TALVOLTA IL MONDO VIRTUALE RISOLVE
DEI PROBLEMI DELLA VITA REALE...
Spesso si parla dell’assurdità del mondo virtuale in quanto rischia di prevalere sulla vita reale.
In alcuni casi però, ed il seguente è uno di questi, abbiamo un caso opposto.
Cioè un’attività virtuale che agisce positivamente sulla vita reale.
L’articolo è del quotidiano LA REPUBBLICA
e lo riporto in modo integrale per correttezza e assoluto rispetto del lavoro giornalistico.
Tony Kospan
Impaginaz. T.K.
Sentenza storica negli Stati Uniti
assolto nel nome di Facebook
Repubblica — 13 novembre 2009 pagina 25 sezione: POLITICA ESTERA
NEW YORK – «Dove sono i miei pankakes?».
Mai domanda fu più dolce alle orecchie di Rodney Bradfor, un 19enne di Harlem che grazie a quell’ interrogativo ha evitato di finire in gattabuia.
Certo, non sappiamo se la frase scritta - sostiene il New York Times - in strettissimo slang nascondesse qualche messaggio in codice (si tratta proprio di pankakes?) ma per ora il giovane Rodney l’ ha sfangata.
Dice l’ archivio digitale del social forum che il messaggio è stato postato, cioè inserito, alle 11:49 del mattino del 17 ottobre scorso dal computer dell’ abitazione del papà, al 71 West della 118esima strada, alle porte di Harlem: come avrebbe fatto Rodney a trovarsi alla stessa ora alle Farragut Houses, un complesso edilizio di Brooklyn, cioè dalla parte opposta di New York?
Così il ragazzo è stato assolto dall’ accusa di furto.
E per Facebook si è registrato un altro record: per la prima volta il forum più visitato del mondo (300 milioni di utenti) ha fornito la prova di un alibi.
Dice John G. Browning, un avvocato di Dallas esperto di Internet e legislazione, che è una piccola rivoluzione.
Mentre l’ America insegue su Internet le tracce criminali lasciate dalla mano assassina di Nidal Malik Hasan, lo psichiatra-killer di Fort Hood, la frequentazione del web viene utilizzata per la prima volta per scagionare qualcuno.
I casi contrari non sono certo una novità.
Sempre per un furto è stato incastrato proprio da Facebook un altro ragazzo.
E’ accaduto per esempio nel settembre scorso a Martinsburg, Pennsylvania: dopo il furto, il disgraziato si è messo a chattare su Internet, ma quando ha finito ha dimenticato di fare il log out, e invece di "uscire" (dal computer) è finito dentro.
Ma davvero ci si può fidare di un accesso a Facebook come prova?
Nel caso del ragazzo di Harlem anche il papà aveva testimoniato sulla presenza a casa, ma vista la recidività del soggetto (Rodney è accusato anche di altri furti) il giudice sostiene di aver dato particolare importanza all’alibi virtuale.
La sentenza però fa discutere.
Dice sempre al New York Times Joseph A. Pollini, un professore del John Jay College, che l’assoluzione è stata impartita troppo in fretta.
«Chiunque può accedere a qualsiasi sito utilizzando un nome e una password, chiunque può mettere nuovi dati su Facebook».
Gioisce invece mamma Ernestine: «Solitamente gridiamo ai nostri figli di smetterla di stare al computer – ha detto la donna al New York Post – ma stavolta se non fosse per Facebook ora mio figlio non sarebbe più qui».
DA REPUBBLICA.T - INVIATO ANGELO AQUARO
CIAO DA TONY KOSPAN
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