Sei generoso o sei egoista?
Secondo uno studio pubblicato su Nature neuroscience, l'umanità si può dividere in queste due categorie e la generosità dipende dal modo di funzionare del nostro cervello. I ricercatori della Tamagawa University di Tokyo e dell'University College di Londra hanno infatti invitato 39 persone a dividere somme di denaro tra sé e gli altri, mentre il loro cervello veniva monitorato da una risonanza magnetica. E hanno scoperto che a regolare la tendenza all'altruismo è l'amigdala, la zona cerebrale che governa i nostri comportamenti istintivi. Nei soggetti "generosi" si attiva di più.
Altruisti si diventa
Resta da capire se generosi si nasce o si diventa. Secondo i ricercatori della Hebrew University di Gerusalemme, con questa caratteristica si nasce. Il gene della generosità si chiama AVPR1a e ce l'hanno i ragazzi pronti a battersi per la pace, la giustizia e l'ambiente. Altri ricercatori invece, e sono la maggior parte, ritengono che generosi si diventi: «Il cervello è una macchina che sa organizzarsi e mutare. Ad esempio, se impariamo a suonare uno strumento, esso crea nuove connessioni neuronali e cambia forma», spiega Emanuele Coco, storico e filosofo della biologia. Conferma Alessandro Bertirotti, docente di Antropologia della mente all'Università degli studi di Firenze:
«Una persona generosa, ma educata a diffidare degli altri, non farà l'elemosina a sconosciuti. L'educazione è fondamentale: tra zero e tre anni si sviluppano il 50% dei collegamenti neuronali e le nostre attitudini, tra le quali la generosità».
Ma perché diventiamo generosi?
La generosità è molto utile: in tutte le società infatti esiste il gesto del dono perché crea coesione sociale.
«La forma più diffusa è la generosità reciproca: per esempio, ora ti aiuto, ma quando avrò bisogno io, mi aiuterai tu», sostiene Bertirotti. «Esiste dall'antichità. Ad esempio, i primitivi si aiutavano tra loro per cacciare: c'era chi offriva la sua lancia, chi distraeva la preda. La generosità permette quindi di cooperare e, anche se non ci sono vantaggi per il soggetto altruista, fa prosperare il gruppo», conclude Coco.
È la ricetta della felicità
Ha poi un'utilità personale. C'è chi dice che essere generosi sia la ricetta della felicità e salute: «Mette di buon umore, dona benessere e attiva il sistema immunitario, facendoci ammalare meno», afferma Bertirotti. Quando regaliamo qualcosa, infatti, si liberano nel corpo grandi dosi di ossitocina, l'ormone del piacere, e si avviano una serie di meccanismi biochimici che raggiungono i massimi livelli durante l'attività sessuale: «Per questo si può dire che donare è quasi come fare l'amore».
Ma allora perché spesso siamo egoisti?
«Donare significa rinuncia e privarsi di qualcosa. E per natura l'uomo è portato ad accumulare ricchezze per prevenire carestie», dice Coco.
«L'egoismo fa parte della nostra storia naturale e mira a preservare la nostra vita e quella dei familiari: per esempio, siamo più generosi con i figli perché porteranno avanti i nostri geni».
Non basta: siamo egoisti anche per evitare traumi psicologici: «Quando si dona e non arrivano segni di approvazione o ricompensa, l'essere stati generosi libera ansia, tristezza, delusine». Bertirotti, invece, è di diverso parere. Secondo lui, siamo egoisti perché non abbiamo davvero imparato cos' è la generosità: «Perciò ci sorprendono personalità come Gandhi o Madre Teresa. Siamo ancora troppo attaccati agli oggetti e al denaro e pensiamo che donarli significhi perdere potere». Per questo la forma di generosità oggi più rara è quella disinteressata: «Esiste e va contro la nostra natura biologica (che mira alla riproduzione), ma è dettata dalla nostra evoluzione psicologica: ci differenzia dagli animali, ci gratifica, auto realizza ed eleva spiritualmente», dice Emanuele Coco.
Allenati a donare
Ma allora come si diventa più generosi? «Rendendoci conto che non tutti i meriti sono nostri e che molto dobbiamo a chi ci è attorno. Ed evitando accumuli. Se ho vestiti in più, posso darli alla Caritas. Se avanza una fetta di torta posso portarla alla vicina ... », continua Bertirotti. «Dovremmo sviluppare più empatia verso chi ha bisogno, chiedendoci sempre: se fossi io al suo posto? È utile poi frequentare un gruppo: «Che sia la squadra di calcio o una banda, quando mi sento accettato abbatto le mie paure e sono più disposto a donarmi», conclude Coco.
Cosa ne pensate?
Ciao
Grazia
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