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M I T I . . . N O S T R I . . .: Tennessee Williams
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Respuesta  Mensaje 1 de 4 en el tema 
De: solidea  (Mensaje original) Enviado: 26/03/2012 07:44
Tennessee Williams,
pseudonimo di Thomas Lanier Williams
(Columbus, 26 marzo 1911New York, 25 febbraio 1983),
è stato un drammaturgo, scrittore, sceneggiatore
e poeta statunitense.

Nasce da Cornelius Coffin e Edwina Dakin Williams. La famiglia viveva con i nonni materni. Deriso dal padre perché non si confaceva alla tipologia standard del maschio dell'epoca, Thomas ebbe un rapporto di profondissimo affetto col nonno, che negli anni a venire portò con sé anche a Key West, l'isola della Florida dove aveva acquistato una casa. Tom aveva una sorella, Rose, e un fratello, Dakin. Tra il '29 e il '38, Williams frequentò vari college senza grande successo e lavorò presso l'International Shoe Company. Nel 1938 si laureò.  Negli anni '30 egli non ebbe mai difficoltà ad accettare la propria omosessualità, come si deduce dalle sue "Memorie" pubblicate nel 1975 e i suoi diari personali (Notebooks), pubblicati postumi nel 2007. Nel 1938 Williams si laurea all'University of Iowa e l'anno successivo, dopo aver vinto 1000 dollari della Fondazione Rockefeller per i suoi atti unici American Blues, cambia il nome di battesimo in Tennessee. Dal '39 al '44 vive per brevi periodi in vari luoghi degli Stati Uniti, tra i quali New York, New Orleans, Taos, New Mexico e Provincetown, che raccoglieva, nella cittadina di Cape Cod, una grande e libera comunità di artisti. Nel '43 firma un contratto di sei mesi con la Metro-Goldwyn Mayer per la stesura di una sceneggiatura. Williams non è tagliato per l'impiego, anche se per buona parte del Novecento, tanti grandi registi avrebbero fornito memorabili versioni cinematografiche dei suoi drammi.  La relazione di Williams col segretario, Frank Merlo, durò dal 1947 fino alla morte di Merlo nel 1963 e garantì a Williams la stabilità per un lungo periodo nel quale egli scrisse i suoi lavori più duraturi. La morte di Merlo sprofondò Williams in un periodo di acuta depressione che durò un decennio e che lo avvicinò all'alcolismo. Sebbene Lo zoo di vetro sia stato il suo primo grande successo, Williams scriveva per il teatro già da un decennio. Recentemente, anni dopo la morte dell'autore, sono stati recuperati alcuni inediti dell'epoca pre-Zoo. Tra questi ha suscitato grande interesse una storia ambientata in prigione, Not About Nightingales, del 1938 e rappresentata per la prima volta 60 anni più tardi con Vanessa Redgrave nel ruolo principale. Nel 1939 vince un premio della Fondazione Rockefeller per la sua raccolta di atti unici American Blues.  Due anni dopo viene portato in scena quello che sarà il suo successo maggiore e la sua opera più rappresentata nel resto del mondo, (Un tram che si chiama Desiderio).  Negli anni immediatamente successivi scrisse Estate e fumo, La rosa tatuata e Camino Real.  Ritroverà la sua potente e originale voce con La gatta sul tetto che scotta, del '55 e Improvvisamente l'estate scorsa, del '57. Sebbene nei decenni successivi ci fosse ancora molta curiosità nei confronti delle sue nuove opere, gli ultimi drammi di un certo successo furono La dolce ala della giovinezza e La notte dell'iguana. Il 9 giugno 1980 il Presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter gli ha concesso la prestigiosa onorificenza: la Medaglia presidenziale della libertà, tre anni prima della sua morte avvenuta a New York nel 1983.



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Respuesta  Mensaje 2 de 4 en el tema 
De: Tony Kospan Enviado: 26/03/2012 11:14



Respuesta  Mensaje 3 de 4 en el tema 
De: Lietta V Enviado: 27/03/2012 21:59

 
Ho appena visto, al teatro Argentina di Roma,una versione molto particolare di "Un tram che si chiama desiderio".Una versione non canonica, aspra, lacerante,forte,in cui le emozioni diventano luci ,rumori su una scena invasa di oggetti metallici,di fari puntati sugli spettatori. Il dottore, che porterà via Blanche, è la voce narrante della drammatica vicenda.
Ecco una recensione di Donatella Codonesu.
 

Il testo di Tennessee Williams si colloca sul terreno friabile di una decadenza (quella del mondo dorato del Sud degli Stati Uniti) per scivolare nel fango di un mondo agli antipodi, ordinario ed animalesco, che costituirà la concreta e violenta società a venire. I personaggi sono tutti perdenti, malati di tanto diverse quanto incurabili malattie, ma alcuni sono più resistenti e questo fa la differenza in termini di sopravvivenza.

La regia di Antonio Latella va oltre, utilizza gli elementi scenici in modo spietato, tutto è chiaramente in vista: cavi, proiettori, microfoni, altoparlanti. Nessun segreto, nessuna finzione, niente illusioni. La realtà appare per quello che è, così come la volgarità del contesto in cui la fragile Blanche viene catapultata, metaforicamente, dopo aver preso “un tram che si chiama Desiderio, uno che si chiama Cimitero ed essere scesa ai Campi Elisi”.

Questo luogo incastrato tra la ferrovia e il fiume diventerà il suo inferno, stritolando ciò che rimane della sua esistenza e della sua labile mente. Il gioco a tre viene vivisezionato sotto i fari bianchi di questa fredda sala operatoria ingombra di oggetti tecnici. Un narratore crea un continuo effetto di straniamento. Non c’è spazio per i sentimenti né per le emozioni, dimenticatevi la catarsi: siamo all’interno della mente di Blanche, dove le percezioni vengono amplificate e distorte senza pietà.

Una prima chiave di lettura è appunto quella della luce, forte, cruda e impietosa anche verso lo spettatore. E’ un’illuminazione algida, assoluta, che senza alcun riguardo cancella ombre e sfumature, accecando lo sguardo. Dicotomia evidente della penombra in cui Blanche si rifugia in cerca di protezione, accendendo candele e coprendo le nude lampadine con paralumi colorati.

Poi ci sono gli effetti acustici, altrettanto disturbanti: voci distorte da microfoni, echi, riverberi, suoni stridenti. Sono la colonna sonora del nuovo mondo barbaro e sempre meno umano, che aggredisce orecchie e menti. Di fronte a tanta violenza Blanche si aggrappa ostinatamente al suo mondo immaginario, difendendone l’esistenza con bugie ed invenzioni per non soccombere alla brutalità del reale. Tutto inutile, ovviamente.

Il suo perenne disagio, il senso di inadeguatezza, la nevrosi che minano il suo precario equilibrio sono restituite nell’interpretazione di Laura Marinoni, che ne rende meravigliosamente il percorso sul filo del baratro e la caduta finale. La concretezza di Stanley, un Vinicio Marchioni fisico, si, ma anche animalescamente perspicace, è la personificazione del nuovo profilo sociale vincente: duro, resistente e primitivo. E Stella, la sola a scegliere lucidamente il proprio posto nel mondo, lo ha capito bene: seguirà la via della carne, non quella dello spirito.

Lo spettacolo è un’interessante rilettura del testo, posta tra una fedeltà concettuale e un moderno stravolgimento formale, che raggiunge la mente più che il cuore.



Respuesta  Mensaje 4 de 4 en el tema 
De: Tony Kospan Enviado: 27/03/2012 23:49
Grazie Lietta per questa tua bella recensione...


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