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Respuesta  Mensaje 1 de 1557 en el tema 
De: Enzo Claudio  (Mensaje original) Enviado: 29/11/2009 08:44
Domenica 29 Novembre
San Francesco Antonio Fasani

Lucera, 6 agosto 1681 - Lucera, 29 novembre 1742

Ancor giovane fu accolto tra i Minori Conventuali. Si distinse subito per la sua vita integerrima e fu esempio di austerità e zelo sacerdotale. Eletto Ministro Provinciale promosse le regolare disciplina in tutta la Provincia. Propagò la devozione alla Vergine Immacolata, e per circa 40 anni si rese famoso nelle Puglie per la sua ardente parola e per la grande carità verso i poveri, gli orfani e i carcerati. Fu canonizzato da Giovanni Paolo II il 13 aprile 1986.


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De: lore luc Enviado: 20/12/2012 04:00

Giovedì 20 Dicembre 2012

 


Beato Vincenzo Romano, Sacerdote

La data di culto per la Chiesa universale è il 20 dicembre, mentre in Campania, di cui è Patrono Celeste del Clero Diocesano, viene commemorato il 29 novembre (inizio della novena dell’Immacolata).

V

incenzo Romano nacque il 3 giugno 1751 a Torre del Greco, alle falde del Vesuvio, celebre per la sviluppatissima arte del corallo.

I genitori, Nicola Romano e Grazia Rivieccio, di famiglia modesta, abitavano a Via Piscopia, in uno dei rioni più popolosi e vivaci della città. Trascorse i primi anni della sua vita in un clima familiare assai religioso ed ebbe come primo maestro ed educatore don Agostino Scognamiglio, pio e dotto sacerdote torrese. All'età di 14 anni fu ammesso al Seminario Diocesano di Napoli, dove poté giovarsi della guida di uomini di cultura e di santità, dei consigli di Mariano Arciero, suo Padre Spirituale, e degli insegnamenti di S. Alfonso Maria de' Liguori.

Ordinato sacerdote il 10 giugno 1775, svolse il suo apostolato per 20 anni nella natia Torre del Greco, dedicandosi a tutte le attività religiose e sociali che questo popoloso paese, posto all’estremo confine della Diocesi napoletana, richiedeva; era tanto il suo zelo che meritò l’appellativo di “celebre faticatore”. Assistette, in particolare, i tanti marinai torresi che navigavano per il mondo e le loro famiglie sempre in trepida attesa del loro ritorno non sempre certo.

Il ministero della parola ed il Vangelo della carità sono le basi della sua attività pastorale; aveva una predicazione fluente, non ampollosa, facile a capirsi e i fedeli accorrevano ma soprattutto seguivano e mettevano in pratica ciò che ascoltavano. La generosa gente di Torre del Greco ha sempre risposto positivamente alle sollecitazioni dei loro parroci, oggi come allora, ed è stata sempre un serbatoio continuo di vocazioni sacerdotali.

Sollecitò la recita del S. Rosario serale, scrisse un libretto per poter seguire meglio la celebrazione della Santa Messa. Tiene scuola per i bambini, divisi in classi, nella sua casa. Si fa mediatore dei contrasti sorti fra gli armatori delle coralline ed i marinai che affrontano i rischi e la fatica della pesca del corallo. Gira con infaticabile zelo a sorprendere covi di delinquenti per smorzare i loro loschi intenti malavitosi.

La terribile eruzione del Vesuvio del 15 giugno 1794, che distrusse quasi completamente la città e la chiesa parrocchiale, mise in luce la sua fibra apostolica. Egli si dedicò subito alla difficile opera di ricostruzione materiale e spirituale della città e della chiesa, che volle riedificare più grande e maestosa.

Dal 1796 al 1831 resse, prima come Economo Curato e poi dal 28 dicembre 1799 come Preposito, la Parrocchia di S. Croce in Torre del Greco, che comprendeva allora l'intera città di Torre del Greco, la più popolata del territorio di Napoli. Ebbe la soddisfazione di vedere ultimata nel 1827, la costruzione della maestosa basilica di Santa Croce (progetto dell'architetto Ignazio Di Nardo), che ha ricevuto la visita del Beato Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1846-1878) nel 1849 e del Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) nel 1990.

Morì il 20 dicembre 1831 dopo una lunga e penosa malattia, lasciando ai suoi sacerdoti come testamento spirituale l'impegno a vivere la carità fraterna.

Papa Leone XIII (Vincenzo Gioacchino Pecci, 1878-1903), il 25 marzo 1895, dichiarava eroiche le virtù di Vincenzo Romano e il Servo di Dio Paolo VI (Giovanni Battista Montini, 1963-1978), il 17 novembre 1963, lo proclamava Beato, additandolo al Clero e specialmente ai Parroci, quale modello di vita apostolica.

Nel 1965 i Vescovi della Campania lo proclamarono patrono celeste del Clero diocesano. Dal 1970 è aperto il Processo di Canonizzazione, e si è in attesa di un miracolo da parte del Signore per l'intercessione del Beato Vincenzo Romano.

Le spoglie mortali sono custodite, in un’artistica urna bronzea, realizzata da Antonio Mennella nel 1963, nella Basilica Pontificia di Santa Croce dove, l'11 novembre 1990, si è recato a venerarlo il Beato Giovanni Paolo II, durante la sua visita pastorale alla Chiesa di Napoli, che si espresse in questi termini:

« Il più illustre figlio di Torre del Greco è senza dubbio il Beato Vincenzo Romano. Egli ha lasciato un'eredità spirituale preziosa con l'esempio di una vita santa, del fervore sacerdotale e della totale dedizione che caratterizzarono gli oltre trent' anni del suo ministero pastorale...

Egli fu un precursore della carità sociale, così importante per la Chiesa di oggi, con l'assistenza spirituale e la tutela dei diritti dei pescatori di corallo, per i quali era celebre Torre del Greco. Durante i lunghi periodi di assenza degli uomini su mari lontani, il Beato riservava particolari cure alle loro famiglie.

Ma Vincenzo Romano lavorò intensamente soprattutto per la formazione delle coscienze e per l'evangelizzazione... Alla gente del popolo propose il Vangelo nella sua semplicità ed autenticità, divenendo egli stesso testimone credibile e araldo della parola di Cristo con una vita povera, umile e, soprattutto, integralmente dedita al ministero...

Vi invito tutti a riprendere ancora oggi il suo programma pastorale, per inserirlo nelle moderne tensioni sociali con il suo stesso fervore e la sua medesima passione. »

Significato del nome Vincenzo : “che vince, destinato a vincere” (latino).

Per il discorso completo del Papa e approfondimenti & è Il Papa a Torre



Fonti principali : scroce.org; vincenzoromano.org («RIV.»).



Inno al Beato Vincenzo Romano


1. Esultiamo, o fratelli torresi figli tutti d’un’unica fede,
oggi alfine il Signor ci concede di Vincenzo la gloria veder.
Vincenzo glorioso immortale dalla chiesa ch’ergesti al Signore,
s’alza un canto di gloria e d’amore tra l’olezzo d’incensi e di fior.
Rit.
Dalla Basilica di Santa Croce da più d’un secolo l’umile voce.
Del nostro popolo chiede al Signore: Esalta il Parroco nostro Pastore


2. Gli avi nostri che un giorno lontano t’han mirato o Vincenzo al lavoro,
or nel cielo ringraziano in coro il Signore che t’esalta all’altar.
Quando il mare diventa nemico e minaccia la fragil paranza,
tu sei ancora la sola speranza, o Vincenzo, per l’umil nocchier. (Rit.)


3. Vincenzo, che il suolo dei padri riscattasti dal fiero Vulcano,
salva i figli dal mostro inumano, che oggi rode la fede nel cor.
Quella croce che s’erge nel cielo sulla chiesa che morte non tema,
sia per noi di salvezza l’emblema, dai vagiti all’estremo sospir. (Rit.)


4. Signor ch’il Tuo sguardo d’amore, lasc’impresso sui santi tuoi figli
si che l’umil maggior ti somigli, ti lodiamo in eterno, o Signor.
Ti lodiamo, o Signor, che nel cuore di Vincenzo imprimesti il Vancielo,
i precetti gloriosi del cielo, del tuo Cristo, divino Pastor. (Rit.)


Respuesta  Mensaje 1529 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 21/12/2012 03:47
 

Venerdì  21 Dicembre  2012

 


Respuesta  Mensaje 1530 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 21/12/2012 03:49

Venerdì 21 Dicembre 2012

 


S. Pietro Canisio

Sacerdote S.J.

Dottore della Chiesa

P

ietro Canisio al secolo Pieter Kanijs (in latino = Canisius), figlio del Borgomastro di Nimega (odierna Olanda), villaggio che si trovava allora nel ducato di Gheldria e, dunque, nel Sacro Romano Impero, nacque l’8 maggio 1521.

Ebbe la possibilità di frequentare ottime scuole: diritto canonico a Lovanio e diritto civile a Colonia. In questa città amava trascorrere il tempo libero nel monastero dei certosini. Nessuno sospettava che il giovane avvocato, al quale il padre aveva assicurato un buon avvio nella professione, sotto le ricche vesti portasse il cilicio.

La lettura del breve opuscolo degli Esercizi Spirituali, che S. Ignazio di Loyola aveva scritto da poco, determinò la svolta decisiva della sua vita. Compiuta la pia pratica a Magonza sotto la direzione di padre Faber, entrò nella Compagnia di Gesù e, l’8 maggio 1543, giorno del suo 22° compleanno, fu l'ottavo gesuita ad emettere i voti solenni.

Nel giovane Ordine ebbe modo di coltivare i suoi studi preferiti e il suo amore per l'erudizione; a lui si deve la pubblicazione delle opere di S. Cirillo di Alessandria, di S. Leone Magno, di S. Girolamo e di Osio di Cordova.

Nel gennaio 1547 è chiamato dal vescovo di Augusta, cardinale Otto Truchsess von Waldburg a partecipare al Concilio di Trento; è da questo periodo che Pietro Canisio inizia a utilizzare la forma latina del proprio nome.

Fu rettore e professore di teologia all'Università di Ingolstadt e, dal 1554 al 1555, amministratore dell'Arcidiocesi di Vienna, dove tenne affollatissime prediche nel Duomo di S. Stefano.

Il suo catechismo, che apparve nel 1555, sotto il titolo “Summa doctrinae christianae”, fu pensato come una risposta a Martin Lutero e fu ristampato, nel periodo in cui visse, ben 200 volte. Nel contempo egli svolse un'intensa attività controriformistica nella Germania meridionale con la piena fiducia sia dell'imperatore Ferdinando I sia di Pp Gregorio XIII (Ugo Boncompagni, 1572-1585).

Pietro Canisio si fece apprezzare in particolare per i suoi modi cortesi. Egli parlava di nuove dottrine, di nuovi insegnamenti e non di eretici o di errori.

S. Ignazio lo chiamò in Italia, mandandolo dapprima in Sicilia a fondarvi il primo dei rinomati collegi, poi a Bologna ad insegnare teologia, per rimandarlo quindi in Germania, dove, per trent'anni, in qualità di superiore provinciale, trasfuse le sue migliori energie, in un'epoca tanto difficile per la scissione operata dalla riforma protestante.

Come scrittore non badò soltanto alle opere di erudizione, ma anche e soprattutto a quelle catechetiche, adattando l'insegnamento alle capacità dei piccoli e dei grandi:

· Summa doctrinae christianae (1555)

· Catechismus minimus (1556)

· Parvus catechismus catholicorum (1558)

S. Pio V (Antonio Michele Gislieri, 1566-1572) gli offrì il cardinalato, ma Pietro Canisio pregò il papa di lasciarlo al suo umile servizio della comunità, impiegando il tempo nella preghiera e nella penitenza.

Morì a Friburgo, in Svizzera, il 21 dicembre 1597; fu sepolto nella chiesa del collegio Sankt Michael, fondato da lui nel 1580.

Pietro Canisio fu proclamato Beato nel 1869 da Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1846-1878) e canonizzato il 21maggio 1925 da Pio XI (Ambrogio Damiano Achille Ratti, 1922-1939) che lo nominò pure Dottore della Chiesa.

Significato del nome Pietro : "pietra, roccia, sasso squadrato" (latino).

Per approfondimenti & è Lettera ai Vescovi tedeschi (del Beato Giovanni Paolo II ai vescovi tedeschi in occasione del IV centenario della morte di S. Pietro Canisio).



Fonti principali : santiebeati.it; wikipendia.org; vatican.va (« RIV.»).

Respuesta  Mensaje 1531 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 22/12/2012 04:28

Sabato  22 Dicembre  2012

 

Respuesta  Mensaje 1532 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 22/12/2012 04:29
Sabato 22 Dicembre 2012
 


Santa Francesca Saverio Cabrini

Suora, Fondatrice:

Missionarie del Sacro Cuore di Gesù

Tra il 1901 e il 1913 emigrarono nella sola America 4.711.000 italiani, di cui 3.374.000 provenivano dal meridione; un vero morbo sociale, un salasso, come lo hanno definito politici e sociologi (anche se non è mancato chi, come Nitti, ha avuto il coraggio di dire che l'emigrazione era un affare per lo Stato, cui recava valuta estera senza rischi di capitali). Ma accanto ai drammi che l'emigrazione suscitò, bisogna ricordare ancor oggi una fragile maestrina di Sant'Angelo Lodigiano: Francesca Saverio Cabrini.

Nata e battezzata il 15 luglio 1850 a Sant'Angelo Lodigiano, in una famiglia ricca di fede e di pietà, Francesca, ultima di tredici figli, iniziò ben presto il cammino di discepola del Signore, che l’avrebbe portata, attraverso misteriosi ed imprevedibili sentieri, a raggiungere le vette della santità.

Svolta decisiva nella sua vita fu l’ingresso nella Casa della Provvidenza di Codogno, dove le tribolazioni e le difficoltà consolidarono nel suo cuore l’ardore missionario ed il proposito di consacrarsi totalmente al Signore. Lì ricevette l’abito religioso e più tardi, diplomata maestra elementare, nel 1874, pur conservando il nome Francesca, volle aggiungere quello di Saverio, in memoria del grande missionario gesuita patrono delle missioni.

Grazie all’incoraggiamento ed al sostegno del Vescovo di Lodi, Mons. Domenico Maria Gelmini, Suor Francesca Saverio si staccò con sette Consorelle dalla Casa della Provvidenza per fondare, in un antico convento francescano della Città, l’Istituto, allora chiamato delle Salesiane Missionarie del Sacro Cuore”, che ebbe l’approvazione diocesana nel 1881.

Alle religiose la Madre Cabrini chiedeva l’obbedienza evangelica, la mortificazione, la rinuncia, la vigilanza del cuore, il silenzio interiore, quali virtù necessarie per confermare la propria esistenza a Cristo e per coltivare e vivere l’anelito missionario.

Sopravvenne una fioritura di vocazioni sorprendente e una rapida espansione dell’Istituto in Lombardia ed anche oltre i confini della regione, con l’apertura delle prime case a Roma e l’approvazione pontificia delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, il 12 marzo 1888, ad appena otto anni dalla fondazione.

Questa Compagnia femminile fu la prima sia ad affrontare l'impegno missionario, tradizionalmente prerogativa degli uomini, sia ad essere totalmente autonoma, ovvero non dipendente da un parallelo ramo maschile.

Sono note le parole Non all’Oriente, ma all’Occidenterivolte dal Pp Leone XIII (Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci, 1878-1903) alla Fondatrice, desiderosa di partire per la Cina; parole che diedero nuovo impulso e nuova direzione al suo zelo missionario. L’invito del vicario di Cristo l’orientava verso le masse degli emigranti, che alla fine dell’Ottocento varcavano numerosi l’Oceano verso gli Stati Uniti d’America, spesso in condizioni di estrema indigenza.

Da quel momento l’infaticabile attività apostolica della Madre Cabrini fu sempre più animata dal desiderio di recare la salvezza a tutti e in fretta. « Il Cuore di Gesù - soleva ripetere - fa così in fretta a fare le cose che io non riesco a starci addietro ». Con un gruppo di Suore partì per New York, nel primo dei tanti viaggi che l’avrebbero in seguito vista raggiungere, messaggera di speranza, sempre nuove mete nel suo infaticabile apostolato: il Nicaragua, il Brasile, l’Argentina, oltre che la Francia, la Spagna e l’Inghilterra.

Armata di singolare audacia, dal nulla iniziò scuole, ospedali, orfanotrofi per masse di diseredati avventuratisi nel nuovo mondo in cerca di lavoro, privi della conoscenza della lingua e di mezzi capaci di permettere loro un decoroso inserimento nella società americana e spesso vittime di persone senza scrupoli.

Il suo cuore materno, che non si dava pace, li raggiungeva dappertutto: nei tuguri, nelle carceri, nelle miniere. Per nulla intimorita dalla fatica e dalle distanze, Madre Cabrini si portava da New York al New Jersey, dalla Pennsylvania all’Illinois, dalla California alla Louisiana e al Colorado : ventotto traversate atlantiche e l'attraversamento delle Ande per raggiungere Buenos Aires partendo da Panama.

A chi si mostrava con lei ammirato per il successo di tante opere, Madre Cabrini rispondeva con sincera umiltà: « Tutte queste cose non le ha fatte forse il Signore? ». Tradotte in cifre queste opere costituivano ben trenta fondazioni in otto diverse nazioni.

La morte la colse sulla breccia, dopo un ennesimo viaggio, a Chicago, il 22 dicembre 1917.

Il suo corpo venne portato trionfalmente a New York, nella chiesa annessa alla "Mother Cabrini High School", perché fosse vicino agli emigrati.

Ancora oggi, negli Stati Uniti, ove continua ad essere chiamata familiarmente col nome di «Madre Cabrini», è sorprendentemente viva la devozione verso colei che, pur amando la sua patria d’origine, volle prendere , nel 1909, la cittadinanza americana.

Fu beatificata da Pp Pio XI (Ambrogio Damiano Achille Ratti, 1922-1939), nel 1938, ad appena 21 anni dalla morte, e fu canonizzata il 7 luglio 1946 dal Venerabile Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958).

Questi, durante l’Anno Santo del 1950, volle proclamare "Patrona degli emigranti" questa piccola donna che, difendendo la dignità di quanti erano costretti a vivere lontani dalla Patria, si era fatta indomita costruttrice di pace.

Al 31 dicembre 2005, la congregazione contava 408 religiose in 84 case.

Per approfondimenti & è Francesca Saverio Cabrini



Fonti principali : vatican.va; wikipendia.org (« RIV.»).


PREGHIERA


(Benedetta da padre Carlos White, della parrocchia S. Francisca Javier Cabrini di Buenos Aires, l'11 agosto 2007)


Santa Francesca Saverio Cabrini, patrona di tutti gli emigranti, tu che hai preso con te il dramma della disperazione di migliaia e migliaia di emigranti: da New York, fino all'Argentina e in altre Nazioni del mondo. Tu che hai riversato in queste Nazioni i tesori della tua carità, e con affetto di madre hai accolto e consolato tanti afflitti e disperati di ogni razza e Nazione, e a chi si dimostrava ammirato per il successo di tante opere di bene, rispondevi con sincera umiltà: "Tutte queste cose non le ha fatte forse il Signore?". Noi ti preghiamo, che i popoli apprendano da te ad essere solidali, caritatevoli e accoglienti con i fratelli che sono costretti ad abbandonare la loro Patria.


Ti preghiamo, anche che gli immigrati rispettino le leggi e che amino il prossimo accogliente.


Supplica il Sacro Cuore di Gesù, che gli uomini delle diverse Nazioni della terra apprendano che sono fratelli e figli dello stesso Padre Celeste, e che sono chiamati a formare una sola famiglia. Allontana da essi: le divisioni, le discriminazioni, le rivalità o inimicizie eternamente occupate a vendicare antiche ingiurie. Fa che tutta l'umanità possa essere unita dal tuo amorevole esempio.


Santa Francesca Saverio Cabrini, noi tutti ti chiediamo, infine, di intercedere presso la Madre di Dio, di ottenere la grazia della pace in tutte le famiglie e tra le Nazioni della terra, quella pace che viene da Gesù Cristo, Principe della Pace. Amen


Gaetano e Teresina, 9 agosto 2007


Respuesta  Mensaje 1533 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 23/12/2012 04:21

Domenica  23 Dicembre  2012

 

Respuesta  Mensaje 1534 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 23/12/2012 04:22
 

Domenica 23 Dicembre 2012

 

S. Giovanni da Kety

Sacerdote e teologo

Patrono di Polonia e Lituania

All’Ateneo da me tanto amato auguro la benedizione della Santissima Trinità e la perpetua protezione di Maria, Sede della Sapienza, come anche il patrocinio fedele di san Giovanni da Kety, suo professore più di 500 anni fa.

Così il Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005), in visita alla Facoltà Teologica di Cracovia, l'8 giugno 1979, ha ricordato il professore santo.

G

iovanni da Kety (una cittadina polacca a sud-ovest di Cracovia), detto anche Giovanni Canzio, nasce il 23 giugno 1390. Molto brillante negli studi, a 27 anni è docente di filosofia. Conseguita la laurea in teologia, a 34 anni viene ordinato sacerdote, ma continua a insegnare per alcuni anni, perché questa è la sua passione.

Più tardi viene inserito nel clero della collegiata di S. Floriano in Cracovia (iniziò qui il suo servizio di vicario parrocchiale il giovane sacerdote Karol Wojtyła): una chiesa che è stata costruita nel XII secolo in un paese ancora di campagna, poi raggiunto e assorbito dallo sviluppo della città, divenuta capitale della Polonia.

Compie una breve esperienza parrocchiale in provincia, nella parrocchia di Olkusz, e poi, nel 1440, torna a stabilirsi nuovamente in Cracovia, risalendo sull’amata cattedra universitaria.

In qualità di precettore dei prìncipi della casa reale polacca (contribuì all'educazione del principe Casimiro), talvolta non poteva esimersi dal partecipare a qualche festa mondana. Un giorno si presentò ad un banchetto in abiti dimessi e venne messo alla porta da un domestico. Giovanni andò a mutarsi d'abito e tornò alla villa dove si dava il ricevimento. Questa volta poté entrare, ma durante il pranzo un malaccorto inserviente gli rovesciò un bicchiere sul vestito. Giovanni sorrise rassicurante: È giusto che anche il mio abito abbia la sua parte: è grazie a lui che sono potuto entrare qui.

Ma stabilirsi è un’espressione impropria. Infatti il professore Giovanni ama la strada quanto la cattedra: gli affamati di sapere e gli affamati di pane. Ama la strada, poi, come “luogo” tipico dei poveri, sempre alla ricerca di un aiuto. E sul loro percorso amaro, i poveri di Cracovia incontrano spesso Giovanni il Professore; lo vedono entrare nei loro miseri rifugi, portando loro quello che spesso è necessario a lui. Ne sfama tanti, non con le ricchezze che non possiede, ma con la sua paga di insegnante e con i suoi digiuni.

E poi la strada, per lui, è quella del pellegrinaggio: il suo viaggio più lungo è quello in Terrasanta, compiuto a piedi fin dov’era possibile. Va, poi, pellegrino a Roma per quattro volte, sempre a piedi, andata e ritorno.

Umile camminatore e compagno di viandanti e di poveri; Giovanni diventa anche il consigliere e il sostenitore dei suoi concittadini più indifesi e soli. Autorevole maestro quando siede in cattedra, gli si attribuiscono anche commenti alla Bibbia e a S. Tommaso.

Muore a Cracovia durante la Messa della vigilia di Natale del 1473; le sue spoglie saranno trasferite, più tardi, nella chiesa di S. Anna in Cracovia.

Fu dichiarato Venerabile da Pp Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini, 1592-1605), nel 1600; Beato da Pp Clemente X (Emilio Altieri, 1670-1676), il 28 marzo 1676; santo da Pp Clemente XIII (Carlo Rezzonico, 1758-1769), il 16 luglio 1767.

Significato del nome Giovanni : “il Signore è benefico, dono del Signore” (ebraico).



Fonte principale: santiebeati.it (« RIV.»).

Respuesta  Mensaje 1535 de 1557 en el tema 
De: lore luc Enviado: 23/12/2012 04:23
 

Domenica 23 Dicembre 2012

 

Sant’Antônio de Sant'Ana Galvão

Sacerdote O.F.M. - 1° santo brasiliano

Fondatore : "Recolhimento da Luz" ("Ritiro della Luce")

A

ntônio de Sant'Ana Galvão, noto come Fra Galvão nacque nel 1739 a Guaratinguetà (stato di São Paulo in Brasile) in un ambiente familiare profondamente cristiano. Il padre, Antônio Galvão de França, un immigrante portoghese e capitano maggiore della città, apparteneva al Terz’Ordine Francescano. Sua madre, Isabel Leite de Barros, era figlia di fazendeiros (proprietari terrieri) e pronipote del famoso bandeirante (esploratore) Fernão Dias Paes, il "cacciatore di smeraldi".

Antônio visse, con i suoi dieci fratelli e sorelle, in una casa grande e lussuosa, in quanto i suoi genitori godevano di prestigio sociale e d'influenza politica. Il padre, volendo impartire al figlio una formazione umana e culturale, conforme alle loro possibilità economiche, all'età di tredici anni lo mandò al collegio di Belém, dei Padri gesuiti, a Bahia, dove si trovava già suo fratello José. Là fece grandi progressi negli studi e nella pratica cristiana, dal 1752 al 1756.

Voleva diventare gesuita, ma a causa della persecuzione contro l'Ordine, voluta dal Marchese di Pombal, suo padre gli consigliò di entrare nell'Ordine francescano che aveva un convento a Taubaté, non lontano da Guaratinguetá. Così, all'età di 21 anni entrò nel noviziato del villaggio di Macacu, a Rio de Janeiro; lì si distinse per la sua compassione e per le sue virtù.

Il 16 aprile 1761 emise i voti solenni e, l'anno seguente, l'11 luglio 1762 fu ordinato sacerdote nonostante la giovane età.

Fu poi inviato al convento di S. Francesco a São Paulo per perfezionare gli studi di filosofia e di teologia ed esercitarsi nell'apostolato. Terminati gli studi fu nominato predicatore, confessore dei laici e portinaio del convento, compito considerato molto importante per il contatto con le persone e l'apostolato che ne consegue.

Nel 1769-70 fu designato confessore di un "Recolhimento" di pie donne, le "Recolhidas de Santa Teresa", a São Paulo.

In questo "Recolhimento" incontrò Suor Helena Maria do Espírito Santo, religiosa dall'intensa vita di preghiera e dal grande spirito di penitenza, che affermava di avere visioni in cui Gesù le chiedeva di fondare un nuovo Recolhimento. Fra Galvão, ascoltando anche il parere di persone sagge e illustri, ritenne tali visioni credibili.

Il 2 febbraio 1774 fu ufficialmente fondato il nuovo "Recolhimento de Nossa Senhora da Conceiçao da Divina Providencia" con Fra Galvão come suo fondatore.

Il "Recolhimento" inizialmente non era una casa religiosa, bensì una casa di ritiro, dove si riunivano ragazze pie e timorate di Dio per vivere come religiose, senza emettere i voti. Questo fu un espediente di quel momento storico, dato che era stato emanato un veto governativo dal Marchese di Pombal circa le nuove fondazioni e le nuove consacrazioni religiose.

Il 23 febbraio 1775 muore, quasi improvvisamente, Suor Helena e Fra Galvão si trovò ad essere l'unico sostegno delle "Recolhidas". Svolse il suo compito con umiltà e grande prudenza.

Per il grande numero di vocazioni fu necessaria una nuova costruzione che terminò nel 1788, seguita dalla costruzione della chiesa (1788-1802), inaugurata il 15 agosto 1802. Fra Galvão fu architetto, direttore dei lavori e anche muratore.

L'opera, oggi Monastero della Luce, è stata dichiarata, nel 1988, "patrimonio culturale dell'umanità" dall'UNESCO.

Nel 1811, su richiesta del Vescovo di São Paulo, Fra Galvão fondò il "Recolhimento di Santa Chiara" a Sorocaba, dove rimase per undici mesi per orientare la nuova fondazione e comunità.

Con il passare del tempo la salute di Fra Galvão divenne malferma; ottenne, perciò, il permesso di lasciare il convento francescano e di abitare stabilmente presso il Recolhimento, che era la sua opera.

Morì il 23 dicembre 1822, verso le dieci del mattino, confortato dai sacramenti e assistito dal Padre guardiano e dai confratelli. I suoi resti mortali, su richiesta delle suore e del popolo, furono inumati nella chiesa del "Recolhimento da Luz".

Antônio de Sant'Ana Galvão è stato elevato agli onori dell'altare dal Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005), il 25 ottobre 1998, in Piazza S. Pietro, e canonizzato da Papa Benedetto XVI l'11 maggio 2007, in occasioçne del suo viaggio apostolico in Brasile.

Significato del nome Antonio : "nato prima" o "che fa fronte ai suoi avversari" (greco).

Per approfondimenti & èAntonio de Sant'Anna Galvão



Fonti principali: vatican.va; wikipendia.org; dilingeter.libero.it (« RIV.»).

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De: lore luc Enviado: 24/12/2012 04:41

Lunedì  24 Dicembre  2012

 

Santo(i) del giorno

S. GIACOBBE, Patriarca
S. PAOLA ELISABETTA (Costanza) Cerioli, Vedova, fondatrice
S. DELFINO, Vescovo di Bordeaux (F)
S. Tarsilla di Roma (zia di Pp Gregorio I Magno), Vergine († prima del 593)
S. Irmina di Treviri (D), Badessa del monastero di Öhren († cc 710)
B. Bartolomeo Maria Dal Monte (1726-1778), Presbitero, fondatore



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De: lore luc Enviado: 24/12/2012 04:42
 

Lunedì 24 Dicembre 2012

 

San Giacobbe, Patriarca

G

iacobbe è il figlio del Patriarca Isacco e Rebecca la quale essendo sterile, in virtù delle preghiere rivolte a Dio dal marito Isacco, in età avanzata, rimase incinta di due gemelli : Esaù e Giacobbe che si urtavano nel seno materno, quasi presagio delle lotte fraterne che sarebbero accadute dopo la nascita.

Il nome Giacobbe deriva da “ageb” cioè “tallone, calcagno” e più specificamente “afferrare per il calcagno o soppiantare”; fu chiamato così poiché, al momento del parto, « con la mano teneva il calcagno di Esaù » [Genesi 25, 26], nato per primo e quindi destinatario del diritto di primogenitura.

A questa interpretazione si allacciano le storie particolareggiate dell'inganno di Giacobbe verso il fratello Esaù : cessione del diritto e della benedizione della primogenitura (Genesi 25,29-34; 27). Ciò suscitò l’ira del fratello che, appreso l’inganno e visto che secondo le ancestrali regole, la benedizione una volta data non poteva essere ritirata, né impartita anche a lui, fece il proposito di ucciderlo.

Rebecca allora per salvarlo, inviò Giacobbe presso la sua parentela di origine nella Terra di Paddan-Aram; nella casa di suo padre Betel e di suo fratello Labano. Lo scopo non era solo di allontanarlo dalla vendetta di Esaù, ma anche per fargli trovare una moglie, nella cerchia della sua parentela, secondo la legge della “endogamia”, che prescriveva di non sposare donne di altre tribù al fine di preservare la discendenza del proprio clan; ciò era già avvenuto proprio con Rebecca cugina di Isacco.

Una notte, durante il viaggio, Giacobbe fece un sogno: una scala da terra si protendeva sino in cielo, con angeli che salivano e scendevano. Nel sogno Dio gli parlava, promettendogli la terra sulla quale era coricato ed un'immensa discendenza. Giacobbe chiamò il luogo dove era accampato Betel (Bet-el in lingua ebraica significa la "Casa del Padre"). Giunto da Labano si innamorò di sua figlia Rachele. Per concederla in matrimonio a Giacobbe, Labano gli impose di servirlo per sette anni.

Al termine dei sette anni, Labano pretese però di dargli in sposa la maggiore, Lia, secondo il costume locale, e per avere anche Rachele dovette servire Labano per altri sette anni. Infine Giacobbe riuscì ad avere Rachele e dalle due mogli e dalle ancelle ebbe complessivamente dodici figli, dalla cui discendenza avranno origine le dodici tribù d'Israele.

Giacobbe, infine, decisi di riconciliarsi con Esaù.

La notte prima dell'incontro ebbe una misteriosa lotta con un uomo fino all'alba (Genesi 32, 24-34). Vedendo che non riusciva a vincerlo, l'uomo lo colpì al nervo sciatico rendendolo claudicante, ma Giacobbe continuò a lottare, finché l'uomo « disse:Lasciami andare, perché spunta l'alba”. E Giacobbe:Non ti lascerò andare prima che tu mi abbia benedetto!”» L'altro gli disse:Qual è il tuo nome?Ed egli rispose: “Giacobbe”. Quello disse: “Il tuo nome non sarà più Giacobbe, ma Israele, perché tu hai lottato con Dio e con gli uomini e hai vinto”».

Da questo episodio nasce il divieto, previsto dalle norme di casherut, di cibarsi di carne (ovviamente di animali permessi) da tagli attraversati dal nervo sciatico.

La storia di Giacobbe si intreccia con quella del figlio prediletto Giuseppe. Quando questi, dopo essere stato venduto dai fratelli e creduto morto dal padre, divenne ministro del faraone e negli anni delle vacche magre fece trasferire le Tribù di Israele e Giacobbe stesso in Egitto per sfuggire alla carestia.

Prima di morire, all'età di 130 anni, Giacobbe, in una solenne riunione attorno al suo letto, pronunciò le benedizioni sui suoi dodici figli e in estensione ai dodici popoli d’Israele, che da loro sarebbero derivati. I loro nomi (cfr Genesi 49) sono : Ruben, Levi, Simeone, Giuda, Issacar, Zàbulon, dalla moglie Lia; Giuseppe e Beniamino dalla moglie Rachele; Dan e Nèftali dalla schiava Bila; Gad ed Aser dalla schiava Zilpa.

Fu sepolto, secondo la sua volontà, nella grotta di Macpela ("la grotta delle tombe doppie") in Canaan, diventata il luogo di sepoltura dei suoi avi Abramo, Sara, Isacco, Rebecca e anche della sua prima moglie Lia.

Le numerose rivelazioni divine testimoniano dell’intensità della sua unione mistica con Dio. Come gli altri patriarchi del Vecchio Testamento, Giacobbe è stato sempre ricordato nelle Chiese Cristiane nel periodo dell’Avvento; nel Martirologio Romano della Chiesa Cattolica egli è ricordato insieme agli avi santi e giusti di Gesù, partendo da Adamo, il 24 dicembre vigilia della nascita di Cristo, dai quali discendeva nella sua vita terrena.

Per approfondimenti & la Catechesi di Papa Benedetto XVI

è 25 maggio 2011 (Giacobbe)



Fonti principali : wikipendia.org; santiebeati.it (« RIV.»).

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De: lore luc Enviado: 24/12/2012 04:44
 

Lunedì 24 Dicembre 2012

 

Santa Paola Elisabetta Cerioli

Vedova, Religiosa, fondatrice degli

Istituti della Sacra Famiglia di Bergamo

P

aola Elisabetta, al secolo Costanza, Cerioli, nacque il 28 gennaio 1816 a Soncino (CR) dai nobili e ricchi genitori Francesco Cerioli e Francesca Corniani. Era di gracile e delicata costituzione, ma dotata di grandi virtù spirituali che la madre con la sua sensibilità seppe sviluppare.

Visse docile ed obbediente in famiglia a Soncino fino a undici anni circa. Poi, per quasi cinque anni, fu inviata lontano da casa a studiare presso un educandato di Suore della Visitazione di Alzano, dove si fece notare per la bontà dell’animo e la diligenza nello studio.

Nella sofferenza e nella solitudine imparò presto ad affidarsi a Dio. Ritornata ai luoghi natii fu docilmente e liberamente disposta ai voleri dei genitori.

Aveva, infatti, 19 anni quando, il 30 aprile 1835, andò sposa al nobile e ricco Gaetano Busecchi (vedovo della contessa Maria Teresa Tassis), che aveva 58 anni (siamo nell’epoca in cui i matrimoni erano combinati per tanti motivi dai familiari) e con il marito si trasferì a Comonte di Seriate (BG).

Insieme diedero la vita a quattro bambini, tre dei quali morti prestissimo. Uno di loro, Carlo, visse fino a sedici anni facendo esplodere in lei la gioia e l'amarezza di una maternità conculcata. Il matrimonio vissuto in mezzo a solitudine e devozione terminò presto in modo liberatorio e problematico insieme.

Infatti, rimasta vedova del marito, all'età di trentanove anni entrò in una profonda crisi esistenziale che la spinse a cercare più in profondità ed oltre i lutti patiti il significato di ciò che le era accaduto e di ciò che Dio le chiedeva. Si isolò dal mondo e visse ritirata nella sua casa, dedicandosi alle opere di carità, in cui impegnò il suo immenso patrimonio.

Iniziò prendendo in casa due orfanelle, che man mano aumentarono di numero, insieme alle persone incaricate della loro formazione ed assistenza.

L’8 dicembre 1857 fondò l'“Istituto della Sacra Famiglia” e lei, la vedova Costanza, diventò suora, il 28 gennaio 1858, prendendo il nome di suor Paola Elisabetta e dopo qualche anno fondò anche i “Fratelli della Sacra Famiglia” dediti al lavoro ed all’apostolato nei campi agricoli.

Scrisse, personalmente, per i suoi Istituti, le sapienti Regole, che furono approvate il 27 giugno 1862 da Mons. Speranza, vescovo di Bergamo e, con decreto del 18 dicembre 1901, da parte del Pp Leone XIII (Vincenzo Gioacchino Pecci, 1878-1903).

Le sue Case e le sue Scuole nacquero e si svilupparono con l'intenzione di promuovere la crescita dell'intera società a partire proprio dalla famiglia. Nello stesso tempo che ella si preoccupava delle sue realizzazioni educative era molto attenta al problema della povertà e delle carenze dei bambini privi di famiglia.

Si consumò in questa assistenza sociale e attività religiosa, ed a soli 49 anni morì a Comonte il 24 dicembre 1865.

Madre Paola Elisabetta Cerioli fu beatificata il 19 marzo 1950, durante l’Anno Santo, dal Venerabile Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958) e proclamata santa, dal Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005), il 16 maggio 2004.

Per approfondimenti & è Santa Paola Elisabetta Cerioli



Fonti principali: vatican.va; wikipendia.org (« RIV.»).

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De: lore luc Enviado: 24/12/2012 04:45
 

Lunedì 24 Dicembre 2012

 

San Delfino

Vescovo di Bordeaux (F)

D

elfino ci è noto dalla Cronaca di Sulpizio Severo, da cinque lettere di Paolino di Nola e da un biglietto di Ambrogio di Milano. Si trovano pure notizie nell'Epitoma Chronicon di Prospero di Aquitania.

Dopo Orientale, Delfino è il primo vescovo di Bordeaux attestato con certezza. Egli assisté, nel 380, al concilio di Saragozza, riunito per occuparsi di Priscilliano (vescovo spagnolo fondatore del priscillianesimo - fu, insieme con altri compagni, il primo eretico affidato dalla Chiesa Cattolica all'autorità civile e in seguito giustiziato) e dei suoi discepoli.

L'inizio del suo episcopato fu, in realtà, turbato dalle controversie priscillianiste. L'eresia trovò degli echi a Bordeaux e in tutta l'Aquitania, grazie alla protezione di una grande donna, Eucrozia, e di sua figlia, Procula. Le passioni religiose sembra siano state molto accese in questa città al tempo del passaggio di Priscilliano e dei suoi discepoli Instanzio e Salviano, poiché si segnalano sommosse cruente.

Il vescovo Delfino dové presiedere a Bordeaux un concilio (384) davanti al quale i capi del movimento priscillianista e i loro accusatori furono invitati a presentarsi e dove molte memorie furono lette davanti ai vescovi. Instanzio, prelato amico del novatore, fu deposto dall'episcopato; Priscilliano avrebbe avuto, senza dubbio, la stessa sorte se non si fosse appellato al tribunale dell'imperatore Massimo a Treviri.

Delfino sembra aver goduto al suo tempo un prestigio assai considerevole e che sorpassava i limiti della sua diocesi. Fu amico intimo del vecchio vescovo Febadio di Agen ed ebbe una corrispondenza regolare con Ambrogio di Milano.

Sotto il suo episcopato la cristianizzazione della diocesi di Bordeaux sembra aver fatto progressi importanti poiché a partire dall'anno 400 le iscrizioni ed i monumenti portano quasi tutti formule e simboli cristiani.

Egli battezzò Paolino, il futuro vescovo di Nola, un po' prima del 389, ispirandogli l'amore per l'ascetismo. Quando lasciò Bordeaux, Paolino, che considerava il vescovo come suo padre spirituale, ebbe con lui corrispondenza regolare.

Ci restano cinque lettere indirizzate da Paolino a Delfino, scritte dal 393 al 401 e si sa che ve ne furono altre andate perdute. Le lettere del vescovo di Bordeaux disgraziatamente mancano.

Nel 404 Delfino era passato fra i santi protettori, come provano i seguenti versi di Paolino: "Ambrosius Latio, Vincentius exstat Hiberis, / Gallia Martinum, Delphinum Aquitania sumpsit". Questi versi attestano anche il prestigio di cui godeva il vescovo di Bordeaux.

Più esattamente sembra che Delfino sia morto tra il 401 e il 403. Fu sostituito da uno dei suoi preti, Amando, anch'egli legato strettamente con Paolino di Nola. Non si trova alcuna menzione di Delfino nei martirologi antichi.

Nella diocesi di Bordeaux è attualmente onorato il 30 dicembre. Non esistono sul conto di Delfino leggende antiche.

Il Martirologio Romano lo ricorda il 24 dicembre.



Fonte principale: santiebeati.it (« RIV.»).

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De: lore luc Enviado: 25/12/2012 04:22

Martedì  25 Dicembre  2012

 

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De: lore luc Enviado: 25/12/2012 04:24
 

Martedì 25 Dicembre 2012

 

S. Alberto (Adamo) Chmielowski

Religioso e fondatore

"Fratelli Albertini e Suore Albertine"

A

lberto, al secolo Adamo Chmielowski, nacque a Igolomia, presso Cracovia (PL), il 20 agosto del 1845, primo di quattro figli, da Adalbert e Józefa Borzystawska, discendenti da una famiglia nobile. Adamo trascorse l'infanzia a Varsavia. Sin dai primi anni era molto caritatevole verso i poveri e divideva con loro quel che aveva.

Mandato a Pietroburgo, nella scuola dei cadetti, dopo un anno la madre lo fece ritornare in famiglia, preoccupata dell'influsso che aveva sul figlio l'educazione russa, e lo inviò a frequentare il ginnasio di Varsavia. Rimasto orfano dei genitori, fu affidato alle cure della zia paterna Petronela.

Nel 1863 scoppiò in Polonia l'insurrezione contro l'oppressione zarista. Adamo, allora studente dell'Istituto di Agricoltura a Pulawy, vi aderì con entusiasmo e, durante un combattimento, il 30 settembre 1863, presso Melchów, rimase gravemente ferito; fatto prigioniero, gli fu amputata, senza anestesia, la gamba sinistra, dimostrando un eccezionale coraggio.

Grazie all'interessamento dei parenti, fuggì dalla prigionia e fu costretto a lasciare la propria Patria. Fu a Parigi per studiare pittura; passò poi a Gand (B) ove frequentò la facoltà d'ingegneria, quindi riprese gli studi di pittura all'Accademia di Belle Arti a Monaco di Baviera.

In ogni ambiente emergeva la sua personalità cristiana che, tradotta in coerenza di vita e di impegno professionale, influenzava quanti lo frequentavano.

Nel 1874, Chmielowski tornò in Patria. Alla ricerca di un nuovo ideale di vita, si pose la domanda: “Servendo l'arte si può servire anche Dio?” La sua produzione artistica, che comprendeva per lo più soggetti profani, fu continuata poi con soggetti sacri. Uno dei migliori suoi quadri religiosi, l'“Ecce Homo”, fu il risultato di una profonda esperienza sull'amore misericordioso di Cristo verso l'uomo e condusse Chmielowski ad una metamorfosi spirituale.

Convinto che per servire Dio “bisogna dedicare a lui l'arte ed il talento”, nel 1880 entrò nella Compagnia di Gesù come fratello laico. Dopo sei mesi dovette lasciare il noviziato a cagione della cattiva salute.

Superata una profonda crisi spirituale, cominciò una nuova vita, dedicata tutta a Dio ed ai fratelli. Abitando dai parenti in Podolia (parte della Polonia assoggettata alla Russia), conobbe il III Ordine di S. Francesco, cominciò a visitare le parrocchie della zona, restaurando quadri e diffondendo tra la gente rurale lo spirito terziario. Costretto a lasciare la Podolia, si recò a Cracovia, dove si stabilì presso i Padri Cappuccini. Lì continuò la sua attività di pittore e si dedicò contemporaneamente all'assistenza dei poveri, destinando a loro il ricavato dei suoi quadri.

Per caso venne a conoscenza della tragica situazione dei poveri, ammassati nei cosiddetti posti di riscaldamento o dormitori pubblici di Cracovia e decise di venire loro in aiuto.

Per amore verso Dio e verso il prossimo, Chmielowski rinunciò al successo dell'arte, al benessere materiale, agli ambienti aristocratici e decise di vivere tra quei poveri, per sollevarli dalle loro miserie morali e materiali. Nella loro dignità calpestata scoprì il Volto oltraggiato di Cristo e volle in essi rinnovarlo.

Il 25 agosto 1887 vestì un saio grigio, prese il nome di Fratel Alberto e un anno dopo, con il consenso del Cardinale Dunajewski, pronunciò i voti di terziario francescano, dando inizio alla Congregazione dei Frati del III Ordine di S. Francesco, Servi dei Poveri (1888), i quali presero cura del dormitorio maschile. In seguito Fratel Alberto assunse l'assistenza delle donne del dormitorio pubblico femminile; le sue collaboratrici dettero origine anche al ramo femminile della Congregazione (1891), che affidò alla Serva di Dio Suor Bernardyna Jabkonska.

Insieme con le sue Congregazioni si dedicò, con piena disponibilità, al servizio dei più poveri, dei diseredati, degli abbandonati, degli emarginati e dei vagabondi. Per loro organizzò i ricoveri come case di assistenza materiale e morale, che offrivano lavoro volontario, di natura artigianale, assieme ai frati e alle suore nella stessa dimora, permettendo loro di guadagnare per il proprio sostentamento.

Nonostante l'invalidità e la protesi rudimentale alla gamba, viaggiava molto per fondare i nuovi asili in altre città della Polonia e per visitare le case religiose. Queste case erano aperte a tutti, senza distinzione di nazionalità o di religione. Oltre agli asili, fondò anche nidi e orfanatrofi per bambini e giovani, case per anziani e incurabili e cucine per il popolo. Mandò le suore a lavorare negli ospedali militari e nei lazzaretti durante la prima guerra mondiale.

Nel corso della sua vita sorsero in tutto 21 case religiose, nelle quali prestavano la loro opera 40 frati e 120 suore.

Con l'esempio della sua vita insegnò che “bisogna essere buoni come il pane ... che ognuno può prendere per soddisfare la propria fame”. Osservò lui stesso e raccomandò ai suoi religiosi la massima povertà evangelica sull'esempio di S. Francesco d'Assisi. la sua opera caritativa la affidò con fiducia totale alla Provvidenza divina. La forza per svolgere la sua attività l'attinse dalla preghiera, dall'Eucaristia e dall'amore per il Mistero della Croce.

Colpito da cancro allo stomaco, morì a Cracovia il giorno di Natale del 1916, nel ricovero per i poveri. Prima di morire, indicando l'immagine della Madonna di Czestochowa, disse ai fratelli e alle suore: “Questa Madonna è la vostra Fondatrice, ricordatevi questo”. E ancora: “Prima di tutto osservate la povertà”.

A Cracovia e in tutta la Polonia, è conosciuto come i Padre dei poveri e, per la sua povertà evangelica, è chiamato il "S. Francesco polacco del XX secolo".

Oggi i Fratelli Albertini e le Suore Albertine realizzano il carisma del Fondatore prestando il loro servizio in Polonia; le suore sono diffuse anche in Italia, USA e America Latina.

Frate Alberto è stato beatificato il 22 giugno 1983, a Cracovia, e proclamato Santo, a Roma, il 22 giugno 1983 dal Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005).

Significato del nome Alberto : di illustre nobiltà (tedesco).



Fonte principale : vatican.va (« RIV.»).

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De: lore luc Enviado: 25/12/2012 04:25
 

Martedì 25 Dicembre 2012

 

San Pietro il Venerabile

Abate di Cluny

P

ietro il Venerabile, al secolo Pierre de Montboissier, nato attorno al 1094 nella regione francese dell’Alvernia, entrò bambino nel monastero di Sauxillanges, ove divenne monaco professo.

Considerato l'ultimo dei grandi abati di Cluny, era succeduto nel 1122 a Pons de Melgueil, abate scismatico deposto da Pp Callisto II (Guido dei Conti di Borgogna, 1119-1124), e combatté le dottrine di Pietro di Bruys con la sua "Epistola adversus petrobrusianos".

Riformò l'Abbazia di Cluny, oppressa da difficoltà finanziarie. La riforma del dominio signorile è per lui infatti necessaria per assicurare un tenore di vita dignitoso ai monaci: tale è lo scopo della "Dispositio rei familiaris". Anche gli inventari indicati nella "Constitutio expense cluniaci" costituiscono una fonte preziosa per gli storici, attestando i redditi, le semenze, le tecniche agricole utilizzate: notevole, in quest'opera, fu la parte essenziale svolta dal vescovo di Wincester, Enrico di Blois.

Pietro il Venerabile ebbe anche un ruolo determinante nella contesa tra Pietro Abelardo e Bernardo di Clairvaux a seguito della scomunica del primo da parte del concilio di Sens, convocato su richiesta di Bernardo per condannare la teologia abelardiana, soprattutto in materia trinitaria, accogliendo Abelardo, che era in viaggio per Roma per fare appello al Pp Inncenzo II (Gregorio Papareschi, 1130-1143), nell'abbazia di Cluny.

In seguito, mediante l'intercessione di Pietro il Venerabile, Bernardo e Abelardo si riconciliarono e anche la scomunica fu sospesa. Pietro inviò così un riconciliato ed anziano Abelardo in una prioria di Cluny, Chalon-sur-Saône, dove egli trascorse gli ultimi anni della sua vita.

Pietro il Venerabile è anche famoso per aver iniziato, in maniera parziale, uno studio un po' più informato circa l'Islam, ai tempi conosciuto in Occidente solo come invasore barbarico, ordinando la traduzione in latino di molte opere arabe (tra cui anche il Corano), ritrovate nella biblioteca dell'Abbazia.

Pietro il Venerabile fu anche l'autore de "Il libro delle Meraviglie" e di un ricco epistolario, in cui spicca per importanza e frequenza la riflessione sull'amicizia.

Morì a Cluny nel giorno di Natale, come egli aveva desiderato. “Amante della pace - scrive il suo biografo Rodolfo - ottenne la pace nella gloria di Dio il giorno della pace” (Vita, I,17:PL 189,28).

Per approfondimenti & la Catechesi di Papa Benedetto XVI

è Pietro il Venerabile



Fonti principali : vatican.va; wikipendia.org (« RIV.»).


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