«Quel tipo di attrice non esiste più». Umberto Orsini ricorda con commozione Rossella Falk, scomparsa ieri a 86 anni, di cui fu amico “costante” per più di cinquant’anni. Un rapporto mai interrotto, segnato da affetto e “attenzione reciproca”, cominciato con l’ingresso nella compagnia dei giovani, nel 1957. «Io ero un attor giovane, lei tra i fondatori della compagnia insieme a Romolo Valli e Giorgio De Lullo».
Ma se gli chiediamo un ricordo personale, un aneddoto, un flash viene sopraffatto dall’emozione e confessa che «tra mille ricordi non sarebbe giusto sceglierne uno».
Resta la «consapevolezza della sua insostituibilità» e una triste riflessione su quella che considera una «perdita generazionale». E subito il pensiero corre ad Anna Proclemer, morta pochi giorni fa. «E’ curioso che nella stessa settimana se ne siano andate due tra le più grandi attrici del nostro teatro. Due grandi della statura di Lilla Brignone, Rina Morelli, Sara Ferrati».
Le dive, quelle legate a un immaginario collettivo che oggi non trova lo stesso riscontro, ma che né la Falk né la Proclemer volevano essere. E anche se si intitolava proprio L’ultima diva la sua biografia, uscita per Mondadori nel 2006, «lei nella vita non era diva per niente».
Lo conferma la testimonianza accorata di Daniela Piperno e Viola Graziosi, due giovani attrici che hanno lavorato con lei in Est ovest, il suo ultimo spettacolo, scritto e diretto da Cristina Comencini nel 2009, in cui la Falk era una vecchia e ricca signora che pagava con una vecchiaia solitaria, consolata soltanto da una badante ucraina, il prezzo di una vita egoista e dissoluta.
«Rossella univa qualcosa di classico e tradizionale – dice la Piperno – con una libertà di pensiero e di modi che la rendevano unica, interessante e molto simpatica. La sua vitalità, la sua ampiezza culturale, la sua curiosità le permettevano di rinnovarsi costantemente e anche in scena, ogni sera, le cose grazie a lei avvenivano, accadevano senza ripetizione».
Di curiosità parla animosamente anche Viola Graziosi, che ammette la fatica di raccogliere i ricordi legati all’emozione di questa scomparsa. «Dimostrava un’attenzione rara per tutti gli attori in scena con lei, ci aiutava, ci sosteneva, si dedicava a noi con grande cura. E amava raccontare ai giovani attori le storie legate alla ‘compagnia dei giovani’. Era disponibile e non stava sola volentieri. Un giorno mi ha guardato i piedi e mi ha chiesto che numero portassi. Quando ha saputo che era il suo stesso numero mi ha regalato un paio di scarpe”.
E a questo punto si affollano tanti ricordi, legati alle tournée e a momenti strappati al lavoro e alla scena. Come quando per il suo compleanno le lasciò un pensierino in camerino e lei, “tra una battuta e l’altra, mi disse ‘grazie’. E l’ho sentito soltanto io. Ancora adesso penso alla grazia e maestria con cui l’ha fatto. Per noi attori è un esempio insostituibile e un invito a raccogliere un testimone di responsabilità. A non abbassare la guardia».