Nacque a Palermo, quarto dei cinque figli di una famiglia di modestissime condizioni. Sin dall'infanzia manifestò uno scarso interesse per l'istruzione e una propensione all'umorismo. Nonostante il modesto impegno profuso nell'attività scolastica, riuscì faticosamente a ottenere la licenza elementare ma con molti problemi perché non era bravo in matematica. Nell'adolescenza, cercando di mantenersi con i mestieri più disparati (barbiere, falegname, calzolaio, salumiere), si guadagnò da vivere dal 1938 come intagliatore di calzature; eppure già iniziò a manifestarsi la sua passione per il mondo dello spettacolo e cominciò a esibirsi in occasione di cerimonie private dove imitò con successo alcune gag di Totò, divenuto il suo idolo. Ma il suo vero e proprio esordio sul palcoscenico risale a qualche anno più tardi, in pieno conflitto mondiale: nel 1944, infatti, dopo una lunga frequentazione del "Bar degli Artisti", autentico raduno di celebrità in erba, si riunì a Enzo Andronico e a tale Ciampolo a formare il Trio Sgambetta. Da quel momento per il comico palermitano iniziò una lunga gavetta, segnata da condizioni al limite dell'indigenza. Alla fine della guerra si trasferì a Torino, dove si misurò, al fianco di un esordiente Gino Bramieri, nel genere della parodia che allora godeva dei favori del pubblico. Durante una recita milanese, nel 1957, Ingrassia conobbe una componente di una scalcagnata orchestra di tabarin, Rosaria Calì, con la quale convolò a nozze a Genova il 5 settembre 1960 ed ebbe da lei il figlio Giampiero, che più tardi seguirà le orme paterne. All'inizio degli anni cinquanta Ingrassia era attore in una compagnia teatrale e veniva regolarmente pagato. Quasi per sbaglio incontrò per le strade di Palermo Francesco Benenato, poi in arte Franco Franchi, e da lì iniziò una lunga collaborazione, che avrebbe dato vita a una coppia definita d'oro per gli incassi altissimi e per il grande successo che ebbe nel pubblico. Realizzarono insieme centotrentadue film. I numeri sono concentrati negli anni sessanta. Ciò non deve far pensare che l'amicizia tra Franco e Ciccio fosse stabile: ci furono, e spesso in diretta televisiva, sonore litigate fra i due (storica è rimasta la baruffa in una trasmissione condotta da Raffaella Carrà, ovviamente in diretta). In genere Ciccio accusava Franco di megalomania, mentre Franco rimproverava al compagno una certa arroganza. Il momento di maggior crisi fra i due si ebbe tra la fine degli anni sessanta e l'inizio degli anni settanta. Nei periodi di lontananza da Franco, Ciccio continuò la sua carriera, interpretando, tra i molti ruoli, lo zio matto in Amarcord (1973) e l'onorevole Voltrano in Todo modo (1975), che gli valse il Nastro d'Argento al migliore attore non protagonista. Si cimentò poi anche come regista e aprì la casa di produzione Ingra Cinematografica. Il muro che si era creato tra lui e Franco cadde nel 1980, quando si scusò pubblicamente a Domenica In e la riconciliazione ufficiale avvenne in diretta televisiva, grazie all'intervento di Pippo Baudo. Così per la coppia arrivò un ulteriore importante riconoscimento sia di pubblico che di critica per l'interpretazione nel film Kaos, episodio tratto dalla novella di Pirandello La giara, in cui Ciccio interpretò la parte dell'attore protagonista. Franco e Ciccio continuarono a partecipare a vari programmi televisivi, sia come presentatori che come ospiti, fino al 1992 con la morte di Franco, che pose fine alla lunga, fortunata e movimentata collaborazione tra i due artisti siciliani. Ciccio fece ancora qualche apparizione cinematografica, per smettere definitivamente nel 1996. Affetto dal 2001 da problemi respiratori, Ciccio Ingrassia morì al Policlinico Gemelli di Roma il 28 aprile 2003, circondato dai suoi cari.