Eurosia nacque a Quinto Vicentino il 27 settembre 1866; in casa tutti la chiamavano Rosina.Nel 1870 la famiglia si trasferì nel vicino paese di Marola. Qui Rosina trascorrerà tutta la sua vita. Nel paese esisteva una scuola, un vero lusso a quei tempi. Rosina riuscì a frequentare le prime due classi. Una grande fortuna, se si pensa che allora, in Italia l’analfabetismo femminile toccava il 75,7%. Fin da piccola, era davvero attratta dalla lettura. I fratelli dicevano che passava diverse ore a leggere, soprattutto la Storia Sacra.La casa della famiglia Barban, vicino a quella dei Fabris, fu colpita da un grave lutto: morì Stella Pierina Fattori, moglie di Carlo Barban, lasciando due figlie piccole al marito Carlo. Si chiese aiuto a Rosina per le faccende domestiche e la cura delle bambine. Per tre mesi lavorò in casa Barban, senza chiedere alcun compenso. A un dato momento, Carlo si fece avanti con una proposta di matrimonio. Rosina chiese tempo per pregare e conoscere la volontà di Dio, ma infine, divenne moglie di Carlo in quanto considerava tale gesto volontà divina, considerando il bisogno e l’esigenza delle due bambine. Rosa era disposta a ricevere anche figli propri, conosceva bene i principi che affermavano : “I figli sono il dono per eccellenza del matrimonio e contribuiscono grandemente al bene dei genitori”. I primi due figli di mamma Rosa morirono in tenera età, ma trovato conforto nel Signore, infine ne ebbe altri sette, tre dei quali si consacrarono a Dio come sacerdoti. Nel periodo della prima guerra mondiale, ne adottò altri tre, mentre il loro padre era in guerra e la loro mamma, nipote di Rosa, morì poco prima. L’apostolato di Rosa Fabris fu spicciolo: la sua testimonianza di vita cristiana ben vissuta. Fin da bambina, Rosina amava la preghiera; erano momenti di riflessione, di dialogo con il Signore che, a sua volta, le rispondeva e le faceva vedere certi aspetti concernenti la sua vita. La sua preghiera era alimentata dalla lettura della Storia Sacra, i fatti biblici erano la sua passione; studiava il Vangelo, leggeva anche libri di pietà propri del suo tempo: le Massime Eterne, la Filotea ma soprattutto il Catechismo. Difendeva i valori Cristiani che proponeva continuamente ai suoi figli e a tutte le persone che avvicinava.La vita di mamma Rosa si svolse tutta tra le mura domestiche nell’esercizio delle virtù cristiane, vissute con impegno, come risposta all’amore di Dio. Visse la povertà come un dono. Eurosia riassumeva tutto nel servizio. Le testimonianze concordano nell’asserire che dormiva poco, mortificava il suo corpo per renderlo disponibile all’esercizio dell’amore di Dio. La prima preoccupazione di Rosa era la conversione dei peccatori; pregava e faceva pregare per loro. I poveri sapevano che a mezzogiorno avrebbero potuto usufruire di una scodella di minestra che Rosa preparava per loro. Qualsiasi occasione si presentasse per fare del bene, mamma Rosa non se la lasciava sfuggire. Ebbe una particolare cura per gli orfani. Scoppiata la guerra, non pochi uomini sposati e con figli furono chiamati alle armi. Nel circondario di Marola e Valproto non mancarono le vedove con numerosi figli, quasi abbandonate a se stesse. Mamma Rosa aiutava quando poteva, anche con sacrifici personali. Il 31 maggio 1930 moriva il marito Carlo, dopo 45 anni di matrimonio. Da quel momento, Rosa si raccolse ancora di più nella preghiera. Confidò al figlio don Giuseppe che il Signore le aveva rivelato il giorno della morte, mancavano 19 mesi. Si preparò sempre più alla morte, intensificando la preghiera, il suo pensiero era sempre rivolto al paradiso. Nell’autunno del 1931 si manifestarono i primi dolori reumatici che invadevano le giunture delle mani e dei piedi; la predizione della sua morte si stava avverando. Il male progrediva estendendosi alle spalle e alle ginocchia fino a costringerla a letto. Non si lamentò dei dolori, anche se era palese che soffriva. I primi di gennaio del 1932 si manifestò una polmonite, il respiro si era fatto progressivamente affannoso, accompagnato da colpi di tosse sempre più frequenti. Spirò l’8 gennaio 1932; aveva conservato fino all’ultimo respiro l’uso dei sensi, sapeva di morire e moriva per amore. Semplice la tomba nel cimitero di Marola, sulla quale frequentemente vengono deposti mazzi di fiori portati da molte persone come segno di riconoscenza. Subito incominciarono a manifestarsi le grazie ottenute da quelli che invocavano la sua intercessione come pure qualche miracolo.
Il 22 giugno 2004, nella sala Clementina dei palazzi vaticani, alla presenza di S.S. Papa Giovanni Paolo II, riceveva il riconoscimento ufficiale, un miracolo ottenuto per sua intercessione.
Memoria liturgica l'8 gennaio.