…E allora scrivi, scrivi. Scrivi finché non ti lacrimano gli occhi.
Ti annoi? Scrivi. Ti senti solo? Scrivi.
Il compagno di stanza sta dormendo; come farà a dormire così tanto? Beato lui… Ma in fondo meglio così, altrimenti, nonostante mi veda al computer, comincia a parlarmi di cose delle quali non mi interessa nulla. Poveretto, vuole dialogare: infatti l’orso sono io. Troppi anni a vivere da solo, sarà quello.
La sera ha sua moglie che lo viene a trovare. Né bella né brutta, si concede il solo lusso di portare ancora una lunga chioma castana che impercettibilmente incanutisce. Cos’è quell’essere? Ah, ecco: dal suo sguardo, dalla maniera di rapportarsi con il mio (suo, per essere esatti) compagno, risulta chiaro: è una moglie.
Nel web si cominciano a leggere i primi resoconti delle vacanze, solita roba peraltro. Io, no. Io da secoli non provo la pressante esigenza di partire in quanto abito in luoghi che sono anche di villeggiatura: così era quando vivevo nei pressi di Roma, altrettanto dicasi per i miei quattro anni trascorsi dalle parti delle Cinque Terre, lo stesso valga dal gennaio dell’anno 2008, quando mi sono trasferito qui sul Garda. Vivere in un luogo di villeggiatura, certo, abitua al luogo stesso. Ma la cosa non ha nessuna importanza, dato che questi posti si rivestono di differenti significati e valenze a seconda del periodo. D’inverno, soprattutto durante quelli che chiamo i ‘mesi bui’, novembre e dicembre, si sta un po’ come in letargo, tranne qualche bella domenica mattina con il sole, e allora scendi al chioschetto del porto di Moniga dove va la gente per l’aperitivo, e magari incontri uno che conosci e ciao; in primavera è primavera, quindi c’è poco da dire: la speranza, di cosa poi non si sa, ti gonfia il petto – se hai allergie anche qualcos’altro. L’estate è estate. E’ velocemente immobile, chiassosamente silenziosa, beatamente dannatrice. E sullo sfondo, in ogni caso, tra le pause della cicala, c’è sempre quel rimpianto per il fatto che avresti dovuto, tuttora dovresti e potresti, fare chissacché – cosa, poi? Ah, sì, andare in ferie. Ma io in ferie sono già: la mia abitazione d’estate si chiama Casa al Lago, così come quando abitavo sulla Via Aurelia, sia in quel di Roma che in Liguria, casa mia veniva a chiamarsi Casa al Mare.
Il vicino s’è svegliato; è arrivato il giovane figlio con un suo amico. Mio figlio, il piccolo, io l’ho visto l’altro ieri; se non c’è lui mi annoio, confesso, anche se a volte me lo metterei sotto i piedi: normali rapporti, dicono, tra genitore e figlio. Del resto non è questo l’ambiente ideale per un ranocchio di nemmeno nove anni, qui sono malattie infettive, ragazzi.
…Già, perché dimenticavo di dirvi come e dove ho trascorso il mitico oneroso Ferragosto, oneroso perché si dovrebbero fare cento e più cose e alla fine ne fai una se non mezza: dal dodici del mese sono ricoverato all’ospedale di Desenzano del Garda, una brutta polmonite diagnosticata con ritardo e che ha quindi avuto modo di invadermi quasi tutto il polmone sinistro; per il resto, vista lago (splendida), quattro menù a scelta ogni giorno, igiene e pulizia (ci mancherebbe!): insomma, come hotel, niente male – quanto costerà un soggiorno qui in piena stagione, cioè, non proprio qui all’ospedale, insomma ci siamo capiti? E tanto, detto fra noi, questo fine settimana il pargolo non sarebbe toccato a me, fossi anche stato ‘a piede libero’ cosa mai avrei fatto se non annoiarmi?
Fuori fa caldo, fa molto caldo. Qui abbiamo fatto spegnere il condizionatore, basta il fresco che giunge dal corridoio, siamo malati, dobbiamo rimetterci. Mangio troppo, qui davvero sembra un ristorante; ma da un paio di giorni lascio le porzioni a metà e mando indietro il pane.
Però la noia non è l’ospedale; la noia non è questo caldo né la caligine che offusca lievemente la sponda veneta, non è la penisola di Sirmione che si protende nel lago come… come una penisola; noia non è nemmeno l’apparente immobilità dei natanti, a vela o a motore, che percorrono lo specchio d’acqua e che lo fanno somigliare a quei dipinti ad uso sagra di paese da dieci euro il quintale. La noia è dentro…