Mi viene da riportare un fatto accuduto anni fa, a dei miei conoscenti.
Contadini, di tanto in tanto davano ospitalità in stalla ad un mendicante che sbarcava il lunario chiedendo oboli all'ingresso dei cimiteri, gironzolando per paesini con la sua 'apina'.
Alla vigilia di natale (sembra una favola), chiese la solita ospitalità, e la padrona di casa, vedendolo pallido ed emaciato, tentò di offrirgli un b icchiere di latte, bicchiere che il mendicante, col solito fare scorbutico, rifiutò.
Al mattino, la stalla presentava uno starno presepio, solo che anzichè una nascita si raffigurava una morte.
Non triste nè tragica. Una conclusione nromale, forse serena, senza pianti nè dolore perchè non c'era niente da piangere, e tantomeno chi volesse farlo.
Formalizzato con le forze dell'ordine il tutto, non risultando parenti, restava da definire la spartizione della prorpietà del defunto: l'apina, appunto.
Mezzo che, non reclamato da nessuno, restava di prorpietà dell'ospitante, in quale francamente non ne voleva sapere di tal catorcio, e comunciò a buttare quanto stipato sul piccolo cassone.
Il primo sacco era pieno di monete da 500 lire, quelle d'argento, e ce n'era uno altrettanto piendo di rotoli da 10.000, quelli da mezzo metro quadro.
Il valore nominale si aggirava ad oltre cento milioni; restava da difenire quello numismatico.
Inutile dire che di parenti dolenti ne sbucarono a dozzine, ed a loro, per legge toccò il malloppo.
Ed ogni tanto ci penso, non per l'originalità del fatto, ma per la stranezza dell'animo umano.
Che porta ad esasperare, talvolta, comportamenti e modi di vivere.