Renata Viganò
(Bologna, 17 giugno 1900 – 23 aprile 1976)
è stata una scrittrice e partigiana italiana.
Scrittrice precoce a soli 13 anni riuscì a far pubblicare, nel 1913, la sua prima raccolta di poesie, Ginestra in fiore, e nel 1916 Piccola Fiamma, ma raggiunse una certa notorietà solamente nel 1949 con L'Agnese va a morire, romanzo d'impianto neorealistico tra i più intensi della narrativa ispirata alla resistenza. Fin da piccola con la passione della letteratura coltivava un sogno: da grande il fare medico, ma difficoltà economiche subentrate in famiglia la indussero ad interrompere il liceo e, suo malgrado, con senso del sacrificio e una maturazione affrettata e non voluta, ad entrare nel mondo del lavoro come inserviente e poi infermiera negli ospedali bolognesi. Questo suo lavoro al servizio di chi aveva bisogno, non le impedì di scrivere, per quotidiani e periodici, elzeviri, poesie, racconti sino all'8 settembre 1943. Con l'arrivo dell'armistizio la sua vita ebbe una svolta esistenziale: con il marito, Antonio Meluschi, l’infermiera-scrittrice partecipò alla lotta partigiana come staffetta, infermiera e collaborando alla stampa clandestina. Di questo periodo disagiato ma intriso di sano idealismo esistenziale fu pervasa la susseguente produzione letteraria, che in L'Agnese va a morire 1949 raggiunse il punto più alto con il Premio Viareggio tradotto in quattordici lingue e trama per film omonimo. Vale la pena di ricordare, tra le opere della Viganò, almeno altri due libri sul tema della Guerra di liberazione: Donne della Resistenza 1955, ventotto affettuosi ritratti di antifasciste bolognesi cadute e, Matrimonio in brigata 1976, una raccolta di efficaci racconti partigiani, uscito proprio l'anno in cui la scrittrice è scomparsa. Due mesi prima della morte, a Renata Viganò fu assegnato il premio giornalistico "Bolognese del mese", per il suo stretto rapporto con la realtà popolare della città.