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A.R.T.E.: Il ritratto nel Rinascimento
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De: primula46  (Mensaje original) Enviado: 10/03/2011 19:47

Il ritratto nel Rinascimento

La grande rivoluzione rinascimentale in relazione al tema del ritratto riguarda da una parte la diffusione di quello che ormai si avvia a essere un vero e proprio genere pittorico e, dall'altra, il recupero pieno della capacità imitativa, laddove la ricerca della verità fisionomica diviene, ormai, anche capacità d'introspezione psicologica. Sarà, infatti, proprio con il Quattrocento che il ritratto comincerà ad assumere particolare dignità artistica e, grazie alla sempre più radicata presenza della nascente classe borghese e di quella mercantile nella società di allora, il genere vedrà allargare enormemente la schiera dei committenti.



Ritratto di Giuliano de' Medici di Sandro Botticelli, Accademia Carrara, Bergamo,
il maestro fiorentino rispetta i canoni della ritrattistica del Quattrocento,
con il soggetto dipinto di profilo e a mezzo busto.


Non saranno più soltanto i sovrani a essere immortalati nel ritratto, ma potranno godere di questa opportunità aristocratici, mercanti, gran dame e prelati come quelli ripresi da Petrus Christus, Petrus Campin o Hans Memling, che naturalmente concentrano, il più delle volte, l'attenzione sul volto. Il taglio, in genere a mezzo busto, è poco al di sotto delle mani piegate sul petto, magari sottolineate dalla presenza di una sorta di travetta sulla quale è mimata l'incisione della firma dell'artista, oppure, il nome del personaggio e altre scritte come nel caso del Timotheus di van Eyck. Antonello da Messina si divertirà con l'inganno ottico del foglietto, che pare appena dispiegato e inchiodato, con la firma, la data, o altre indicazioni.



Opera del fiammingo Petrus Cristus,
specializzato nei ritratti di personaggi appartenenti all'aristocrazia locale,
Il suo Ritratto di giovane donna, Gemaldegalerie, Berlino, risale alla metà del XV secolo.



Di fronte o di profilo

I ritratti interi, ancora nel Quattrocento, sono rari e quando compaiono, mostrano la persona ritratta in una sorta di situation comedy, come nel caso del cancelliere Rolin che prega dinanzi alla Vergine con il Bambino, oppure, per rimanere ancora a van Eyck, ai coniugi Arnolfini che si mettono quasi in posa nella stanza, pronti a farsi ritrarre dal grande artista. Tuttavia, è indubbio che l'impostazione più diffusa per il ritratto fosse l'altra, tagliata a mezzo busto, come nel caso del Ritratto di Giuliano de' Medici di Botticelli, conservato a Bergamo. Ai sovrani, ai principi e ai signori, soprattutto in Italia, sarà riservata un'impostazione diversa che aveva come fine quello di sottolineare il legame con la tradizione della classicità romana. L'espediente era semplice: si trattava d'impostare il ritratto di profilo e trattarlo come se si volesse dipingere una medaglia che avrebbe rimandato all'idea della moneta romana. Anzi, qualche volta, la medaglia si realizzava veramente, come nel caso di Pisanello che, con il ritratto di Lionello d'Este, coniò l'oggetto vero e proprio, oltre a dipingerne la tavola conservata a Bergamo presso Accademia Carrara.



Antonio del Pollaiolo, Ritratto femminile, Museo Poldi Pezzoli, Milano.
L’opera risale all'incirca al 1465 e fa parte di una serie di ritratti eseguiti dall'artista toscano.


Tuttavia, quella che abbiamo appena enunciato, non può certo considerarsi una regola fissa, come dimostra, per esempio, il Ritratto di giovane dama di Antonio del Pollaiolo (Poldi Pezzoli , Milano), ma è certo che il ritratto di profilo veniva considerato quello ufficiale e aveva un significato aulico, come chiariscono una serie d'illustri esempi che vanno dal Ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta Louvre, Parigi) a quelli di Federico di Montefeltro e della consorte Battista Sforza (Uffizi, Firenze), di Piero della Francesca. Del resto, anche nel celebre ritratto di gruppo che riprende la scena in cui Sisto IV nomina Bartolomeo Platina prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, Melozzo da Forlì ha cura di porre di profilo le teste del pontefice e del nuovo prefetto, oltre che di qualche altro dignitario di corte per sottolineare la loro importante posizione.



Jean Fouquet, Dittico di Melun, part., Étienne Chevalier e Santo Stefano, Gemaldegalerie, Berlino.
L’opera del pittore francese è databile intorno al 1450.


La ritrattistica ufficiale francese contemporanea, invece, non ama simili schemi, come dimostra il ritratto di Carlo VII re di Francia, dipinto da Jean Fouquet.

Una posa naturale

In realtà, lo sforzo del Rinascimento è sempre più quello di rendere movimentato e vivo il ritratto, fino al punto di riprodurre veri e propri momenti di vita vissuta, come quello inventato da Mantegna nella celeberrima Camera degli Sposi, dove la corte dei Gonzaga a Mantova si lascia cogliere nella familiarità quotidiana, che però non dimentica il piacere e l'obbligo dell'etichetta. È questo, infatti, uno dei primi ritratti di gruppo nel quale si tenti (riuscendoci) di evitare l'affettazione della posa che finisce per irrigidire e rendere innaturale l'insieme. Anche l'introduzione del paesaggio come sfondo ai ritratti, se da una parte serviva a rendere immediatamente gigantesca la figura, sia pure a mezzo busto, per l'immediato confronto dimensionale fra l'albero o la montagna in lontananza e l'uomo in primo piano, dall'altra tendeva a sottolineare la naturalezza della situazione, come dimostra il Ritratto di Francesco delle Opere che Perugino vuoi fare apparire appoggiato al davanzale di una finestra. Si tratta della finestra prospettica, base per la resa del nuovo spazio rinascimentale, dove è collocata la nuova figura che, nel caso del ritratto, non solo deve soddisfare i medesimi parametri spazi ali e volumetrici, ma anche quelli di mimesi fisionomica, così accurati da risultare d'indagine psicologica.



Perugino, Ritratto di Francesco delle Opere, Uffizi, Firenze.
Il quadro venne ultimato nel 1494.


Così, perfino un'opera talmente celebre da essere usurata come La Gioconda di Leonardo, risponde proprio a questi requisiti, sia pure modificati dal genio leonerdesco. Forse ritratto della moglie di «messer Giocondo», come ricorda Vasari, o effigie idealizzata della madre Caterina, secondo una recente ipotesi, il capolavoro di Leonardo mostra proprio una figura che dà le spalle a una finestra della quale si possono ancora scorgere i resti delle colonnine laterali. Ora è proprio il rapporto fra il mezzo busto e la finestra prospettica che interessa i pittori del Rinascimento, i quali cominciano a disporre la figura su un piano non più parallelo a quello dello spazio retrostante. Lo fa Leonardo in altre opere come la cosiddetta Belle Ferronière o nella Dama con l'ermellino, il ritratto ritenuto di Cecilia Gallerani



Particolare della Dama con ermellino, Leonardo da Vinci, Czartorisky Muzeum, Cracovia.
Nel dipinto (eseguito tra il 1488 e il 1490), la protagonista, probabilmente Cecilia Gallerani, sembra rivolgersi a qualcuno "fuori" dal quadro, espediente che movimenta tutta l'impostazione compositiva.


ma lo fa anche Raffaello nei ritratti dei coniugi Doni
(i committenti del celebre Tondo di Michelangelo) o in quello di Tommaso Inghirami.



Stessa cosa, anche se appena accennata, per i ritratti dei coniugi Doni, palazzo Pitti, Firenze;
realizzati nel 1506 da Raffaello


Un semplice spostamento del busto, infatti, significa movimentare tutta l'impostazione compositiva. Nel caso del ritratto d'lnghirami, poi, interviene anche la geniale trovata di minimizzare l'imbarazzante strabismo del dottissimo cardinale, facendogli assumere una posa consona, come se guardando verso l'alto stesse aspettando l'ispirazione per i suoi scritti, il che giustifica anche la leggera rotazione del busto.

La rotazione del busto

Del resto, l'espediente della rotazione della figura rispetto al piano del quadro (e della finestra prospettica) diviene il cavallo di battaglia della ritrattistica rinascimentale a mezzo busto che arriva fino al celebre Ritratto di gentiluomo di Tiziano, il cosiddetto "Ariosto" posto decisamente di lato, con la grande manica azzurro tenue, che sporge appena dalla travetta di quattrocentesca memoria, sicché in poco più di ottant'anni, la figura si è girata di quasi novanta gradi. È il segno di una creatività incontenibile che svilupperà altre formule per il ritratto le cui radici affondano nel secolo precedente, come dimostra la magistrale variazione cinquecentesca sulla figura intera.



Tiziano Vecellio. Paolo III e i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese, Galleria di Capodimonte, Napoli.
Quest'opera, datata 1546, trasmette una drammaticità
che certo non ha nulla della ritrattistica celebrativa dei secoli precedenti.



Si pensi, per esempio, a quel capolavoro che è il Ritratto di Carlo V di Tlziano che lo mostra con il suo cane preferito, oppure a Gli ambasciatori francesi alla corte d'Inghilterra, dipinto da Hans Holbein per celebrare l'episodio e all'inserzione anamorfica del cranio che si pone come simbolo di "memento mori". La presenza degli oggetti che accompagnano i due diplomatici, poi, aprono al tema del ritratto cosiddetto "parlante", ovverosia quello corredato di oggetti che descrivano mestiere o attitudini del personaggio, come per esempio il Sarto di Giovan Battista Moroni, che si fa ritrarre con gli attrezzi del mestiere, oppure la Dama con il Petrarchino (Laura Battiferri) di Bronzino, che dichiara senza mezzi termini le proprie preferenze letterarie.



Ritratto di gentiluomo, National Gallery, Londra.
Il quadro risale al 1510 circa e la tradizione vuole che raffiguri lo scrittore Ludovico Ariosto.




Sulla stessa linea è il ritratto dello scultore Alessandro Vittoria,
che Veronese presenta circondato dai suoi capolavori in marmo, fiero
di mostrare la propria capacità artistica.




Ritratto dei coniugi Arnolfini 1434,Van Eyck, National Gallery, Londra

È uno dei rari ritratti a figura intera del XV secolo:
all'epoca si preferiva concentrare l'attenzione sul volto
e tagliare la figura all'altezza delle spalle.
L'autore indugia sia sugli aspetti fisionomici sia sui particolari
della ricca casa della famiglia italiana.


L'OPERA è firmata e datata: l'artista, infatti, ha apposto sul muro, sopra allo specchio, una scritta singolare ("Johannes de Eyck fuit hic"), attestante il fatto che lui è stato nella dimora dei coniugi Arnolfini. Quindi, il riflesso assume un valore particolare: la figura in veste azzurra che entra dalla porta è, verosimilmente, il pittore in persona.




GIOVANNI ARNOLFINI, originario di Lucca, fa parte della categoria di quei mercanti toscani che contribuirono a tessere i legami economici e culturali fra le Fiandre e l'Italia che caratterizzarono buona parte del Quattrocento. Stabilitosi a Bruges nel 1420, vi rimase tutta la vita, perfettamente inserito nella società locale,
tanto che Filippo il Buono lo nominò cavaliere.

GIOVANNA CENAMI, moglie dell'Arnolfini, viene ritratta da van Eyck in dolce attesa e, a riprova della sua fedeltà coniugale, c'è la presenza in basso di un cagnolino, che assume questo valore simbolico.




Piero della Francesca - Ritratto di Battista Sforza , post 1472, Uffizi – Firenze
In questo celebre dittico è ritratta Battista, la consorte di Federico di Montefeltro e madre del piccolo Guidobaldo.

LA POSA di profilo, che richiama le monete del mondo classico, e la sofisticata acconciatura, indicano chiaramente che si tratta di un ritratto ufficiale.


In questo senso va anche la presenza della scritta sul retro, posta al di sotto dell'allegoria del trionfo della duchessa.

LA CRITICA ritiene che la datazione del dittico sia da diversificare, in quanto il ritratto dedicato a Federico di Montefeltro dovrebbe celebrare la sua nomina a capo della Lega Italiana (1466), mentre quello della moglie Battista sarebbe stato eseguito da Piero della Francesca all'indomani della scomparsa della duchessa, avvenuta il 6 luglio 1472, dopo aver dato alla luce il piccolo Guidobaldo.
l'ESPEDIENTE di stagliare sullo sfondo un paesaggio che degrada verso l'orizzonte conferisce alla figura maestosità ed evidenza. In questo caso, subentra anche un giudizio morale sul personaggio, il quale, così, risulta "giganteggiare" per le sue doti e per le sue qualità. Alcuni studiosi hanno creduto di poter riconoscere nella vallata quella della città di Cortona con il suo sistema di fortificazioni.



Andrea Mantegna - La camera degli sposi, particolare 1465-1474 – Palazzo Ducale, Mantova

LUDOVICO III è accanto a Marsilio Andreasi, il segretario di fiducia, che deve appena avergli consegnato la lettera che ha in mano. Dovrebbe trattarsi del "breve" pontificio
con cui il figlio Francesco viene beneficato della porpora cardinalizia.



Il particolare della decorazione della stanza che i documenti ricordano come Camera picta fa parte di un percorso iconografico di celebrazione dei Gonzaga.
L'ambiente occupa il piano nobile della torre settentrionale del castello di San Giorgio.


L'AFFRESCO costituisce uno dei primi esempi di ritratto di gruppo. Solo alcuni dei personaggi sono stati identificati, per altri, invece, si suppongono diverse soluzioni. Secondo alcuni studiosi, la bimba con la mela in mano sarebbe Paola, l'ultimogenita di Ludovico. Secondo altri, Paola sarebbe la nana accanto alla marchesa:
i Gonzaga soffrivano di malformazioni scheletriche.

SEDUTA accanto al marchese, circondata dall'affetto dei familiari e dal rispetto dei notabili, c'è Barbara di Hohenzollern, moglie del marchese e figlia di una delle più importanti e nobili famiglie tedesche. Era la dinastia degli elettori del Brandenburgo che, dal XVIII secolo,
sarebbe divenuta regnante prima e imperiale poi con Guglielmo I di Germania.



LA DONNA che si intravede sullo sfondo non è stata identificata con certezza. Gli studiosi pensano a una nutrice o una fantesca, ma anche a una suora. Altri hanno avanzato l'ipotesi che si tratti di una nana per la somiglianza con Quella. in primo piano. La marchesa Barbara di Hohenzollern, tra l'altro, aveva una vera passione per i nani.



LA DIFFICOLTÀ nell'identificazione sta nella sostanziale impossibilità di trovare riscontri certi nei documenti e nei ritratti coevi che suffraghino la rassomiglianza fisionomica. Per questa bella ragazza si sono fatti molti nomi. Si è pensato alla penultima figlia del marchese, Barbara, ma anche a una figlia naturale di Ludovico.

Fonte: I grandi temi della pittura
Ricerche e impaginazione di Grazia

 


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Respuesta  Mensaje 2 de 2 en el tema 
De: Tony Kospan Enviado: 10/03/2011 20:50
Molto interessante...
 
 
Grazie...
 
Ciaoooooooooo


 
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