 1945, dopo un sommario processo nel quale fu accusata di collaborazionismo . Non è mai stata accertata in sede giudiziale una loro responsabilità. Giuseppe Marozin, detto "Vero", capo della Brigata partigiana "Pasubio" e responsabile dell'esecuzione della Ferida, dichiarò, nel corso del procedimento penale a suo carico per quell'episodio: «La Ferida non aveva fatto niente, veramente niente. Ma era con Valenti. La rivoluzione travolge tutti.» Marozin affermò anche che l'ordine di effettuare l'esecuzione della Ferida e di Valenti venne direttamente dal C.L.N.A.I. Dalla casa milanese di Valenti e Ferida, qualche giorno dopo la loro fucilazione, venne sottratto un autentico tesoro, del quale Marozin nel dopoguerra ammise la "confisca", ma sostenne di non ricordare dove tali beni fossero finiti: "Una parte fu restituita, credo, alla madre della Ferida - circostanza categoricamente smentita da quest'ultima. Negli anni cinquanta la madre della Ferida fece domanda al Ministero del Tesoro per ottenere una pensione di guerra, essendo la figlia la sua unica fonte di sostentamento. Si rese necessaria, pertanto, una accurata inchiesta da parte dei Carabinieri di Milano per accertare le reali responsabilità della Ferida, al termine della quale si concluse che "la Manfrini dopo l'8 settembre 1943 si è mantenuta estranea alle vicende politiche dell'epoca e non si è macchiata di atti di terrorismo e di violenza in danno della popolazione italiana e del movimento partigiano". Al termine di tale inchiesta, la madre di Luisa Ferida ottenne la pensione di guerra comprensiva di arretrati.