Daniele Manin
Manin proveniva da una famiglia israelitica e alla nascita viene registrato come Daniele Fonseca. In seguito la famiglia si convertì al cattolicesimo e, come era prassi in casi del genere, assunse il cognome del padrino di battesimo che era il fratello di Ludovico Manin, ultimo doge. Per una coincidenza, dunque, il cognome patrizio associato alla caduta di Venezia verrà a richiamare la ritrovata libertà.Ottenuta la laurea in giurisprudenza a Padova nel 1821, si dedicò all'attività forense nella città natia.Nel 1824 sposa Teresa Perissinotti (1795-1849), appartenente ad una famiglia aristocratica veneziana con ampie proprietà terriere a Venezia terra ferma e nel trevisano.Imprigionato nelle carceri austriache per la sua attività patriottica, fu liberato a furor di popolo il 17 marzo 1848 assieme all'altro patriota Nicolò Tommaseo. Alla successiva proclamazione della Repubblica di San Marco ne fu eletto Presidente, e durante l'assedio della città nel 1848-49 diede prova di intelligenza, coraggio e fermezza. Costretto all'esilio dal ritorno degli austriaci, visse poi a Parigi dando lezioni di lingua italiana e conservando l'amore per la patria. Contribuì a fondare la Società nazionale italiana. Morirà il 22 settembre 1857 a Parigi.La salma rientrò a Venezia il 22 marzo 1868, circa due anni dopo la liberazione della città al termine della Terza guerra di indipendenza, ove venne salutata con una festa funebre in Piazza S. Marco.Il figlio Giorgio (1831-1884) sarà anch'egli patriota: uno dei "Mille" di Garibaldi, ferito a Calatafimi.Scrive Henry Laurens: "Gli ebrei italiani parteciparono attivamente al movimento nazionale incarnato dai carbonari, la Giovine Italia di Mazzini. La causa dell’emancipazione è fu così strettamente legata a quella dell’unità italiana"