Alberto Berri, pseudonimo di Alberto Cannavale
(Napoli, 4 agosto 1923 – Napoli, 22 settembre 1998),
è stato un cantante italiano.
“Prufesso’ vuje tenite ‘n onza ‘e voce e ‘nu quintale ‘e core” disse il grande Pasquariello ad Alberto Berri quando nel 1949 lo ascoltò nell’interpretazione di “Bella di notte” durante la popolare Festa di Porta Capuana a Napoli. Quella serata segnò la svolta della carriera di Alberto Berri verso la discografia. Incise il suo primo disco il 1° giugno 1949, fu “Luna Rossa” della quale fu anche il primo interprete. Alberto conobbe Nello Segurini che lo stimò moltissimo. Fu lui che portandolo con sé a Radio Napoli nel ’52 scoprì le sue possibilità di dedicarsi anche alla canzone italiana passando quindi nel ’54 ai microfoni di Radio Roma. Seguirono le trasmissioni radiofoniche e televisive dalla RAI di Torino e Milano. Alberto Berri è noto agli appassionati della canzone italiana e napoletana come l’interprete oltre che di “Luna rossa”, di “’O vico”, “Surriento d’’e ‘nnammurate”, “Luna caprese”, “A testa aruta” ma anche di “Parlami d’amore Mariù”, “Borgo antico”, “Firenze sogna”. Bisogna viaggiare molto indietro nel tempo per ritrovare il primo nascere della sua vocazione da una travagliata formazione umana ed artistica. Alberto era nato in una famiglia borghese e da ragazzino conduceva una vita agiata. Il padre era orafo e gli zii erano i produttori dei profumi Cannavale, celebri negli anni venti a Napoli, “fornitori della Real Casa di S. A. R. la Duchessa d’Aosta e delle più importanti amministrazioni del Regno” come recitava un messaggio pubblicitario del settembre del 1930. Ma a causa della profonda crisi che seguì (erano gli anni dell’ “oro alla patria”) fu costretto con dolore ad interrompere gli studi intrapresi per trovare un lavoro che gli permettesse di contribuire alle esigenze della famiglia. La vita era dura ma Alberto rimase gioviale e spensierato. Quando rientrando a casa la sera cantava per le strade le canzoni in voga negli anni quaranta, qualche finestra si illuminava al passaggio dell’insolito stornellatore. A 18 anni, modernissimo Cirano, era conteso dagli amici che lo trascinavano a cantare ciascuno per la propria bella, con la sua calda voce, una dolce serenata d’amore. L’interesse di quel pubblico semplice e spontaneo fece germogliare in lui l’idea di diventare un cantante professionista. Il suo sogno fu troncato però dalla guerra. E poiché nel suo cuore di buon napoletano non taceva l’eco delle melodie preferite, dopo aver vissuto la prigionia nell’Isola di Rodi in Grecia, ritornato in patria si mise a studiare sul serio. Nel ’45 il suo primo incontro fortunato con il baritono del S. Carlo Antonio Picillo, il quale avendone riconosciuto il pregevole talento, si prodigò per farlo debuttare al Teatro Apollo di Napoli nel 1947. E così da Napoli, dalle grandi feste popolari di quegli anni come la Piedigrotta, il suo nome si trasferì nei manifesti delle compagnie di rivista che si esibivano nei più autorevoli teatri italiani –incontrando sempre il favore del pubblico per le personali doti di bel canto e per meriti di seria e sensibile interpretazione. Nel ’55 partecipò al Festival della canzone di Velletri, unitamente ai cantanti Achille Togliani, Marisa Colomber, Paolo Sardisco, Katina Ranieri e altri, aggiudicandosi il primo ed il terzo premio. Al festival della Canzone Napoletana andò a lui il merito di aver portato in finale le note canzoni “Guaglione” e “Palummella”… …fino al 1965, anno in cui smise di cantare, per dedicarsi solo alla sua dolce Emilia, (la biondina di cui si innamorò cantando “L’ultima serenata” nel ‘51) e agli studi musicali del figlio Antonello.