Lettura del profeta Isaia 32, 15-20
Il testo va inquadrato in una realtà storica drammatica, siamo nel sec. VIII a.C., e il piccolo Regno di Giuda è sotto la minaccia dell'impero Assiro mentre sogna alleanze impossibili per liberarsi. Al cap.31 il profeta aveva messo in guardia dal cercare alleanze: "Guai a quanti scendono in Egitto per cercare aiuto, pongono speranza nei cavalli e confidano nei carri numerosi" (31,1).
Il profeta garantisce che "cadrà l'Assiria sotto una spada che non è umana"(31,8) e perciò può immaginare, per un futuro indeterminato, "un re che regnerà con giustizia e i capi che governeranno col diritto" (32,1). Il testo è un bellissimo progetto etico per il mondo politico e per una società finalmente coraggiosa che si costruisce, senza timore, nella pace. "Non si chiuderanno più gli occhi di chi vede e le orecchie di chi sente saranno attente. L'ignobile non si chiamerà più nobile né l'imbroglione sarà detto gentiluomo (32,3-5)."
Dopo un intermezzo, curioso, nel contesto ebraico in cui, particolarmente, si parla delle donne spensierate e baldanzose (32,9) che probabilmente, nel testo, rappresentano una spensieratezza vanesia e irresponsabile per la realtà concreta di pericolo e di morte, si ritrova, nel brano di oggi, una profezia di speranza. Sarà Dio stesso e solo Lui a capovolgere le prospettive di una storia sempre segnata dalla paura e dalla sottomissione a potenze straniere. Dio immetterà il suo Spirito: "In noi sarà infuso uno spirito dall'alto". E noi riandiamo ad Ezechiele che illustra i tempi della Nuova Alleanza (Ez 36,24-28). Lo Spirito di Dio modella una nuova società, fondata su un coerente ordine morale. La Parola di Dio, attraverso il profeta, garantisce la pace, solo là dove c'è giustizia e diritto (Is 32,16): "Praticare la giustizia darà pace, onorare la giustizia darà tranquillità e sicurezza per sempre". (32,17)". E pace significa abbondanza di raccolto poiché la steppa si trasforma in giardino così carico e ricco da sembrare una "selva". Ci potranno essere dissesti e disavventure (ma il testo ebraico è difficile da interpretare); tuttavia per questo popolo di agricoltori e di pastori ci sarà abbondanza di raccolti e di animali in libertà che non procureranno danni e non saranno rubati.
Quello che abbiamo letto è il sogno di un mondo più giusto e senza violenza. Ma la garanzia di Dio ci chiede, insieme, il bisogno di una sua presenza"che viene dall'alto", ed anche il nostro impegno a fare spazio, a credere nella pace, a ricercare insieme giustizia e diritto.
Noi fatichiamo a sentire queste proposte come risolutive. Ci sembra sempre che la giustizia sia parziale e frammentaria, che non vale viverla perché si è perdenti, che valgono di più il privilegio, il ricercare vantaggi, il costruire gruppi di potere, l'aggregarsi ai potenti.
Quando ci si lamenta o ci si spaventa della mafia diffusa, dobbiamo davvero interrogarci se le radici del cercare favori e sviluppare interessi di parte non ci alleino di più alle stesse realtà prevaricanti che disdegniamo, conniventi con la stessa mafia.
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani. 5, 5b-11
San Paolo è consapevole della fragilità di ogni persona, anche se già credente. Così vuole soccorrere le inevitabili sfiducie e lacerazioni che le sconfitte e le debolezze umane ci infliggono.
Spesso sentiamo dire o pensiamo noi stessi: "Sono stanco di fare progetti, sono stanco di dover sempre chiedere scusa mentre non miglioro, sono deluso dalla mia pochezza e dalla meschinità: sembra proprio di giocare. Sto prendendo in giro Dio e il suo messaggio".
Paolo sa che, comunque, sta parlando a persone che credono in Gesù, nella sua pienezza e nella sua Parola. Così conta di portare incoraggiamento. E lo fa proprio ricordando un avvenimento drammatico che scandalizza ancora oggi. "Perché Gesù è morto in croce? E' un giusto e ha subito una terribile violenza, è potente ed ha accettato di sottoporsi ad atroci sofferenze e umiliazioni. E Dio dov'era? Siamo a rischio di affermare che nel mondo non è possibile alcuna giustizia, non è presente alcun inviato da Dio, non è possibile alcuna speranza.
In questo desolazione Paolo capovolge i nostri pensieri. Tutto questo è stato voluto da Dio per mostrare una totalità di amore, per sostenere una continuità di speranza, per dimostrare che il Padre non si scoraggia proprio davanti a questo mondo. Ci presenta un Salvatore che comunque, fino in fondo, sta dalla nostra parte, qualunque cosa succeda.
Il problema per noi è il fidarci, il mettersi nelle mani di questo amore senza limiti, accettare che è possibile per noi. Non dipende da noi ma dalla bontà di Dio che non abbandona. Così noi cristiani siamo portatori di questa consapevolezza che ci cambia la vita poiché sappiamo che il Signore è misericordioso. Ma immediatamente diventa esigente di coerenza perché la misericordia si manifesti, perché il mondo e le strutture risentano di questa presenza e amore di Dio.
Il Signore non è venuto a cambiare le compagini politiche e sociali, ma a cambiare il cuore e a dare consapevolezza di questa amicizia e disponibilità grande. Per questo non ha accettato di essere il messia vittorioso, il rigeneratore di leggi o di strutture, il conquistatore di regni. E' venuto come servo ad offrire se stesso con amore. Ma se non è disposto a fare cambiamenti politici o sociali in prima persona, non per questo accetta l'ingiustizia e lo sfruttamento. Proprio su questo amore che ci ha portato e ci comunica chiede di cambiare mentalità e vita per fare un mondo più bello. E perciò più umano, più accogliente, più responsabile, più capace di non violenza e di pace.
E questo è il compito della Chiesa. Il Cardinale Martini ce lo ha voluto insegnare con le sue parole e con la sua esistenza. Egli ha vissuto con amore il significato della Parola che ha ascoltato con attenzione, lasciandosi coinvolgere, nei problemi e nella fatica della gente. La sua novità fondamentalmente, è stata questa.
Lettura del Vangelo secondo Giovanni. 3, 1-13
Nicodemo è un uomo saggio, maestro nella comunità ebraica, esperto nelle Scritture, stupito della presenza di Gesù, che compie "segni" che rimandano alla presenza di Dio, come appare a lui e a molti. Qualche versetto prima, l'evangelista Giovanni ci ricorda che Gesù è a Gerusalemme per la Pasqua (una delle. tre Pasque: 2,23: 6,4: 13,1 da lui ricordate. Gli altri tre Vangeli ne ricordano una sola).
Gesù, a Gerusalemme, sta tentando di aprire gli occhi ai suoi e alla gente che arriva al tempio. Egli interviene coraggiosamente contro il commercio di animali e il mercato dei cambiavalute che rendono il cortile del tempio un terribile luogo di latrocinio e di interesse. Ci si è dimenticati, dice Gesù, che il rapporto primo con Dio è credere nella sua Parola e pregare. La religiosità, invece, è diventata gesto esteriore nel culto, danaro, formalità, interesse economico (2,13-17).
Segue uno strano ma illuminante testo. "Molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull'uomo. Egli infatti conosceva quello che c'è nell'uomo" (2,23-25).
C'è gente che lo apprezza e si sente portata ad essere discepoli, ma Gesù conosce le persone .Non le reputa cattive, ma superficiali. Aderiscono per stupore, per emozione, per interesse, per cercare soluzioni, non per capire. Egli conosce la mente umana, dice Giovanni, poiché è prerogativa di Dio "conoscere il cuore di tutti gli uomini" (1 Re 8,39; Sir 42,18) e non ha bisogno che qualcuno lo informi.
Eppure accetta di incontrare Nicodemo che vuole conoscere veramente il significato della vita di Gesù. E' un maestro e sa che la Scrittura rimanda alla venuta di un Messia, e che Dio interviene sempre in modo imprevedibile: Perciò, come maestro, sa di doversi mettere in ricerca, anche se con discrezione.
Vuole sondare nella vita di Gesù maestro perché ha intravisto dei segni. Nicodemo, che si accosta anche a nome di altri ("sappiamo". 3,2), sa che i segni non sono sufficienti, anzi spesso sono ambigui, poiché marcano le esigenze della salute e le attese dello star bene, ma se non si ha una chiave non insegnano nulla e il significato sfugge. Il cercare e l'interpretare sono compito dell'uomo, del maestro, del credente che si fida e non si accontenta delle risposte immediate.
Gesù sa che deve svelarsi, perché questo è il suo compito. E lo fa volentieri, anche se mette in difficoltà Nicodemo. Il linguaggio di Gesù è nuovo, rivoluzionario: "«In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio». E' la rivoluzione dell'esistenza, incomprensibile, ambigua, inattuale. Così Nicodemo si sente spiazzato e tenta di capire e di interpretare. Ma, come spesso capita, il significato delle parole proposte hanno diversi valori. Gesù intende: "Rinascere dall'alto"; Nicodemo intende: "Rinascere di nuovo".
E comunque il rinascere è capovolgimento, cambiamento totale, revisione piena della esistenza, imprevedibilità. Gesù traduce: "Nascere dall'acqua e dallo Spirito permette di entrare nel Regno di Dio". Da una parte la visione carnale riporta alla terra, alla fragilità e alla ambiguità del reale. Gesù, d'altra parte, rimanda al pensare nuovo, alla purificazione ed alla nuova creazione. Le prime comunità cristiane rileggono così il battesimo, l'inizio della adesione a Gesù, aggregazione in un mondo di Dio dove i pensieri sono totalmente rinnovati alla luce della sua Parola. Il dialogo con Nicodemo, che resta ancorato alla legge e a Mosè, come legislatore e maestro, non permette di immaginare un capovolgimento. Eppure lo Spirito soffia dove vuole e non ha barriere per cui il nuovo non si interpreta più col passato. La contrapposizione tra carne e Spirito porta al futuro, alle prospettive nuove, agli orizzonti di Dio. Gesù porta segni che Nicodemo crede di avere per qualche verso colto, ma ora scopre che sono segnali di completamente altro, di futuro, di rinascita, di novità impensabile. Gesù accetta anche lui di parlare al plurale: "Noi parliamo, sappiamo, testimoniamo" (v 11) e qui si affacciano il mondo nuovo e le comunità cristiane che mantengono la sua testimonianza come fondamento. Gesù svela la sua conoscenza "di ciò che sta in cielo" (v 12), la sua comunione con il Padre. Il suo salire e scendere lo rendono pellegrino dei mondi dell'uomo per coinvolgere e pellegrino del mondo di Dio per condurre tutti nella comunione del Padre.
Tutto il testo è complesso e solo la riflessione secolare della Chiesa ci permette di intravedere lo spessore e la vocazione di coloro che hanno accettato l'immersione nell'acqua e nello Spirito.
Il rinascere è sempre a portata di mano, ma sempre nuovo. Ti viene suggerito dai segni e dalle Parole di Gesù, dalle aspirazioni e dal dialogo con le persone, dal coraggio di verificarsi come credenti e dal discernimento. E tutto è legato alla preghiera nello Spirito.
Il Card. Martini, che sentiamo vivissimo per le sintesi e la commozione che in questi giorni ci hanno illuminato, ci aiuti a camminare nella eredità che ci ha offerto e che non abbiamo ancora sufficientemente capito e maturato. Ma è stato un dono di grazia dello Spirito per la nostra quotidiana rinascita.
da parole nuove
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