Croazia. Viaggio di un cronista UNA cronista
di Eleonora Giovannini
La Croazia è un paradiso terrestre ancora vergine, non avvelenato dalle azioni umane. Un eden straordinariamente semplice, dove dominano rocce, sassi, alberi, specialmente ulivi e una vegetazione folta, popolata da gabbiani, nobili vespe e tante cicale danzanti, sia sotto il sole che durante la notte.
Sono sull'isola di Drvenik, l'aeroporto di Spalato si trova a soli tre chilometri da Traù Trogir, che dista circa sei miglia dall’isola.Meno di cento abitanti fanno di questo posto una vera e propria oasi di pace ed armonia. Il mare è trasparente, a tratti sabbioso, per la maggior parte sassoso. L’acqua è limpidissima e il fondale si lascia guardare splendidamente, irrorato dal sole.
Il cammino, all’interno di questa terra libera, è più dimensionale che paesaggistico. Un ritorno alle origini già intuibile da Spalato, dove sembra di rivivere una realtà che in Italia era esistente almeno trent’ani fa.
Sineddoche davvero fuori luogo. ‘La Croazia’ è termine un po’ troppo generico, e tra l’altro l’autrice sta parlando di una delle mille isole: la Croazia non è solo quello - un po’ come se uno andasse in ferie in Trentino e dicesse che l’Italia è un Paese prevalentemente montano. ‘Dominano rocce, sassi, alberi’: altrove cosa domina? Il centro commerciale dove va Franchino? ‘Una vegetazione folta, popolata da gabbiani, nobili vespe e tante cicale danzanti’. Mai vista una vespa nobile né una cicala danzante, ma forse sono io che sono un po’ sbadato. ‘Traù’ è il nome italiano dela località, ‘Trogir’ quello croato. Volendo a tutti i costi indicare i due termini tra di essi va interposto un trattino, o al limite una spiegazione per entrambi. Ad ‘almeno trent’anni fa’ era preferibile un ‘fino ancora a trent’anni fa’, per indicare il paesaggio ormai perduto e rimpianto (o almeno questo sembra voler comunicare l’autrice).
I negozi sono piccoli, la cittadina ha si (sì) e no tre centri commerciali piuttosto essenziali. Le buste della spazzatura sono ancora di plastica e capienti. I raccoglitori dell’immondizia tutti uguali, di metallo. Non c’è ancora la raccolta differenziata.
Il traghetto viaggia solo quattro volte al giorno ed impiega circa un’ora per ogni senso di marcia. La vita nell’isola tiene conto della parsimonia, poiché per fare la spesa è necessaria qualche ora e le provviste vengono accumulate in quantità alquanto copiose.
Farraginoso: cosa mi significa ‘la vita nell’isola tiene conto della parsimonia’, come se questa fosse lo spread italo-tedesco? Un ‘la vita è condotta in maniera parsimoniosa – spartana – semplice ecc’ non andava proprio?
Questo implica la necessità di risparmio (lo aveva in pratica già detto, e concettualmente non sta, è una forma di tautologia: 'bisogna risparmiare in quanto bisogna essere parsimoniosi'. Ma che discorso è?) e soprattutto non esiste lo spreco, né di cibo, né di energia elettrica. Le strade non hanno illuminazione, il buio vive, il buio avanza con la sua notte in modo naturale, privo delle aggressioni artificiali che ci hanno fatto dimenticare quanto sia luminoso il cielo. In questo mondo naturale, infatti, la sera è popolata soltanto dal canto dei grilli e dalle stelle, tutte splendenti e nitide sopra di noi.
Il silenzio è reale, niente macchine, nulla che non sia suono naturale. Perfino il volo dei gabbiani è percepibile, il battito delle ali che urta e fa vibrare l’aria. Sembrano ali di vento che dalle macchie dei cespugli si librano tra il sole ed il mare.
Le strade sono tortuose, fatte di terra e ciottoli, ma percorrerle non stanca, perché anche camminare tanto diventa semplice.
In questo splendore, in questa grazia sperduta, ci si rende conto davvero di come l’essere umano sia il vero alieno del proprio habitat. Se è il ‘suo’ habitat come fa a esserne alieno? Qui poteva parlare di scarso rispetto dell’ambiente eccetera, ma non metterla così.
Il ritorno alle origini è qui, è capire come il messaggio scritto nelle pagine del vangelo, che invoca ad una vita che sia come i fiori, come gli uccelli, sia davvero possibile. (‘Invocare ad una vita’ ignoro che lingua sia). Lontani dalla perversione del tempo al quale ci siamo sottoposti, esterni alla follia della fretta, della paura, della stanchezza frutto di un vivere contro natura.
Il vangelo infatti dice che gli uccelli e i fiori sono liberi, che “loro non arano, eppure il Padre nostro celeste li nutre. Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro”.
Non ci sono strade che non conducano a questo, tranne quella del rientro verso la parte del mondo civilizzata.
(Molto poetico-lirico-francescano, il tutto, ma ha idea, l’autrice, del mazzo che si fa quella gente tutto l’anno? Facile fare i turisti di una settimana…)
Unica meta è una via che sale, verso la punta estrema dell’isola, dove una vecchissima chiesetta racconta del Santo che ne porta in (il) nome: chieda (chieda? Ma non ci sono indicazioni?) di San Nicola. Una chiesa incompiuta (XVIII secolo) , molto piccola, con all’interno un dipinto del santo. Povera, sostanziale, come lo è l’intera isola.
Gli abitanti si mostrano poco socievoli, schivi, dallo sguardo diffidente. In un primo istante questo loro atteggiamento risuona in contrapposizione con la natura. Ci si chiede perché, in un contesto pacifico, la gente dovrebbe comportarsi con questa silenziosa acredine. La risposta giunge da sola, attraverso una banale riflessione.
Proviamo a pensare ad una tribù, in una terra non ancora esplorata. L’arrivo dell’uomo comporterebbe un disagio e una forma di sospetto da parte degli abitanti avvezzi alla loro sola presenza. Quindi anche gli abitanti di Drvenik usano la diffidenza come innata protezione da altri mondi, così come fanno gli animali selvaggi.
Si preservano dalla contaminazione da parte di coloro che hanno già distrutto una parte considerevole del pianeta. Come non comprenderli?
Ehm… I Croati, compresi gli isolani, non sono i Guaranì amazzonici del diciassettesimo secolo. Hanno televisore, cellulari e quant’altro. Non sarà che, come scrivo io nel mio brano, vogliono evitare eccessivi contatti con gli Italiani, visto il loro abituale comportamento all’estero? Provate ad andare là e a mostrare VERO interesse per la loro lingua, i loro usi eccetera: vi troverete davanti una bottiglia di grappa e una di vino, e SALUTE! E i giovani, com’è facile intuire, non vedono l’ora di filarsela.
Qui Dio esiste, è respirabile in ogni spazio e mette una semplicità nel cuore indescrivibile.
Occorre fare silenzio per riuscire a regredire almeno in maniera intuitiva. Già, perché la regressione è la vera crescita dell’essere umano, lontano dalla malattia e dalla morte. (opinioni…)