di Enrico Berti*
Il pensiero di Antonio Rosmini (1797-1855), sacerdote roveretano, è stato dapprima interpretato soprattutto come una teoria della conoscenza, culminante nell’idea dell’essere, ma più recentemente è stato apprezzato anche per gli aspetti riguardanti la morale, il diritto e la politica, incentrati sui concetti di persona, di amore e di libertà, nonché per la posizione assunta dal filosofo all’interno della Chiesa cattolica. L’espressione più completa dell’aspetto propriamente filosofico del pensiero di Rosmini è costituita dalla Teosofia, opera postuma che sviluppa un’ontologia e una teologia naturale del tutto originali.
1. Teoria della conoscenza
Al problema della conoscenza Rosmini ha dedicato la sua prima opera importante, il Nuovo saggio sull’origine delle idee (1830), scritta su esortazione del papa Pio VIII. In essa egli critica l’empirismo come ‘teoria errata per difetto’, perché incapace di spiegare la conoscenza razionale, e l’innatismo come ‘teoria errata per eccesso’, perché ammette troppe idee innate (Platone) o troppe categorie a priori (Kant). Secondo R, la conoscenza razionale richiede una sola idea innata, l’’idea dell’essere’. Questa non è una forma vuota, come le categorie di Kant, perché ha come contenuto l’essere, inteso come il più universale e indeterminato di tutti i caratteri che possono essere predicati di un oggetto. La conoscenza razionale, chiamata da Rosmini ‘percezione intellettiva’, è la sintesi tra un contenuto empirico, fornito dalla sensazione, e una forma innata, costituita dall’idea dell’essere, quindi è un giudizio del tipo che Kant chiamava sintetico a priori, dotato di contenuto nuovo, ma anche di universalità.
La sensazione, chiamata da Rosmini ‘percezione sensitiva’, non è altro che la percezione di una modifica che il nostro corpo subisce da parte di un oggetto sensibile, dunque suppone una precedente sensazione del proprio corpo, chiamata da Rosmini ‘sentimento corporeo fondamentale’. L’idea dell’essere è fonte di tutti i princìpi della conoscenza (principio di non contraddizione, di sostanza, di causa) e di tutte le ‘idee pure’, o categorie (unità, possibilità, necessità ecc.). Essa proviene, secondo Rosmini, direttamente da Dio ed è un’intuizione, cioè una visione intellettiva, dell’essere.
2. Morale, diritto e politica
All’esposizione della morale Rosmini ha dedicato i Principii della scienza morale (1831). La morale, secondo Rosmini, ha per oggetto il bene, il quale non è altro che l’essere in quanto amato dalla volontà, quindi la morale si fonda interamente sull’amore per l’essere, conosciuto grazie all’idea dell’essere. L’essere, cioè il bene, possiede un ordine, secondo il quale l’essere supremo, il più degno di essere amato, è Dio, poi vengono le persone, che hanno valore di fini, e infine vengono le cose, che hanno valore di mezzi. La massima della morale dunque è: “ama l’essere, ovunque lo conosci, in quell’ordine che egli presenta alla tua intelligenza”. La persona – spiega Rosmini nell’Antropologia in servizio della scienza morale (1838) – è un “individuo sostanziale intelligente, in quanto contiene un principio attivo supremo”, cioè il ‘lume della ragione’, che è poi l’idea dell’essere. Per questo le persone sono superiori alle cose e vanno trattate sempre anche come fini – secondo la nota massima di Kant – e mai soltanto come mezzi.
Il diritto – come Rosmini Spiega nella Filosofia del diritto (1841-45) – ha come suo fondamento la persona, perché “la persona dell’uomo è il diritto umano sussistente, quindi anche l’essenza del diritto”. Pertanto il diritto consiste essenzialmente nel rispetto della dignità delle persone. Poiché infatti Dio, cioè l’infinito, è l’oggetto supremo dell’idea dell’essere e dell’amore per l’essere, “niente può stare al di sopra del principio personale, quindi egli è il principio naturale supremo, di maniera che niuno ha il diritto di comandare a quello che sta ai comandi dell’infinito”.
Da tale concezione del diritto deriva la concezione rosminiana della politica, esposta nella Filosofia della politica (1839), secondo la quale la ‘società civile’, unione di molte famiglie, richiede un’autorità, lo Stato, che è quindi una realtà artificiale e deve esercitare il potere nella misura minima necessaria per garantire la sicurezza e la libertà degli individui e delle famiglie. Il pensiero politico di Rosmini è dunque di tipo liberale e comprende anche una critica al socialismo e al comunismo, da lui accusati di ‘perfettismo’, cioè di credere nella possibilità di realizzare la perfezione in questo mondo. Come cattolico liberale Rosmini fu molto vicino ad Alessandro Manzoni e sostenne l’idea di fare dell’Italia unita una monarchia costituzionale.
L’unica società che può essere perfetta, secondo Rosmini, è la Chiesa cattolica, anche se, per esserlo, ha bisogno di essere profondamente riformata. L’opera in cui Rosmini espose le ragioni per cui la Chiesa deve essere riformata è intitolata Le cinque piaghe della Santa Chiesa (1848), dove l’autore denuncia la separazione del clero dal popolo nella liturgia, l’insufficiente educazione del clero, la mancanza di unità tra i vescovi, l’interferenza dell’autorità politica nella nomina degli stessi e i problemi derivanti dal possesso dei beni ecclesiastici. In seguito alla svolta anti-liberale di Pio IX l’opera fu messa all’Indice dei libri proibiti (1849).
3. La ‘teosofia’
Nella Teosofia Rosmini risponde alle critiche mossegli da Vincenzo Gioberti (1801-1852), che lo aveva accusato di ‘psicologismo’, cioè di assegnare alla conoscenza un oggetto puramente psicologico, quale l’idea dell’essere. A ciò Rosmini rispose che l’idea dell’essere non è un oggetto psicologico, ma è una realtà ontologica, perché è la prima delle tre forme dell’essere. Queste sono, appunto, l’idea dell’essere, o ‘essere ideale’, l’’essere reale’, cioè l’essere qual è in sé stesso indipendentemente dal conoscere, e l’’essere morale’, cioè l’essere che è oggetto di amore da parte della volontà, il quale coincide col bene. Poiché l’essere ideale, cioè l’idea dell’essere, è virtualmente infinito, cioè può essere applicato a qualsiasi cosa di cui abbiamo esperienza, tra le sue attuazioni, che costituiscono l’essere reale, ce ne deve essere una che è realmente infinita, e questa è Dio. In tal modo Rosmini ritiene di avere offerto una nuova dimostrazione dell’esistenza di Dio, contribuendo in tal modo alla teologia naturale.
La filosofia di Rosmini è stata criticata dai gesuiti neotomisti, che si richiamavano all’enciclica di Leone XIII Aeterni Patris (1879), i quali lo hanno accomunato a Gioberti nell’accusa di ‘ontologismo’, cioè di avere ammesso un’intuizione diretta di Dio, e in seguito a tale critica 40 proposizioni estratte dalle sue opere sono state condannate dal Santo Uffizio. Ma durante il Concilio Vaticano II il pontefice Paolo VI ha tolto il divieto di pubblicazione delle Cinque piaghe (1963), indi il pontefice Giovanni Paolo II ha concesso che si avviasse la causa di beatificazione di Rosmini (1998) e, a conclusione di questa, il pontefice Benedetto XVI lo ha proclamato beato (2007).
*Professore emerito all'Università di Padova, è autore di numerosi saggi sul pensiero filosofico. Tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo: In principio era la meraviglia. Le grandi questioni della filosofia antica (Laterza, 2007).
Pubblicato il 12/04/2011