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E' stato uno dei più grandi poeti italiani del primo novecento.
Possiamo definirlo:
il poeta della semplicità…
dell'umanità… e della triestinità.
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Ripartiamo dall’ordinario che è già straordinario
(U. Saba)
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Umberto Saba (vero cognome Poli) Trieste 9 marzo 1883 – Gorizia 25 agosto 1957
BREVE BIOGRAFIA
Nato a Trieste da Rachel Coen (ebrea) e Ugo Poli (cattolico)
fu presto
abbandonato dal padre e la madre l'affidò ad una balia slovena,
nota come "Peppa Sabaz"
che l'allevò come un figlio e che lui definì "madre di gioia".
Fu proprio per lei che scelse lo pseudonimo "Saba".
Saba bambino
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Rientrato in famiglia dalla madre,
con cui però ebbe sempre un rapporto conflittuale,
interruppe il ginnasio per iniziare a lavorare.
La sua formazione culturale avvenne
dunque con “sterminate letture” di classici.
Saba a Firenze
Trasferitosi a Firenze frequentò gli ambienti intellettuali dell'epoca.
Dopo il servizio militare svolto a Salerno (1907/1908) si sposa con
Carolina Wölfler (la Lina del Canzoniere).
Saba con la moglie
Nel 1910 pubblica il suo primo libro di poesie.
Tornato a Trieste visse gestendo una vecchia Libreria
e scrivendo.
Poi si trasferì a Milano e successivamente a Roma.
Ebbe molte traversie al tempo delle famigerate leggi razziali
e durante la guerra ma fu aiutato da molti intellettuali antifascisti.
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Dopo la guerra ebbe molti riconoscimenti… tra cui
il premio dell'Accademia dei Lincei nel 1951
e la laurea honoris causa dell'università di Roma nel 1953.
Dopo la morte della moglie
si convertì al cattolicesimo nel 1957.
Purtroppo la sua vita
fu connotata anche da frequenti problemi neurologici.
Morì a Trieste nel 1957.
Saba con Lina... l'amata moglie
LA SUA POETICA
La sua vita interiore fu caratterizzata
da un grande amore per la conoscenza
mentre la sua poetica ricevette sempre giudizi contrastanti.
Se per Pasolini era un poeta "difficile"
a Palazzeschi invece appariva "semplice e puro".
In realtà la sua è una poetica assolutamente
indipendente rispetto alle mode ed agli stili del suo tempo
e tesa, attraverso la ricerca interiore,
ad esprimere vere ed universali emozioni.
ALCUNE SUE BELLE POESIE
Segnalo la seconda che è considerata la sua più bella
e l'ultima che possiamo considerare
una mini biografia della sua vita poetica.
FANCIULLE
Maria ti guarda con gli occhi un poco
come Venere loschi.
Cielo par che s'infoschi
quello sguardo, il suo accento è quasi roco.
Non è bella, né in donna ha quei gentili
atti, cari agli umani;
belle ha solo le mani,
mani da baci, mani signorili.
Dove veste, sue vesti son richiami
per il maschio, un'asprezza
strana di tinte. è mezza
bambina e mezza bestia. Eppure l'ami.
Sai ch'è ladra e bugiarda, una nemica
dei tuoi intimi pregi;
ma quanto più la spregi
più la vorresti alle tue voglie amica.
Sua moglie e sua figlia in una rara foto
A MIA MOGLIE
Tu sei come una giovane
una bianca pollastra.
Le si arruffano al vento
le piume, il collo china
per bere, e in terra raspa;
ma, nell'andare, ha il lento
tuo passo di regina,
ed incede sull'erba
pettoruta e superba.
E' migliore del maschio.
E' come sono tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio.
Così, se l'occhio, se il giudizio mio
non m'inganna, fra queste hai le tue uguali,
e in nessun'altra donna.
Quando la sera assonna
le gallinelle
mettono voci che ricordan quelle,
dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
ti quereli, e non sai
che la tua voce ha la soave e triste
musica dei pollai.
Tu sei come una gravida giovenca;
libera ancora e senza
gravezza, anzi festosa;
che, se la lisci, il collo
volge, ove tinge un rosa
tenero la tua carne.
Se l'incontri e muggire
l'odi, tanto è quel suono
lamentoso, che l'erba
strappi, per farle un dono.
è così che il mio dono
t'offro quando sei triste.
Tu sei come una lunga
cagna, che sempre tanta
dolcezza ha negli occhi,
e ferocia nel cuore.
Ai tuoi piedi una santa
sembra, che d'un fervore
indomabile arda,
e così ti riguarda
come il suo Dio e Signore.
Quando in casa o per via
segue, a chi solo tenti
avvicinarsi, i denti
candidissimi scopre.
Ed il suo amore soffre
di gelosia.
Tu sei come la pavida
coniglia. Entro l'angusta
gabbia ritta al vederti
s'alza
e verso te gli orecchi
alti protende e fermi;
che la crusca e i radicchi
tu le porti, di cui priva
in sé si rannicchia,
cerca gli angoli bui.
Chi potrebbe quel cibo
ritoglierle? chi il pelo
che si strappa di dosso,
per aggiungerlo al nido
dove poi partorire?
Chi mai farti soffrire?
Tu sei come la rondine
che torna in primavera.
Ma in autunno riparte;
e tu non hai quest'arte.
Tu questo hai della rondine:
le movenze leggere:
questo che a me, che mi sentiva
ed era vecchio, annunciavi
un'altra primavera.
Tu sei come la provvida
formica. Di lei, quando
escono alla campagna,
parla al bimbo la nonna
che l'accompagna.
E così nella pecchia
ti ritrovo, ed in tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio;
e in nessun'altra donna.
Miguel Mackinlay
RITRATTO DELLA MIA BAMBINA
La mia bambina con la palla in mano,
con gli occhi grandi colore del cielo
e dell'estiva vesticciola: Babbo
mi disse voglio uscire oggi con te.
Ed io pensavo: di tante parvenze
che s'ammirano al mondo, io ben so a quali
posso la mia bambina assomigliare.
Certo alla schiuma, alla marina schiuma
che sull'onde biancheggia, a quella scia
ch'esce azzurra alle nubi , insensibili nubi
che si fanno e disfanno in chiaro cielo:
e ad altre cose leggiere e vaganti.
Chagall
AMAI
Amai trite parole che non uno
osava. M'incantò la rima fiore
amore,
la più antica, difficile del mondo.
Amai la verità che giace al fondo,
quasi un sogno obliato, che il dolore
riscopre amica. Con paura il cuore
le si accosta, che più non l'abbandona.
Amo te che mi ascolti e la mia buona
carta lasciata al fine del mio gioco.
IL VIDEO IN CUI STREHLER LO RICORDA
TONY KOSPAN
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Trieste nei primi anni del '900