Cesare Pascarella
Ragazzino, l'avevano messo a studiare in seminario, a Frascati: scappò via. A leggere la sua produzione poetica non pare che quella prima esperienza lo abbia conciliato con gli ambienti religiosi.Studiò poi all'Istituto di Belle arti, ma era molto più attratto dalla vita artistico-mondana della città che dagli studi accademici.La nuova capitale ribolliva di novità, di idee, di progetti, di smanie: il ventenne Pascarella vi si tuffò e cominciò a frequentarne gli artisti mondani e innovatori, partecipando alle attività dei "XXV della campagna romana" (dove era noto per i suoi asinelli), frequentando il Caffè Greco, stringendo rapporti con gli artisti più simili a lui per irrequietezza e bisogno di nuovo, collaborando con la Cronaca bizantina e successivamente con il Fanfulla della domenica, che pubblicano le sue prime cose.La nota caratteristica della sua personalità è l'irrequietezza: dopo il viaggio in Sardegna del 1882 con D'Annunzio e Scarfoglio alla scoperta di un mondo considerato misterioso ed arcaico, continua a viaggiare moltissimo (India, Giappone, Stati Uniti, Cina, etc), annotando nei suoi Taccuini disegni e osservazioni acute e caustiche. Tuttavia l'uomo è profondamente legato alla sua città, scenario privilegiato di molte sue opere.Pubblica, nel frattempo, "Villa Gloria" (1886), 25 sonetti sul tentativo dei Fratelli Cairoli di liberare Roma e conclusosi tragicamente con lo scontro di villa Glori. I sonetti furono celebrati dal Carducci, mentre il lavoro più noto, "La scoperta de l'America" (di cui dà letture pubbliche sempre più richieste) è del 1894, ma non mancano elzeviri, resoconti e collaborazioni. I Sonetti, del 1904, raccolgono le sue opere sparse dal 1881.è anche un grande camminatore (e i resoconti di queste esperienze finiscono ugualmente nei taccuini e nella sue collaborazioni giornalistiche) e poi recita in teatro.Già prima della grande guerra, attorno al 1911, l'insorgente sordità, una sua nativa inclinazione alla solitudine e probabilmente la crescente consapevolezza di essere ormai uomo di un'altra epoca, definitivamente tramontata, portano Pascarella a sottrarsi del tutto alla mondanità letteraria romana, nonostante le sollecitazioni di amici e ammiratori. Lavora a Storia nostra, poema che non accetterà mai di pubblicare neppure per saggi e resterà incompiuto, e di cui usciranno postumi, nel 1941, 267 sonetti dei 350 previsti. Continua le sue lunghe passeggiate per la campagna romana. Studia l'inglese per poter leggere in originale Stevenson e Conrad. Si appassiona al volo. Non perde i contatti con gli amici, anche se gli scambi consistono ormai in foglietti sui quali il suo interlocutore scrive domande o osservazioni: il poeta risponde con ampiezza, se la domanda gli piace - o ripiega il foglietto stretto stretto e passa ad altro.Nel 1930 è nominato accademico d'Italia, e nonostante la sordità e la misantropia crescente, partecipa con costanza alle riunioni alla Farnesina.Muore a Roma l'8 maggio 1940, in solitudine. Il suo scanno all'Accademia d'Italia viene attribuito ad Ada Negri, prima donna ad entrarvi. Le sue carte, la biblioteca (stampati antichi e moderni), quadri e disegni furono acquistati nel 1941 dall'Accademia dei Lincei. Il fondo è parzialmente ordinato.