Spesso la conoscenza della vita e delle abitudini dei popoli antichi non ci giunge da documenti scritti ma da oggetti di uso comune e talvolta anche artistici come nel caso di cui ora parlerò.
Non solo, l'osservazione di questo eccezionale manufatto ci fa anche comprendere quali fossero all'epoca le relazioni tra le città in questa parte d'Italia oltre 23 secoli fa.
Una parte dei fregi esistenti sulla cista
L'OGGETTO... LA CISTA
E' un cofanetto metallico di forma cilindrica alto 77 cm., cesellato in modo raffinato e con un coperchio sormontato da 3 piccole sculture.
Rappresenta un contenitore molto in uso presso gli Etruschi e quasi certamente utilizzato per la conservazione di gioielli, ornamenti e/o cosmetici.
E' uno dei reperti etruschi meglio conservati in quanto non ha subito,
se non in modo lieve, l'usura del tempo.
Prese il nome Ficoroni dall'antiquario che nel 1738 ne venne in possesso
dopo il ritrovamento avvenuto in Prenestina, comune vicino Roma.
Attualmente si trova nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.
Prima scena - 2 uomini tra anfore
LA STORIA E LA... FIRMA!
La Cista, del 4° secolo A.C., presenta anche un'iscrizione che ci consente di conoscere da chi, dove e perché fu creata.
L'iscrizione in latino arcaico "DINDIA MACOLNIA FILEAI DEDIT NOVIOS PLAUTIOS MED ROMAI FECID" cioè Dindia Macolnia (mi) donò alla figlia / Novio Plauzio mi fece a Roma) ci dice infatti che fu creata a Roma per una ricca matrona prenestina, forse come dote per la figlia, da un artista-artigiano quasi certamente di origini napoletane o campane.
L'origine greca dell'autore si desume oltre che dal nome, dal complesso delle immagini del mito classico cesellato sulla superficie della Cista.
Bisogna ricordare che all'epoca Napoli, Neapolis, era allora una città della Magna Graecia.
LE SCENE ISTORIATE E QUELLA PIU' SORPRENDENTE
Le 3 scene presenti sono quasi certamente la riproposizione di una serie di opere pittoriche greche perdute e riguardanti il ciclo del mito degli Argonauti.
Ma soffermiamoci un attimo sulla scena che appare più sorprendente che non solo è di una raffinatezza unica ma che ci colpisce anche per la sua simpatica ironia.
Sembra una scena presa pari pari da uno dei classici film in cui la boxe è protagonista.
Vediamo infatti un uomo dal fisico prestante che dà dei pugni ad un sacco sospeso... mentre gli è accanto un altro basso e grasso che, in modo ridicolo, imita l'altro... lanciando pugni in aria.
Sorprendono, su di un oggetto in fondo non molto grande, la vastità, la complessità e la precisione delle scene istoriate, a cui si debbono poi aggiungere le 3 piccole sculture in alto, i rilievi posti sopra i piedini oltre a vari altri decori.
Tutto questo, unito alla qualità e bellezza del risultato, mostra l'elevata perfezione raggiunta dai disegnatori e cesellatori greci.
La simpaticissima scena
QUALCHE CONSIDERAZIONE SU QUESTO CAPOLAVORO DI 2400 ANNI FA
L'opera, creata a Roma da un artigiano di Neapolis per una famiglia etrusca, ci dice una cosa che spesso non prendiamo in considerazione.
All'epoca Roma era solo una città in fase di forte espansione, Prenestina, come tutta l'Etruria, era in difficoltà rispetto ai tentativi di annessione operati dalla città capitolina e più giù, sulla costa era ancora viva e vivace la cultura della Magna Graecia.
Dunque ci troviamo al cospetto di 3 mondi molto diversi (se non in conflitto) ma che, nonostante le difficoltà "politiche", interagivano tranquillamente nei periodi in cui non c'erano guerre.
Tuttavia, quest'ultimo aspetto non è esclusivo di queste città, anzi.
Si può infatti ritenere con certezza che analoghe relazioni sociali, economiche e culturali avvenivano con tutti gli altri popoli vicini, laziali e non solo.
Tony Kospan
Rilievo sul piede della cista