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Riflessioni: ANNO DELLA FEDE
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Respuesta  Mensaje 1 de 7 en el tema 
De: enricorns  (Mensaje original) Enviado: 11/10/2012 11:02
«Riscoprire la fede risposta
alla "desertificazione" spirituale»
 
 
Questa mattina il Papa presiede sul Sagrato della Basilica di San Pietro la Messa per l'apertura dell'Anno della fede, in occasione del 50esimo anniversario dell'inizio del Concilio Vaticano II. Attorno all'altare 80 cardinali, 15 padri conciliari, 8 patriarchi delle Chiese orientali, 191 arcivescovi e vescovi sinodali e 104 presidenti di Conferenze episcopali di tutto il mondo.

Nell'Omelia il Papa ha sottolineato che «L’Anno della fede che oggi inauguriamo è legato coerentemente a tutto il cammino della Chiesa negli ultimi 50 anni».

C'è un legame forte tra Concilio e Anno della fede che inizia oggi anche se «il Concilio Vaticano II non ha voluto mettere a tema la fede in un documento specifico. E tuttavia, esso è stato interamente animato dalla consapevolezza e dal desiderio di doversi, per così dire, immergere nuovamente nel mistero cristiano, per poterlo riproporre efficacemente all’uomo contemporaneo».

Una nota autobiografica ha sottolineato come il tema della fede fosse pervasivo dell'assise conciliare: «Io stesso allora ho avuto modo di sperimentare: durante il Concilio vi era una tensione commovente nei confronti del comune compito di far risplendere la verità e la bellezza della fede nell’oggi del nostro tempo, senza sacrificarla alle esigenze del presente né tenerla legata al passato: nella fede risuona l’eterno presente di Dio, che trascende il tempo e tuttavia può essere accolto da noi solamente nel nostro irripetibile oggi. Perciò ritengo che la cosa più importante, specialmente in una ricorrenza significativa come l’attuale, sia ravvivare in tutta la Chiesa quella positiva tensione, quell’anelito a riannunciare Cristo all’uomo contemporaneo. Ma affinché questa spinta interiore alla nuova evangelizzazione non rimanga soltanto ideale e non pecchi di confusione, occorre che essa si appoggi ad una base concreta e precisa, e questa base sono i documenti del Concilio Vaticano II, nei quali essa ha trovato espressione. Per questo ho più volte insistito sulla necessità di ritornare, per così dire, alla «lettera» del Concilio – cioè ai suoi testi – per trovarne anche l’autentico spirito, e ho ripetuto che la vera eredità del Vaticano II si trova in essi».

La sostanza dell'Anno della fede non dev'essere formalistica e celebrativa: «Se oggi la Chiesa propone un nuovo Anno della fede e la nuova evangelizzazione, non è per onorare una ricorrenza, ma perché ce n’è bisogno, ancor più che 50 anni fa!». La fede si confronta con sfide inedite: «In questi decenni è avanzata una "desertificazione" spirituale. Che cosa significasse una vita, un mondo senza Dio, ai tempi del Concilio lo si poteva già sapere da alcune pagine tragiche della storia, ma ora purtroppo lo vediamo ogni giorno intorno a noi. È il vuoto che si è diffuso. Ma è proprio a partire dall’esperienza di questo deserto, da questo vuoto che possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi uomini e donne».

Il richiamo dell'Anno della fede non richiama cambiamenti strutturtali, esteriori: «Oggi più che mai evangelizzare vuol dire testimoniare una vita nuova, trasformata da Dio, e così indicare la strada».

L'Anno della fede, come un cammino che recupera l'essenziale:«un pellegrinaggio nei deserti del mondo contemporaneo, in cui portare con sé solo ciò che è essenziale: non bastone, né sacca, né pane, né denaro, non due tuniche – come dice il Signore agli Apostoli inviandoli in missione (cfr Lc 9,3), ma il Vangelo e la fede della Chiesa, di cui i documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II sono luminosa espressione, come pure lo è il Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato 20 anni or sono».
 
da avvenire


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Respuesta  Mensaje 2 de 7 en el tema 
De: enricorns Enviado: 11/10/2012 11:03
Il Concilio nuova immersione nel mistero cristiano
 
 
Venerati Fratelli,
cari fratelli e sorelle!
Con grande gioia oggi, a 50 anni dall’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, diamo inizio all’Anno della fede. Sono lieto di rivolgere il mio saluto a tutti voi, in particolare a Sua Santità Bartolomeo I, Patriarca di Costantinopoli, e a Sua Grazia Rowan Williams, Arcivescovo di Canterbury. Un pensiero speciale ai Patriarchi e agli Arcivescovi Maggiori delle Chiese Orientali Cattoliche, e ai Presidenti delle Conferenze Episcopali. Per fare memoria del Concilio, che alcuni di noi qui presenti – che saluto con particolare affetto - hanno avuto la grazia di vivere in prima persona, questa celebrazione è stata arricchita di alcuni segni specifici: la processione iniziale, che ha voluto richiamare quella memorabile dei Padri conciliari quando entrarono solennemente in questa Basilica; l’intronizzazione dell’Evangeliario, copia di quello utilizzato durante il Concilio; la consegna dei sette Messaggi finali del Concilio e quella del Catechismo della Chiesa Cattolica, che farò al termine, prima della Benedizione. Questi segni non ci fanno solo ricordare, ma ci offrono anche la prospettiva per andare oltre la commemorazione. Ci invitano ad entrare più profondamente nel movimento spirituale che ha caratterizzato il Vaticano II, per farlo nostro e portarlo avanti nel suo vero senso. E questo senso è stato ed è tuttora la fede in Cristo, la fede apostolica, animata dalla spinta interiore a comunicare Cristo ad ogni uomo e a tutti gli uomini nel pellegrinare della Chiesa sulle vie della storia.

L’Anno della fede che oggi inauguriamo è legato coerentemente a tutto il cammino della Chiesa negli ultimi 50 anni: dal Concilio, attraverso il Magistero del Servo di Dio Paolo VI, il quale indisse un «Anno della fede» nel 1967, fino al Grande Giubileo del 2000, con il quale il Beato Giovanni Paolo II ha riproposto all’intera umanità Gesù Cristo quale unico Salvatore, ieri, oggi e sempre. Tra questi due Pontefici, Paolo VI e Giovanni Paolo II, c’è stata una profonda e piena convergenza proprio su Cristo quale centro del cosmo e della storia, e sull’ansia apostolica di annunciarlo al mondo. Gesù è il centro della fede cristiana. Il cristiano crede in Dio mediante Gesù Cristo, che ne ha rivelato il volto. Egli è il compimento delle Scritture e il loro interprete definitivo. Gesù Cristo non è soltanto oggetto della fede, ma, come dice la Lettera agli Ebrei, è «colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (12,2).

Il Vangelo di oggi ci dice che Gesù Cristo, consacrato dal Padre nello Spirito Santo, è il vero e perenne soggetto dell’evangelizzazione. «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio» (Lc 4,18). Questa missione di Cristo, questo suo movimento continua nello spazio e nel tempo, attraversa i secoli e i continenti. E’ un movimento che parte dal Padre e, con la forza dello Spirito, va a portare il lieto annuncio ai poveri di ogni tempo – poveri in senso materiale e spirituale. La Chiesa è lo strumento primo e necessario di questa opera di Cristo, perché è a Lui unita come il corpo al capo. «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21). Così disse il Risorto ai discepoli, e soffiando su di loro aggiunse: «Ricevete lo Spirito Santo» (v. 22). E’ Dio il principale soggetto dell’evangelizzazione del mondo, mediante Gesù Cristo; ma Cristo stesso ha voluto trasmettere alla Chiesa la propria missione, e lo ha fatto e continua a farlo sino alla fine dei tempi infondendo lo Spirito Santo nei discepoli, quello stesso Spirito che si posò su di Lui e rimase in Lui per tutta la sua vita terrena, dandogli la forza di «proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista», di «rimettere in libertà gli oppressi» e di «proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19).
Il Concilio Vaticano II non ha voluto mettere a tema la fede in un documento specifico. E tuttavia, esso è stato interamente animato dalla consapevolezza e dal desiderio di doversi, per così dire, immergere nuovamente nel mistero cristiano, per poterlo riproporre efficacemente all’uomo contemporaneo. Al riguardo, così si esprimeva il Servo di Dio Paolo VI due anni dopo la conclusione dell’Assise conciliare: «Se il Concilio non tratta espressamente della fede, ne parla ad ogni pagina, ne riconosce il carattere vitale e soprannaturale, la suppone integra e forte, e costruisce su di essa le sue dottrine. Basterebbe ricordare [alcune] affermazioni conciliari (…) per rendersi conto dell’essenziale importanza che il Concilio, coerente con la tradizione dottrinale della Chiesa, attribuisce alla fede, alla vera fede, quella che ha per sorgente Cristo e per canale il magistero della Chiesa» (Catechesi nell’Udienza generale dell’8 marzo 1967). Così Paolo VI.
Ma dobbiamo ora risalire a colui che convocò il Concilio Vaticano II e che lo inaugurò: il Beato Giovanni XXIII. Nel Discorso di apertura, egli presentò il fine principale del Concilio in questi termini: «Questo massimamente riguarda il Concilio Ecumenico: che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace. (…) Lo scopo principale di questo Concilio non è, quindi, la discussione di questo o quel tema della dottrina… Per questo non occorreva un Concilio… E’ necessario che questa dottrina certa ed immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che risponda alle esigenze del nostro tempo» (AAS 54 [1962], 790.791-792).
Alla luce di queste parole, si comprende quello che io stesso allora ho avuto modo di sperimentare: durante il Concilio vi era una tensione commovente nei confronti del comune compito di far risplendere la verità e la bellezza della fede nell’oggi del nostro tempo, senza sacrificarla alle esigenze del presente né tenerla legata al passato: nella fede risuona l’eterno presente di Dio, che trascende il tempo e tuttavia può essere accolto da noi solamente nel nostro irripetibile oggi. Perciò ritengo che la cosa più importante, specialmente in una ricorrenza significativa come l’attuale, sia ravvivare in tutta la Chiesa quella positiva tensione, quell’anelito a riannunciare Cristo all’uomo contemporaneo. Ma affinché questa spinta interiore alla nuova evangelizzazione non rimanga soltanto ideale e non pecchi di confusione, occorre che essa si appoggi ad una base concreta e precisa, e questa base sono i documenti del Concilio Vaticano II, nei quali essa ha trovato espressione. Per questo ho più volte insistito sulla necessità di ritornare, per così dire, alla «lettera» del Concilio – cioè ai suoi testi – per trovarne anche l’autentico spirito, e ho ripetuto che la vera eredità del Vaticano II si trova in essi. Il riferimento ai documenti mette al riparo dagli estremi di nostalgie anacronistiche e di corse in avanti, e consente di cogliere la novità nella continuità.

Il Concilio non ha escogitato nulla di nuovo come materia di fede, né ha voluto sostituire quanto è antico. Piuttosto si è preoccupato di far sì che la medesima fede continui ad essere vissuta nell’oggi, continui ad essere una fede viva in un mondo in cambiamento.

Se ci poniamo in sintonia con l’impostazione autentica, che il Beato Giovanni XXIII volle dare al Vaticano II, noi potremo attualizzarla lungo questo Anno della fede, all’interno dell’unico cammino della Chiesa che continuamente vuole approfondire il bagaglio della fede che Cristo le ha affidato. I Padri conciliari volevano ripresentare la fede in modo efficace; e se si aprirono con fiducia al dialogo con il mondo moderno è proprio perché erano sicuri della loro fede, della salda roccia su cui poggiavano. Invece, negli anni seguenti, molti hanno accolto senza discernimento la mentalità dominante, mettendo in discussione le basi stesse del depositum fidei, che purtroppo non sentivano più come proprie nella loro verità.
Se oggi la Chiesa propone un nuovo Anno della fede e la nuova evangelizzazione, non è per onorare una ricorrenza, ma perché ce n’è bisogno, ancor più che 50 anni fa! E la risposta da dare a questo bisogno è la stessa voluta dai Papi e dai Padri del Concilio e contenuta nei suoi documenti. Anche l’iniziativa di creare un Pontificio Consiglio destinato alla promozione della nuova evangelizzazione, che ringrazio dello speciale impegno per l’Anno della fede, rientra in questa prospettiva. In questi decenni è avanzata una «desertificazione» spirituale. Che cosa significasse una vita, un mondo senza Dio, ai tempi del Concilio lo si poteva già sapere da alcune pagine tragiche della storia, ma ora purtroppo lo vediamo ogni giorno intorno a noi. E’ il vuoto che si è diffuso. Ma è proprio a partire dall’esperienza di questo deserto, da questo vuoto che possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi uomini e donne. Nel deserto si riscopre il valore di ciò che è essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso espressi in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita. E nel deserto c’è bisogno soprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e così tengono desta la speranza.

La fede vissuta apre il cuore alla Grazia di Dio che libera dal pessimismo. Oggi più che mai evangelizzare vuol dire testimoniare una vita nuova, trasformata da Dio, e così indicare la strada. La prima Lettura ci ha parlato della sapienza del viaggiatore (cfr Sir 34,9-13): il viaggio è metafora della vita, e il sapiente viaggiatore è colui che ha appreso l’arte di vivere e la può condividere con i fratelli – come avviene ai pellegrini lungo il Cammino di Santiago, o sulle altre Vie che non a caso sono tornate in auge in questi anni. Come mai tante persone oggi sentono il bisogno di fare questi cammini? Non è forse perché qui trovano, o almeno intuiscono il senso del nostro essere al mondo? Ecco allora come possiamo raffigurare questo Anno della fede: un pellegrinaggio nei deserti del mondo contemporaneo, in cui portare con sé solo ciò che è essenziale: non bastone, né sacca, né pane, né denaro, non due tuniche – come dice il Signore agli Apostoli inviandoli in missione (cfr Lc 9,3), ma il Vangelo e la fede della Chiesa, di cui i documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II sono luminosa espressione, come pure lo è il Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato 20 anni or sono.
Venerati e cari Fratelli, l’11 ottobre 1962 si celebrava la festa di Maria Santissima Madre di Dio. A Lei affidiamo l’Anno della fede, come ho fatto una settimana fa recandomi pellegrino a Loreto. La Vergine Maria brilli sempre come stella sul cammino della nuova evangelizzazione. Ci aiuti a mettere in pratica l’esortazione dell’apostolo Paolo: «La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda… E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di Lui a Dio Padre» (Col 3,16-17). Amen.
 
da avvenire

Respuesta  Mensaje 3 de 7 en el tema 
De: enricorns Enviado: 11/10/2012 15:46

"LA MIA PERSONA CONTA NIENTE: È UN FRATELLO CHE PARLA A VOI"
Il discorso detto "della Luna" di papa Giovanni XXIII

ROMA, giovedì, 11 ottobre 2012

E’ senza dubbio il discorso più famoso e sentito dell’intero pontificato di Angelo Roncalli.
Entrato nella storia come il “discorso della Luna”, si tratta del saluto a braccio rivolto da papa Giovanni XXIII la sera di giovedì 11 ottobre 1962 ai numerosissimi fedeli e pellegrini che avevano partecipato alla fiaccolata organizzata in occasione dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Oggi, cinquant’anni dopo, riprendiamo in trascrizione l'intero discorso, fatto di parole semplici e sincere, che non hanno perso nulla della loro straordinaria autenticità.



Cari figliuoli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero; qui tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera, osservatela in alto, a guardare questo spettacolo.

Gli è che noi chiudiamo una grande giornata di pace… di pace: « Gloria a Dio, e pace agli uomini di buona volontà ». Ripetiamo spesso questo augurio. E quando possiamo dire che veramente il raggio, la dolcezza della pace del Signore ci unisce e ci prende, noi diciamo: ecco qui un saggio di quello che dovrebbe essere la vita sempre di tutti i secoli e della vita che ci attende per l’eternità.

Dite un poco. Se domandassi, potessi domandare a ciascuno: “Voi da che parte venite?”. I figli di Roma che sono qui specialmente rappresentati risponderebbero: “Ah! noi siamo i vostri figlioli più vicini; voi siete il vescovo di Roma”. Ma voi, figlioli di Roma, vi sentite di rappresentare veramente la Roma caput mundi, così come nella provvidenza è stata chiamata ad essere, per la diffusione della verità e della pace cristiana?

In queste parole c’è la risposta al vostro omaggio. La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi, diventato padre per la volontà di nostro Signore… Ma tutti insieme, paternità e fraternità, e grazia di Dio, tutto, tutto…

Continuiamo, dunque, a volerci bene, a volerci bene così; guardandoci così nell’incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c’è, qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà.

Stamattina è stato uno spettacolo che neppure la Basilica di San Pietro, che ha quattro secoli di storia, ha mai potuto contemplare.

Apparteniamo, quindi, ad un'epoca nella quale siamo sensibili alle voci dall'alto: e vogliamo essere fedeli e stare secondo l'indirizzo che il Cristo benedetto ci ha dato.

Finisco dandovi la benedizione. Accanto a me amo invitare la Madonna, santa e benedetta, di cui oggi celebriamo il grande mistero.

Ho sentito qualcuno di voi che ha ricordato Efeso e le lampade accese intorno alla basilica di là, che io ho veduto con i miei occhi (non a quei tempi, si capisce, ma recentemente) , e che ricorda la proclamazione del dogma della divina maternità di Maria.

Questa sera lo spettacolo offertomi è tale da restare nella mia memoria come resterà nella vostra. Facciamo onore alle impressioni di questa sera! Che siano sempre i nostri sentimenti come ora li esprimiamo davanti al cielo e davanti alla terra. Fede, speranza, carità, amore di Dio, amore dei fratelli; e poi tutti insieme aiutati così nella santa pace del Signore, alle opere del bene!

Tornando a casa, troverete i bambini, date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima … da asciugare. Dite una parola buona. Il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell'amarezza. E poi tutti insieme ci animiamo: cantando, sospirando, piangendo, ma sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che ci ascolta, continuiamo a riprendere il nostro cammino.

Respuesta  Mensaje 4 de 7 en el tema 
De: enricorns Enviado: 11/10/2012 15:50

Il Papa apre l'Anno della fede: riannunciare Cristo nei deserti del mondo contemporaneo

2012-10-11 Radio Vaticana
Con la Messa presieduta sul Sagrato della Basilica di San Pietro, il Papa ha aperto oggi l’Anno della fede, nel giorno in cui si celebra il 50.mo anniversario dell'inizio del Concilio Vaticano II. Presenti, oltre a 400 tra cardinali e vescovi di tutto il mondo, Bartolomeo I, Patriarca di Costantinopoli, e il primate della Comunione anglicana Rowan Williams.
Se oggi la Chiesa propone un nuovo Anno della fede e la nuova evangelizzazione – ha sottolineato Benedetto XVI - non è per onorare una ricorrenza, ma perché ce n’è bisogno, ancor più che 50 anni fa! E la risposta da dare a questo bisogno è la stessa voluta dai Papi e dai Padri del Concilio e contenuta nei suoi documenti … In questi decenni è avanzata una «desertificazione» spirituale. Che cosa significasse una vita, un mondo senza Dio, ai tempi del Concilio lo si poteva già sapere da alcune pagine tragiche della storia, ma ora purtroppo lo vediamo ogni giorno intorno a noi. E’ il vuoto che si è diffuso. Ma è proprio a partire dall’esperienza di questo deserto, da questo vuoto che possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi uomini e donne. Nel deserto si riscopre il valore di ciò che è essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso espressi in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita. E nel deserto c’è bisogno soprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e così tengono desta la speranza. La fede vissuta apre il cuore alla Grazia di Dio che libera dal pessimismo. Oggi più che mai evangelizzare vuol dire testimoniare una vita nuova, trasformata da Dio, e così indicare la strada”.
Il Papa ha definito l’Anno della fede “un pellegrinaggio nei deserti del mondo contemporaneo, in cui portare con sé solo ciò che è essenziale: non bastone, né sacca, né pane, né denaro, non due tuniche – come dice il Signore agli Apostoli inviandoli in missione (cfr Lc 9,3), ma il Vangelo e la fede della Chiesa, di cui i documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II sono luminosa espressione, come pure lo è il Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato 20 anni or sono”.
Ricorda quindi le parole del Beato Giovanni XXIII. “Nel Discorso di apertura, egli presentò il fine principale del Concilio in questi termini: «Questo massimamente riguarda il Concilio Ecumenico: che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace. (…) Lo scopo principale di questo Concilio non è, quindi, la discussione di questo o quel tema della dottrina… Per questo non occorreva un Concilio… E’ necessario che questa dottrina certa ed immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che risponda alle esigenze del nostro tempo»”.
“Alla luce di queste parole – ha detto il Papa - si comprende quello che io stesso allora ho avuto modo di sperimentare: durante il Concilio vi era una tensione commovente nei confronti del comune compito di far risplendere la verità e la bellezza della fede nell’oggi del nostro tempo, senza sacrificarla alle esigenze del presente né tenerla legata al passato: nella fede risuona l’eterno presente di Dio, che trascende il tempo e tuttavia può essere accolto da noi solamente nel nostro irripetibile oggi. Perciò ritengo che la cosa più importante, specialmente in una ricorrenza significativa come l’attuale, sia ravvivare in tutta la Chiesa quella positiva tensione, quell’anelito a riannunciare Cristo all’uomo contemporaneo. Ma affinché questa spinta interiore alla nuova evangelizzazione non rimanga soltanto ideale e non pecchi di confusione, occorre che essa si appoggi ad una base concreta e precisa, e questa base sono i documenti del Concilio Vaticano II, nei quali essa ha trovato espressione".
"Per questo - ha proseguito - ho più volte insistito sulla necessità di ritornare, per così dire, alla «lettera» del Concilio – cioè ai suoi testi – per trovarne anche l’autentico spirito, e ho ripetuto che la vera eredità del Vaticano II si trova in essi. Il riferimento ai documenti mette al riparo dagli estremi di nostalgie anacronistiche e di corse in avanti, e consente di cogliere la novità nella continuità. Il Concilio non ha escogitato nulla di nuovo come materia di fede, né ha voluto sostituire quanto è antico. Piuttosto si è preoccupato di far sì che la medesima fede continui ad essere vissuta nell’oggi, continui ad essere una fede viva in un mondo in cambiamento”.
“I Padri conciliari – ha aggiunto - volevano ripresentare la fede in modo efficace; e se si aprirono con fiducia al dialogo con il mondo moderno è proprio perché erano sicuri della loro fede, della salda roccia su cui poggiavano. Invece, negli anni seguenti, molti hanno accolto senza discernimento la mentalità dominante, mettendo in discussione le basi stesse del depositum fidei, che purtroppo non sentivano più come proprie nella loro verità”.
Il Papa, infine, affida alla Madre di Dio l’Anno della fede: “La Vergine Maria brilli sempre come stella sul cammino della nuova evangelizzazione. Ci aiuti a mettere in pratica l’esortazione dell’apostolo Paolo: «La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda… E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di Lui a Dio Padre» (Col 3,16-17). Amen”.
 
da news.va

Respuesta  Mensaje 5 de 7 en el tema 
De: enricorns Enviado: 11/10/2012 15:55

Se oggi la Chiesa propone un nuovo Anno della fede e la nuova evangelizzazione – ha sottolineato Benedetto XVI - non è per onorare una ricorrenza, ma perché ce n’è bisogno, ancor più che 50 anni fa!

 

Allora diamoci da fare!!!!!


Respuesta  Mensaje 6 de 7 en el tema 
De: enricorns Enviado: 11/10/2012 16:01
Roveto Ardente uno strumento della nuova evangelizzazione

Il progetto Roveto ardente - che il Rinnovamento nello Spirito Santo ha sperimentato, a partire dal 1997, nella cappella della Sede nazionale in via degli Olmi, a Roma - è anche strumento di una nuova evangelizzazione, oltre a essere una rinnovata opportunità di accendere la fiamma della partecipazione di molte comunità ecclesiali intiepiditesi, senza vigore spirituale e poco inclini ad abbandonarsi all'azione dello Spirito. In questo particolare ritorno alla preghiera, il Signore dona a tutti un tempo di grazia in cui:

  • esperimentare una nuova Pentecoste personale
  • risvegliare l'unzione dello Spirito e la fede carismatica
  • riscoprire il dono delle lingue
  • ritrovare il gusto di una preghiera personale, profonda, godibile
  • impegnarsi nella difesa "spirituale" della Chiesa e del RnS
  • crescere nella comunione fraterna

Respuesta  Mensaje 7 de 7 en el tema 
De: enricorns Enviado: 12/10/2012 19:04
PREGHIERA PER L’ANNO DELLA FEDE

O Padre,
io ti ringrazio per questo anno in cui la Chiesa mi invita a riscoprire il valore della fede nella mia vita.
Desidero vivere intensamente questo tempo di grazia, nella consapevolezza che i doni di Dio vanno sempre accolti con gratitudine e piena corrispondenza da parte dell’uomo.
La Chiesa, indicendo quest’anno, vuole richia- mare tutti i suoi figli al valore imprescindibile della fede in ordine alla salvezza.
La preghiera corale ed incessante che ogni cre- dente eleva a te in comunione con tutta la Chiesa ha fondamentalmente, come oggetto, gli uomini. Che l’umanità intera ti permetta di portare a compimento in lei la tua opera di salvezza.
Che gli uomini non facciano resistenza al tuo Santo Spirito; che si lascino amare da te, che si rendano conto che non possono assolutamente realizzare quella vita che hanno ricevuto in dono da te, senza il tuo aiuto, senza la tua grazia.
Che gli uomini si aprano all’ascolto della tua Parola; che riconoscano la loro creaturalità e la tua paternità; che rinuncino al male; che si lascino guidare dal tuo Santo Spirito; che si avvalga- no della ministerialità della Chiesa; che riscopra- no il valore della preghiera, che accolgano Cri- sto Signore come loro personale salvatore; che confessino i loro peccati per essere rigenerati dal tuo perdono; che imparino ad obbedire alla tua volontà per beneficiare del dono della salvezza. Che le famiglie riscoprano la loro vocazione ad essere icone dell’amore trinitario che è sorgente di vita nuova; che quanti sono chiamati da Dio a mettere a disposizione sua e della Chiesa tutta la loro vita, corrispondano con generosità alla loro vocazione; che coloro che si avvicinano alla conclusione della loro esperienza terrena si pre- parino adeguatamente all’incontro con il loro Signore, nella riconciliazione e nell’affidamento di tutti se stessi alla misericordia di Dio.
Questi sono i frutti di grazia che, ti chiediamo, accompagnino questo anno della fede.


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