Carlos Monzón
(San Javier, 7 agosto 1942 – Los Cerrillos, 8 gennaio 1995)
è stato un pugile e attore argentino, campione mondiale dei pesi medi dal 1970 al 1977. La International Boxing Hall of Fame lo ha riconosciuto fra i più grandi pugili di ogni tempo.
Carlos era il sesto di dodici figli. La famiglia Monzón si sposta da San Javier, un piccolo, sperduto villaggio, a Santa Fe. Durante il viaggio Carlos si ammala di tifo; il medico è pessimista sulle conseguenze della malattia, ma a dispetto di tutto ciò, Monzón svilupperà un fisico potente in grado di portarlo ai vertici della boxe mondiale di tutti i tempi. Gli anni giovanili di Carlos Monzón sono caratterizzati soprattutto dal tentativo di guadagnare qualche soldo, lavorando come lustrascarpe o - in qualche caso - rubando e tralasciando gli obblighi scolastici. Viene avviato alla boxe da Amilcar Brusa, l'uomo che rimarrà sempre al suo fianco nelle sue imprese. Dopo circa settanta incontri vinti fra i dilettanti, nel 1963 passa al professionismo; la sua prima borsa è di 3000 pesos, che corrispondono al guadagno di trenta anni di lavoro del padre. Subisce soltanto tre sconfitte nella sua carriera, ai punti, con avversari che avrebbe poi battuto in incontri di rivincita. Dotato di una notevole altezza, 184 cm, per la sua categoria - pesi medi (72,574 kg), deve il suo successo all'assenza di punti deboli: in lui nulla eccede ma vi è tutto. Pur non avendo grande scherma pugilistica, è essenziale, completo, con un fisico d'acciaio, un pugno pesante e preciso accompagnato da un notevole allungo ed è un ottimo incassatore, risulta finito al tappeto 2/3 volte nell 'intera carriera professionistica. Caratteristiche che fanno di lui un pugile freddo, tranquillo, determinato, sempre padrone della situazione, spietato con gli avversari. Conquistato il titolo del Sud America, affronta la chance mondiale a Roma contro Nino Benvenuti il 7 novembre 1970. Monzón - outsider sconosciuto ai più - vince per fuori combattimento alla dodicesima ripresa. Torna in patria da eroe: duecentomila persone salutano lui e la cintura di campione del mondo appena conquistata, e la sua faccia impassibile da indio si apre al sorriso. Sei mesi dopo a Montecarlo a Benvenuti viene concessa l'opportunità della rivincita. L'incontro si chiude al terzo round per getto della spugna e segna la fine della carriera per il pugile italiano. A questa difesa del titolo ne seguono tredici, un record nella categoria. Sotto i suoi colpi cadono campioni quali Griffith, Briscoe, Nápoles, Tonna. Spettacolari i due incontri con il colombiano Rodrigo Valdéz, L'argentino lascia da re, si ritira il 30 agosto del 1977 dopo l'ultimo con Valdéz a cui passerà il testimone; al contrario di altri grandi pugili, non tornerà più sul ring, evitando di esibirsi in incontri che evidenziassero la sua ormai inevitabile decadenza. Fuori dal ring Monzón sbaglia tutto, anche quando pensa di far carriera come attore. Alle porte di Roma, gira "El macho", ed è quel soprannome che gli resterà addosso. La vita privata è costellata da relazioni tormentate, fra le sue partner figurano Ursula Andress e Nathalie Delon ma spesso Monzón tornerà all'attenzione delle cronache per aggressioni verso le proprie compagne; Il campione dimostra affetto e tenerezza esclusivamente per i suoi figli: tre avuti da Mercedes, la prima delle sue tre mogli, che accecata dalla gelosia spara all'ex campione quando questi le confessa un flirt avuto con Susana Giménez, la Brigitte Bardot del Sud America ed Il quarto figlio avuto da Alicia Muñiz, modella uruguaiana. Nella notte di San Valentino del 1988, Monzón e la Muñiz litigano e la donna rimane uccisa; il giudice non ha dubbi: è strangolata. Monzon nasconde il volto rigato di lacrime quando viene condannato a undici anni. Dopo sette anni di buona condotta e l'intervento di amici celebri, l'ex pugile riceve la promessa di libertà vigilata entro il 1995. Dopo una battuta di caccia, Monzón è in strada verso il carcere di Las Flores dove ha l'obbligo di dormire. Si immette nella corsia di sorpasso a 140 chilometri orari, l'auto sbanda e si ribalta più volte. Monzón muore a soli cinquantadue anni.