QUANDO LA REALTA'... IN QUESTO CASO... STORICA
SUPERA LA FANTASIA
QUESTA STORIA E' VENUTA ALLA LUCE UNA VENTINA D'ANNI FA
MA SOLO DA POCO, GRAZIE AL LIBRO DEL FIGLIO,
E' DIVENUTA NOTA IN TUTTO IL MONDO
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ALEX KURZEM
IL BIMBO EBREO CHE DIVENNE LA MASCOTTE DEI NAZISTI
Quest’incredibile e documentata vicenda è assolutamente vera…. e da essa…, dalla rivelazione del bambino diventato ormai anziano al figlio…, è nato un libro divenuto best seller in tutto il mondo…, con il titolo IL BAMBINO SENZA NOME.
Ma andiamo con ordine…
LA STORIA
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Siamo in uno sperduto villaggio tra i boschi della Bielorussia (purtroppo non si è riusciti a scoprire quale) nel mezzo della seconda guerra mondiale…
Il ragazzo vive lì con la sua umile famiglia di origini ebree.
Tutto inizia la sera in cui sua madre dice, “Domani saremo tutti morti”.
Ma lui - come si chiamava allora? non lo sa, non lo ricorda proprio – si era alzato ed era uscito di casa nella notte, era salito sulla collina e da lì, la mattina seguente, aveva visto uno spettacolo di tremendo orrore per chiunque, immaginarsi per un bambino di – forse – cinque anni.
Aveva solo capito che doveva fuggire e nascondersi nella foresta... dormendo sugli alberi di notte.
Ma dopo aver vagato per mesi da solo nei boschi tra la neve ed i lupi viene catturato da un’unità lettone filonazista.
Eccolo ora davanti al plotone di esecuzione ma lì, le spalle contro il muro della scuola, rivolge al sottufficiale che sta per premere il grilletto una strana, ma perfetta domanda da bambino:
“Puoi darmi un pezzo di pane, prima di spararmi?”.
Questa domanda gli salva la vita.
Le SS decidono infatti di prendere quel bambino dai capelli biondissimi e dagli occhi cerulei come loro mascotte, per farne un modello di soldato bambino da utilizzare per la propaganda.
Da questo momento incomincia la vita ‘costruita’ su misura per lui, proprio come le divise – fatte della sua taglia – che gli fanno indossare per trasformarlo nella mascotte dei soldati.
Gli vengono dati un nome, Uldis Kurzemnieks, e una data di nascita; gli si dice che è russo; gli si insegna a ripetere la storia (alterata) del suo ritrovamento; viene perfino modificata la data in cui era stato salvato.
Nel 1995 Alex Kurzem ha sessant’anni (almeno, pensa di avere sessant’anni, perché gli è stata attribuita una data di nascita, proprio come gli è stato attribuito un nome) e ha sempre taciuto a tutti e perfino ai suoi familiari il suo passato avvolto nella nebbia di ricordi imprecisi e della volontà di rimozione.
Vive con la sua famiglia in Australia ma ecco che, inventando una scusa per la moglie, lascia Melbourne e si reca dal figlio Mark, a Oxford.
Stringe tra le mani la valigetta che Mark e i suoi fratelli gli hanno sempre visto custodire gelosamente, senza che nessuno di loro potesse mai sbirciarci dentro.
In quella valigetta sono conservate le foto e vari documenti del suo passato di mascotte dei nazisti.
Alex ora vuole ricordare, ritrovare le sue radici, la sua famiglia, il suo passato, vuole sapere tutto, anche il suo nome, perché quello con cui è cresciuto, si è sposato, ha generato tre figli, Alex Kurzem, non è che il nome falso che gli diedero su un foglio di via.
Chiede quindi al figlio di aiutarlo.
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I L L I B R O
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L'AIUTO DEL FIGLIO MARK
Mark ha da poco iniziato la sua vita da ricercatore a Oxford quando suo padre Alex bussa alla sua porta con un angoscioso segreto da confessare.
I brandelli di quel segreto sono rinchiusi in una logora valigia che custodisce i ricordi evanescenti e ossessionanti che per quasi settant’anni suo padre ha cercato di seppellire nell’oblio.
Tocca a Mark ora aiutare suo padre a ricostruire la sua storia, l’epopea di un bambino bielorusso ebreo di cinque anni che è scampato avventurosamente allo sterminio della sua famiglia e del suo villaggio.
UNA RECENSIONE
Non si esce indenni dalla lettura di questo libro.
Perché non solo vi ritroviamo le descrizioni delle carneficine compiute dai nazisti, ma a questi crimini se ne aggiungono altri, che non grondano sangue ma che sono più sottilmente crudeli.
Che non annientano la vita ma la manipolano, che non distruggono ma rubano l’identità di un individuo, privando della sua eredità culturale lui e i suoi figli e i figli dei figli.
Non possiamo non essere pervasi pure noi dall’angoscia duplice dell’uomo che si domanda chi sia (o chi fosse prima di diventare quello che è ora) e se debba giudicarsi colpevole per quello che ha fatto, che gli hanno fatto fare, che non sa se ha fatto.
Un bambino di sei, sette, otto anni, distingue tra bene e male?
E, se un bambino è (lo diceva Rousseau) per sua natura buono e innocente, quanto maggiormente colpevole è chi lo mette sulla strada del male?
Avrebbe dovuto, lui, avrebbe potuto sottrarsi, fare qualcosa di diverso da quello che ha fatto?
Questa è la copertina ed il titolo del libro pubblicato in Italia
Notizie e informazioni dal Web liberamente adattate ed impaginate da T. K.
Ciao da Tony Kospan
La tua pagina di sogno di fb
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