Anche io viaggio da sola
Come nel film di Julia Roberts, le donne preferiscono girare il mondo senza compagnia
GIULIA VOLA
TORINO Mollare tutto e partire. Stare via un anno, girare il mondo, meravigliarsi, ritrovarsi e innamorarsi. Sembra un film e infatti lo è: Julia Roberts saluta tutti e vola in Italia, va in India e finisce a Bali. Nel frattempo «mangia, prega, ama» come solo una donna che viaggia da sola può fare e come solo Hollywood sa raccontare. Eppure, dal cinema alla realtà il passo è più corto delle gambe di Pretty Woman: quella di «Eat, Pray, Love» non è che la rappresentazione di un'idea sempre più forte. Per farsene un'idea basta andare sul sito della Cnn e leggere alcune delle 35 mila opinioni in merito.
Oppure, come ha fatto la sottoscritta, partire e verificare di persona, scoprendo che, se gli uomini amano viaggiare in coppia, le femmine sempre di più adorano la solitudine. Partono anche leggere, per non pentirsi di non avere qualcuno che gli porti la valigia. E c'è anche un trucco per non salassare il conto in banca e non rimpiangere di non avere un maschio che paga il conto: si chiama Round The World Ticket ed è un unico biglietto emesso grazie alle alleanze strategiche internazionali stipulate tra le principali compagnie aeree. Risultato, loro t'infilano sul primo posto vuoto dei loro aerei (e ce ne sono sempre di più) e tu non stai mai ferma. Dunque, se i maschi sembrano destinati ad ammorbidirsi e a femminilizzarsi anche nelle abitudini di viaggio, le ragazze non hanno paura dell'avventura e dell'indipendenza. «Farlo è stato più facile che pensarlo - racconta Misook Bang, insegnante quarantenne sud coreana -. Ho prenotato tutto on line, mio marito ha scoperto del viaggio a cose fatte. Ho comprato un biglietto da Seoul a Seoul, in mezzo i quattro continenti: da New York al pueblo azteco in Messico, dal Salar de Uyuni in Bolivia al Sahara in Marocco, dall'Amazzonia ecuadoriana alle spiagge di Tonga».
Maria Soares è partita da Barcellona, è sbarcata in Sud America, se l'è girata in treno, poi è volata in Asia e quattro mesi dopo è capitata nel parco di Kowloon a Hong Kong, dove l'ho incontrata in pantaloni di lino e camicia bianca. All'appello manca solo l'Africa occidentale. Costo del sogno realizzato: duemila dollari. «Finita l'università - racconta - avevo bisogno di un po' di tempo per me stessa». Detto fatto: Maria ha ballato il tango a Buenos Aires, ha partecipato a riti tribali a Giava e ha sciato sulle Ande quando in Italia era piena estate, ha navigato tra i mercati sull'acqua thailandesi e si è persa nei villaggi di palafitte filippini.
Che si faccia il giro del mondo o che se ne scelga una parte, l'importante è non rispettare il copione. «Viaggiare da sole è una sfida con se stesse e con la società», spiega Luisa Sola, cinquantenne pioniera in materia ora convertita ai viaggi di gruppo organizzati. «Per avventure in solitaria ci vogliono coraggio, un fisico adatto, l'età giusta e un po' d'incoscienza». E allora è obbligatorio parlare con gli sconosciuti per imparare abitudini e tradizioni; accettare passaggi per frugare negli angoli delle vie; mangiare con le mani per riscoprire il piacere di leccarsi le dita; perdersi nelle città e quando è troppo buio saltare su un taxi e farsi riportare a casa.
«Per il giro del mondo non bisogna nemmeno essere ricchi - mi raccontava Janette Schmidt, londinese trentenne che ho conosciuto alla frontiera tra Perù e Bolivia - Un viaggio di venti giorni in cinque Paesi non costa più di mille euro». Sei mesi prima lavorava nella City e mangiava pane e finanza. Poi la giostra si è rotta, Janette ha perso il lavoro e ha deciso di rischiare tutto: «La parte più difficile è stata dire ai miei che, invece di cercarne un altro, stavo per fare il giro del mondo». Una volta partita si è sentita a casa, coccolata dalle famiglie che la ospitavano di volta in volta. Il trucco, meglio noto come couch surfing, mette i divani dei viaggiatori a disposizione l'uno dell'altro, in una sorta di gemellaggio temporaneo: «Ho fatto la cittadina del mondo che va a trovare i vicini di casa come fossero vecchi amici. Ho dormito nelle loro case, ho ascoltato i racconti dopo cena e ho giocato con i figli in soggiorno. Mi hanno confidato primi baci, matrimoni e tradimenti, ricordi risvegliati da vie e palazzi, bar e giardini. Cose che non avrei mai scoperto viaggiando in compagnia. E cose che magari non scoprirò mai di chi mi sta accanto, a casa mia». |