Sposato con un figlio, lavora nei Cantieri Riuniti dell'Adriatico a Monfalcone, qui entra in contatto con i gruppi antifascisti con i quali comincia a collaborare. Dopo l'8 settembre comincia subito ad organizzare i primi nuclei della lotta partigiana in Friuli. Il 15 settembre è comandante della battaglione Garibaldi costituitosi sul monte Corada per poi passare al comando della brigata "Ippolito Nievo" attiva in Val Cellina. L'occupazione della Repubblica libera della Carnia nel dicembre 1944 da parte delle forze nazifasciste, dopo lunghi combattimenti, lo obbliga a tornare in pianura. E' tradito da una spia e viene catturato dalle Brigate nere di Palmanova, e portato nella caserma "Piave dove subisce le peggiori sevizie, ma non rivela nessuna informazione. Processato in carcere a Udine è condannato a morte e fucilato con altri 28 partigiani, nel cortile dello stesso carcere.
In una lettera scritta il giorno di Pasqua del 1945 dopo 19 giorni dalla sentenza scrive al figlio Marietto
« ... la speranza di vedere la fine dell'odiato tedesco e lo sterminio del fascismo si fa sempre più viva in me ... Oggi il parroco delle carceri nella sua visita ci disse che ci saranno un po' di graziati e io, a mente serena, so di non essere tra quelli... Dopo un'agonia di 20 giorni ti voglio esprimere le mie ultime volontà. La spia che mi mandò alla morte è a Bicinicco, perciò rintracciala e vendicami. Ricorda che a Palmanova mi hanno fatto molto soffrire tra impiccagione e maltrattamenti. Sono molto orgoglioso che dai 10 interrogatori con abbia tradito nessuno. Di più non posso scrivere... sono orgoglioso di essere appartenuto alle gloriose Brigate Garibaldi e di essere un Comunista...» |
(Lettera al figlio scritta il 1 aprile 1945, carcere di Udine) |
Dopo la fucilazione le formazioni partigiane di Pordenone si costituiscono in divisione Garibaldi "Mario Modotti".